Conosci tutte le tipologie di welfare aziendali attivabili? Scopri qual è la soluzione welfare più adatta a te!
Dopo aver definito nelle puntate precedenti della nostra serie «L’ABC del Welfare» cosa sia il welfare aziendale, quali siano i suoi vantaggi da un punto di vista fiscale e non, chi siano i vari beneficiari, ecc.., parleremo in questa News dei vari tipi di welfare aziendale attivabili, o meglio delle diverse tipologie di “fonti” che danno origine al welfare. Sei curioso di scoprirli tutti? Continua a leggere.
LA NORMATIVA E I TIPI DI WELFARE
In Italia la normativa ha introdotto alcuni primi elementi di welfare aziendale già da decenni, come successo ad esempio con il TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi) nel lontano 1986. Ma nella realtà, fino al 2016 solo poche grandi aziende avevano attivato veri e propri piani di welfare aziendale: questo per vari motivi, in particolare il fatto che le normative vigenti prevedevano delle modalità di attivazione del welfare più consone alle grandi aziende piuttosto che alle PMI.
È con la Legge di Stabilità del 2016 che il quadro normativo inizia a registrare un significativo ampliamento che costituirà la base fondante della diffusione del welfare aziendale come lo intendiamo oggi, da lì agli anni a venire. Tale cambiamento è dovuto principalmente all’introduzione di nuove tipologie di “fonti” di welfare aziendale attivabili: emerge nel settore un nuovo importante protagonista, il “regolamento aziendale”, definito unilateralmente dal datore di lavoro in favore dei propri collaboratori (eventualmente suddivisi in categorie omogenee), che diventa lo strumento grazie al quale anche le PMI possono attivare il welfare aziendale più facilmente. Inizia di fatto a prendere vita la realizzazione di soluzioni che consentono di coniugare risparmio fiscale, un maggiore potere d’acquisto per i lavoratori e benessere per il territorio tramite il welfare aziendale attivabile da aziende di qualsiasi dimensione.
QUALI SONO I TIPI DI WELFARE ATTIVABILI?
Vediamo insieme nello specifico tutte le varie tipologie:
1. IL WELFARE CONTRATTUALE
Prende origine da un accordo nazionale o territoriale sottoscritto da organizzazioni datoriali e sindacali che obbliga tutte le aziende che rientrano nella fattispecie oggetto dell’accordo ad erogare un determinato valore welfare (es: Metalmeccanica, Unionmeccanica, Accordi territoriali, ecc.).
Normalmente si pensa subito a quello dei metalmeccanici perché coinvolge un vasto numero di imprese e lavoratori, ma sono più di dieci i contratti nazionali che negli anni hanno introdotto un obbligo welfare, e si dice, che nei futuri rinnovi sarà molto frequente una componente welfare anche per i nuovi accordi.
Ad eccezione di alcune categorie in cui i valori welfare sono significativi (come ad esempio il settore conciario), normalmente i vari contratti prevedono importi massimi di qualche centinaia di Euro l’anno per lavoratore. Importi piccoli ma che su larga scala hanno un impatto considerevole ed in più questi importi, seppur piccoli, rappresentano la “scintilla” che fa nascere l’interesse di imprese e lavoratori nei confronti del welfare, portando in molti casi il datore di lavoro ad attivare forme di welfare ulteriori e volontarie a favore dei propri collaboratori.
Un esempio pratico: per quando riguarda il welfare aziendale nelle aziende del settore metalmeccanico, a seguito del rinnovo del CCNL Unionmeccanica-Confapi rinnovato a maggio 2021, sussiste l’obbligo per il datore di lavoro di erogare ai propri dipendenti, a decorrere dal 1° giugno di ogni anno, un importo annuo pro capite pari a €200. Tale importo è spendibile dal lavoratore in Flexible Benefit, entro il termine del 31 maggio dell’anno successivo.
2. CONVERSIONE DEL PDR IN WELFARE
In questo caso il welfare prende origine da un accordo di 2° livello, territoriale o aziendale, della cui parte premiale l’azienda può proporre la conversione in welfare ai propri lavoratori, i quali hanno singolarmente la facoltà di accettare o meno.
Per poterlo comprendere a fondo è utile conoscere le caratteristiche dei Premi di Risultato.
Comunemente noti come PDR, possono godere di una tassazione agevolata se soddisfano requisiti molto stringenti previsti dalla legge, quali ad esempio l’essere legati ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione misurati rispetto ad un periodo definito oppure un valore del premio lordo non superiore a €3.000,00 l’anno.
L’agevolazione fiscale in capo al lavoratore che riceve il PDR in busta paga è costituita da un’aliquota sostitutiva IRPEF pari al 10%.
La Legge di Stabilità del 2016, ha previsto un’ulteriore agevolazione fiscale e contributiva: infatti l’azienda può offrire ai propri collaboratori la possibilità di scegliere di ricevere il proprio PDR non in busta paga ma in beni e servizi welfare. Il valore ricevuto gode così di una totale detassazione e decontribuzione, sia per quanto riguarda il lavoratore che il datore di lavoro.
Vale la pena sottolineare il fatto che in questo caso i lavoratori abbiano individualmente la facoltà di scegliere o meno se ricevere la loro premialità in welfare piuttosto che in busta paga. Si tratta di un caso unico perché per tutte le altre “fonti” del welfare, questo tipo di possibilità concessa al lavoratore non è prevista.
Per approfondimenti in merito ai vantaggi derivanti da una conversione del PDR in welfare rispetto al beneficiarne in busta paga, si rimanda alla News dedicata “Welfare aziendale: quali sono e a quanto ammontano i vantaggi fiscali e contributivi?”.
3. WELFARE INDIVIDUALE
Con welfare individuale si intende la possibilità concessa dalla Legge alle aziende di riconoscere individualmente a singoli lavoratori 3 specifiche tipologie di beni e servizi welfare.
La particolarità di questa fonte del welfare sta quindi nel fatto che i beneficiari del welfare sono tali in quanto singoli individui e non perché appartenenti ad una categoria omogenea.
Le tre tipologie di beni e servizi welfare in questione sono:
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- Fringe benefit ( ad es. buoni spesa, buoni carburanti, buoni TreCuori, ecc…);
- previdenza complementare;
- interessi su mutui e finanziamenti.
In questi casi, se da un lato la norma consente un’applicazione del welfare più libera per quanto riguarda i beneficiari, dall’altro è necessario considerare i vincoli previsti per Legge per quanto riguarda gli importi massimi usufruibili. Limiti che però non sono eccessivamente penalizzanti in quanto in un caso sono nell’ordine delle centinaia di Euro e nell’altro addirittura sono molto alti (diverse migliaia di Euro).
Infatti, i Fringe Benefit sono esenti da tassazione fino a € 258,23/anno per lavoratore (soglia raddoppiata a € 516,46 per il 2020 e il 2021 grazie all’emendamento del Decreto Agosto e al Decreto Sostegni, misure introdotte in via eccezionale dal Governo a seguito dell’emergenza Covid), mentre i versamenti alla previdenza hanno un limite massimo di € 5.164,57 all’anno per lavoratore.
Non ci sono invece limiti per gli importi relativi agli interessi sui mutui e finanziamenti.
Per approfondimenti in merito si rimanda alla News “Fringe Benefit e Buoni Spesa nel welfare Aziendale: cosa sono e come usarli?”.
4. WELFARE AZIENDALE PURO
La grande rivoluzione del 2016 introduce questa nuova tipologia di welfare (conosciuta anche con la denominazione “On top”) la cui fonte è il regolamento aziendale, uno strumento di natura unilaterale che, in quanto tale, rende particolarmente facilitata l’attivazione del welfare anche per quelle PMI che non hanno ancora già avviato delle dinamiche di relazioni industriali con le controparti sindacali.
Questa tipologia di welfare aziendale presenta un’ulteriore caratteristica molto importante per le imprese, cioè la possibilità di erogare i crediti welfare a ben determinate categorie omogenee di lavoratori, potendoli differenziare per entità dei benefit e senza l’obbligo di rivolgere questa misura alla totalità dell’organico.
Per definire una categoria omogenea sono molteplici i criteri applicabili, che inoltre possono essere combinati fra loro (purché si evitino situazioni in cui il beneficiario risulti una sola persona). A titolo esemplificativo:
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- i dipendenti con lo stesso livello contrattuale (IV livello, V livello, ecc…);
- i dipendenti con il medesimo inquadramento (dirigenti, quadri, impiegati, ecc…);
- i dipendenti percipienti un determinato livello di reddito (ad es. tutti i dipendenti con un reddito inferiore a ….);
- i dipendenti che appartengono ad una determinata sede o divisione;
- i dipendenti che decidono di convertire il Premio di Risultato;
- i dipendenti con figli;
- distanza km tra residenza e sede di lavoro (ad es. distanza superiore a … km);
- i dipendenti di un determinato livello contrattuale (es. IV livello), con un certo inquadramento (es. impiegati), con un reddito definito (es. reddito inferiore a …), che appartengono ad una determinata sede (es. Parma), con un certo numero di figli (es. più di 2), distanza km tra residenza e sede di lavoro (ad es. superiore ai 30 km),…;
- ..e molte altre.
Questa fonte del welfare ha origine da una prospettiva che guarda ai risultati raggiunti fino al momento presente, prescindendo da quelli futuri come invece fa il welfare premiale.
5. WELFARE PREMIALE
Il welfare premiale è un’ulteriore fonte del welfare ed è il risultato di una serie di normative intercorse successivamente al 2016, quali ad esempio l’interpello n. 904-971 (istanza dell’8/06/17) oppure la risoluzione n.55 del 25/09/2020, che confermano il fatto che questo ambito è da considerarsi come una materia viva che evolve nel tempo per meglio rispondere alle esigenze degli utilizzatori e alle naturali evoluzioni dei mercati.
Anche in questo caso il welfare premiale prende origine da un regolamento aziendale in favore di una o più categorie omogenee di lavoratori ma, se nel caso precedente del welfare puro la prospettiva era rivolta al passato, in questo caso è rivolta al futuro in quanto l’erogazione dei benefit è subordinata al raggiungimento di predeterminati obiettivi aziendali futuri. Questa è sicuramente la forma più evoluta del welfare aziendale e sono diverse le modalità attraverso le quali un’azienda può arrivare ad implementarla. In generale sono consigliati dei percorsi graduali che permettono alle imprese e ai lavoratori di familiarizzare con questo tipo di dinamiche progressivamente, tenendo anche presente che è possibile per un’azienda avere più piani welfare attivi contemporaneamente, proprio per soddisfare esigenze diverse di target di beneficiari differenti.
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Indipendentemente dalle diverse fonti di welfare e dalle rispettive caratteristiche, in ognuna è possibile riconoscere il diverso bilanciamento tra i vari elementi che caratterizzano il welfare aziendale: risparmio fiscale e contributivo per aziende e lavoratori, aumento del benessere per i lavoratori e le loro famiglie, miglioramento del clima aziendale, della produttività e dell’attrattività verso i migliori talenti per l’azienda.
Tutto questo dimostra chiaramente quanto il welfare sia molto di più di una mera agevolazione fiscale, ma sia anche una leva strategica a disposizione della direzione aziendale capace di comprenderla e implementarla per una gestione moderna e illuminata delle risorse umane.
Per approfondimenti in merito, puoi consultare anche le altre News della serie dedicata “L’ABC del Welfare”, e se ti interessa sviluppare queste opportunità per la tua impresa compila il modulo per segnalarci come preferisci essere contattato senza impegno: sarà per noi un piacere parlarne insieme!