CONEGLIANO – Il caro-energia è un tema sempre più di grande attualità, che sta coinvolgendo sia le aziende che i loro lavoratori. Un tema di cui ne stanno parlando da qualche tempo giornali e televisioni, che sembra apparentemente lontano dalle dinamiche del Welfare ma che invece, anche in questo caso presenta delle affinità.

Un esempio virtuoso è quello della CB Trafilati, azienda vicentina che, come racconta il Gazzettino, è riuscita a realizzare dei risparmi producendo autonomamente gran parte del fabbisogno energetico e ha deciso di condividerli con i propri collaboratori riconoscendo loro dei benefit welfare attraverso la piattaforma TreCuori.

L’azienda fondata nel 1974 e parte del gruppo Steelgroup, controllato dalla holding della famiglia Berri, è specializzata nella produzione siderurgica per l’edilizia, come grandi infrastrutture, viadotti ferroviari e autostradali, parcheggi multipiano.

Il rincaro del prezzo dell’energia non ha lasciato indenni neanche loro ma gli investimenti fatti nel corso degli anni, come l’installazione di un impianto di cogenerazione di energia e calore e un sistema fotovoltaico, ha permesso loro, oltre a conseguire rilevanti vantaggi ambientali, di avere anche importanti ripercussioni finanziarie, che l’azienda ha condiviso con i loro collaboratori, riconoscendo loro un contributo per l’anno 2022 di 400 euro ciascuno attraverso la piattaforma TreCuori.

Questo esempio ci fa capire come il welfare possa essere uno strumento molto flessibile che si adatta alle esigenze più diverse delle aziende.

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Solo tra dicembre e gennaio sono stati erogati oltre 100mila euro che avranno ricadute nell’economia locale

 

CONEGLIANO – Sostenibilità sociale, economia circolare e attenzione al proprio territorio sono ormai tra gli obiettivi prioritari di buona parte delle aziende venete. Uno degli strumenti più utilizzati è quello del welfare aziendale volto non solo al benessere dei propri dipendenti ma anche all’attivazione di un circuito virtuoso che abbia ricadute concrete sulla comunità e il territorio in cui operano. Per questo, non potendo organizzare la consueta festa natalizia per rispettare le misure prudenziali sanitarie, molte imprese venete si sono aggiunte alle oltre 280 che avevano già deciso di riconoscere ai propri dipendenti un bonus (del valore medio di circa 300 euro) che ha, come ulteriore effetto positivo, quello di sostenere le imprese locali: si tratta dei Buoni TreCuori che possono essere spesi nelle attività di prossimità quali negozi, artigiani, professionisti, enti, associazioni ecc.

 

Sono infatti migliaia le attività che già conoscono ed incassano questo tipo di buono in tutta Italia, di cui oltre 700 in tutto il Veneto, un numero che potrà aumentare in funzione delle scelte dei lavoratori o delle attività stesse, anche grazie alle associazioni di categoria quali Ascom Confcommercio, Confartigianato e Confesercenti che si sono attivate e impegnate per contribuire alla crescita di questo rete e permettere ai loro associati di incassare questi buoni, senza che debbano sostenere alcun costo e con pagamenti settimanali molto veloci. Le tipologie di attività locali che incassano i buoni TreCuori sono estremamente variegate: oltre alle tipologie più tradizionali – quali supermercati, distributori di carburante, ecc. – ve ne sono tante sia nell’ambito commerciale (mercerie, fiorai, panettieri, ecc.) che artigianale (parrucchiere, estetiste, idraulici, ecc.) e professionali. Tutte queste non avevano mai avuto accesso ad uno strumento di questo tipo e non erano mai state coinvolte nel circolo virtuoso del Welfare Aziendale Territoriale.

TreCuori ha già distribuito ai lavoratori italiani Buoni Spesa TreCuori per quasi 1 milione di euro, di questi circa 338mila euro sono stati incassati da circa 500 attività locali della Regione Veneto, per un importo medio di circa 2.000 euro. Alcune hanno registrato degli incassi anche molto consistenti (una ventina hanno incassato più di 10.000 euro cadauna). Solo tra dicembre e gennaio sono stati erogati oltre 100mila euro di buoni spesa TreCuori: una iniezione di risorse che ha già iniziato ad avere ricadute dirette nell’economia locale e continuerà ad averne nelle prossime settimane. La scelta dei buoni TreCuori, da parte delle aziende, nasce dalla fiducia nella grande esperienza maturata dalla società di Conegliano, riconosciuta come player nazionale in tema di welfare aziendale e marketing sociale.

TreCuori è infatti una società benefit che ha per missione nello statuto quella di difendere, sostenere e sviluppare l’economia dei territori. I buoni spesa TreCuori distribuiti a fine anno, permettono di raggiungere due obiettivi contemporaneamente: da un lato quello di riconoscere l’impegno di dipendenti e collaboratori che non è mai mancato anche nel prolungarsi della situazione pandemica; dall’altro far sì che questo investimento fatto dalle aziende possa rimanere all’interno del territorio producendo una ricaduta positiva per l’economia locale, cosa che non accadrebbe con i buoni regalo dei grandi player internazionali. Ed è proprio questo che sta accadendo in queste settimane: il Natale è ormai passato, ma i suoi effetti benefici continuano a produrre risultati utili al territorio.

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Welfare – Commercio di prossimità – Buoni Welfare TreCuori

 

Sostenibilità sociale, economia circolare e attenzione al proprio territorio sono ormai tra gli obiettivi prioritari di buona parte delle aziende venete. Uno degli strumenti più utilizzati è quello del welfare aziendale volto non solo al benessere dei propri dipendenti ma anche all’attivazione di un circuito virtuoso che abbia ricadute concrete sulla comunità e il territorio in cui operano.

Per questo, non potendo organizzare la consueta festa natalizia per rispettare le misure prudenziali sanitarie, molte imprese venete si sono aggiunte alle oltre 280 che avevano già deciso di riconoscere ai propri dipendenti un bonus (del valore medio di circa 300 euro) che ha, come sostenere le imprese locali, quello di sostenere le imprese locali: si tratta dei Buoni TreCuori che possono essere spesi nelle attività di prossimità quali negozi, artigiani, professionisti, enti, associazioni ecc.

Sono infatti migliaia le attività che già conoscono ed incassano questo tipo di buono in tutta Italia, di cui oltre 700 in tutto il Veneto, un numero che potrà aumentare in funzione delle scelte dei lavoratori o delle attività stesse, anche grazie alle associazioni di categoria quali Ascom Confcommercio, Confartigianato e Confesercenti che si sono attivate e impegnate per contribuire alla crescita di questo rete e permettere ai loro associati di incassare questi buoni, senza che debbano sostenere alcun costo e con pagamenti settimanali molto veloci.

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Non potendo organizzare le consuete feste di Natale, le aziende hanno deciso di riconoscere ai propri dipendenti buoni spendibili nei negozi di prossimità.

 

Sostenibilità sociale, economia circolare e attenzione al proprio territorio sono ormai tra gli obiettivi prioritari di buona parte delle aziende venete. Uno degli strumenti più utilizzati è quello del welfare aziendale volto non solo al benessere dei propri dipendenti ma anche all’attivazione di un circuito virtuoso che abbia ricadute concrete sulla comunità e il territorio in cui operano. Per questo, non potendo organizzare la consueta festa natalizia per rispettare le misure prudenziali sanitarie, molte imprese venete si sono aggiunte alle oltre 280 che avevano già deciso di riconoscere ai propri dipendenti un bonus (del valore medio di circa 300 euro) che ha, come ulteriore effetto positivo, quello di sostenere le imprese locali: si tratta dei Buoni TreCuori che possono essere spesi nelle attività di prossimità quali negozi, artigiani, professionisti, enti, associazioni ecc.

Sono infatti migliaia le attività che già conoscono ed incassano questo tipo di buono in tutta Italia, di cui oltre 700 in tutto il Veneto, un numero che potrà aumentare in funzione delle scelte dei lavoratori o delle attività stesse, anche grazie alle associazioni di categoria quali Ascom Confcommercio, Confartigianato e Confesercenti che si sono attivate e impegnate per contribuire alla crescita di questo rete e permettere ai loro associati di incassare questi buoni, senza che debbano sostenere alcun costo e con pagamenti settimanali molto veloci.

Le tipologie di attività locali che incassano i buoni TreCuori sono estremamente variegate: oltre alle tipologie più tradizionali – quali supermercati, distributori di carburante, ecc. – ve ne sono tante sia nell’ambito commerciale (mercerie, fiorai, panettieri, ecc.) che artigianale (parrucchiere, estetiste, idraulici, ecc.) e professionale. Tutte queste non avevano mai avuto accesso ad uno strumento di questo tipo e non erano mai state coinvolte nel circolo virtuoso del Welfare Aziendale Territoriale.

TreCuori ha già distribuito ai lavoratori italiani Buoni Spesa TreCuori per quasi 1 milione di euro, di questi circa 338mila euro sono stati incassati da circa 500 attività locali della Regione Veneto, per un importo medio di circa 2.000 euro. Alcune hanno registrato degli incassi anche molto consistenti (una ventina hanno incassato più di 10.000 euro cadauna). Solo tra dicembre e gennaio sono stati erogati oltre 100mila euro di buoni spesa TreCuori: una iniezione di risorse che ha già iniziato ad avere ricadute dirette nell’economia locale e continuerà ad averne nelle prossime settimane. La scelta dei buoni TreCuori, da parte delle aziende, nasce dalla fiducia nella grande esperienza maturata dalla società di Conegliano, riconosciuta come player nazionale in tema di welfare aziendale e marketing sociale. TreCuori è infatti una società benefit che ha per missione nello statuto quella di difendere, sostenere e sviluppare l’economia dei territori.

I buoni spesa TreCuori distribuiti a fine anno, permettono di raggiungere due obiettivi contemporaneamente: da un lato quello di riconoscere l’impegno di dipendenti e collaboratori che non è mai mancato anche nel prolungarsi della situazione pandemica; dall’altro far sì che questo investimento fatto dalle aziende possa rimanere all’interno del territorio producendo una ricaduta positiva per l’economia locale, cosa che non accadrebbe con i buoni regalo dei grandi player internazionali. Ed è proprio questo che sta accadendo in queste settimane: il Natale è ormai passato, ma i suoi effetti benefici continuano a produrre risultati utili al territorio.

 

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GRAZIE ALLA COLLABORAZIONE CON I COMUNI DI ABANO, MONTEGROTTO E BATTAGLIA TERME E IL DISTRETTO DEL COMMERCIO DELLE TERME EUGANEE, TRECUORI HA REALIZZATO UN PROGETTO CHE PERMETTE ALLE ATTIVITÀ COMMERCIALI DEL TERRITORIO DI DESTINARE UNA PICCOLA QUOTA DEL FATTURATO VERSO IL NON PROFIT E IL TERZO SETTORE.

TreCuori è una società benefit che opera sul mercato del welfare aziendale. Tra le particolarità di questo operatore vi è la possibilità di attivare progetti territoriali incentrati sul marketing sociale. Si tratta, in estrema sintesi, di un meccanismo che impegna un circuito di attività commerciali e di negozi a destinare una piccola parte del proprio fatturato a progetti territoriali dal valore sociale o a organizzazioni no profit e del Terzo Settore.

Come vi abbiamo raccontato nel caso del progetto Welfare Insieme di Confartigianato e nel caso di Valoriamo, il marketing sociale è utilizzato da TreCuori nell’ambito di interventi di welfare aziendale. Le attività e i fornitori di servizi presenti nella piattaforma di TreCuori e coinvolti in queste progettualità si sono impegnati a veicolare una porzione del guadagno ottenuto grazie ai dipendenti delle imprese che fanno welfare verso progetti a impatto sociale. Il tutto sotto la supervisione di TreCuori, che garantisce la regolarità di questo processo.

Recentemente lo strumento del marketing sociale è stato introdotto anche a livello territoriale. In particolare i Comuni di Abano, Montegrotto e Battaglia Terme e il Distretto del commercio delle Terme Euganee hanno ideato insieme a TreCuori un interessante intervento che coinvolge un circuito convenzionato di attività commerciali.

L’ESPERIENZA DEL DISTRETTO DELLE TERME EUGANEE

Grazie al coinvolgimento delle associazioni di categoria – e in particolare Ascom, Confcommercio, Confesercenti, Confartigianato, Cna e Appe – nel territorio delle Terme Euganee molti negozi hanno quindi avviato questo particolare meccanismo. Tutti gli acquisti fatti in una serie di attività convenzionate faranno pervenire a progetti di carattere sociale e organizzazioni non profit (convenzionate con TreCuori) delle risorse da reinvestire. Tra le realtà a cui saranno destinati dei fondi c’è anche l’Istituto Comprensivo di Abano Terme, che include una scuola dell’infanzia, cinque scuole primarie e una scuola secondaria di I grado.

Le scuole e le altre realtà potranno quindi ottenere contributi senza sostenere costi. Al tempo stesso le attività commerciali, rinunciando a una piccolissima parte dei propri introiti ma senza sostenere costi fissi, potranno dare un apporto concreto al territorio.

Il meccanismo di funzionamento è semplice. Le persone che vogliono acquistare un prodotto o un servizio in questa rete convenzionata potranno andare sull’app o sul sito di TreCuori e consultare l’elenco delle attività che aderiscono al progetto. Scegliendo questi negozi e dichiarandosi “consumatori TreCuori” riceveranno – al raggiungimento di una soglia minima di spesa – un voucher con un codice che, registrato sull’app gratuita, farà pervenire il contributo alla scuola o ad altre organizzazioni che potranno essere individuate.

Come evidenziato anche dagli amministratori pubblici locali in questa video-intervista, la rete di attività convenzionate è in continuo sviluppo. Ci sono ferramenta, ottiche, parrucchieri, alimentari, farmacie, bar, ristoranti e molto altro ancora. Grazie al marketing sociale questi esercenti hanno la possibilità di coinvolgere e fidelizzare la propria clientela, evidenziando come la spesa fatta possa avere una ricaduta positiva per il territorio.

IL SISTEMA PRODUTTIVO CHE SOSTIENE IL TERRITORIO 

Il marketing sociale di TreCuori consente quindi di generare un circuito virtuoso, grazie al quale le imprese e i negozi riescono a sostenere organizzazioni e progetti che operano in ambito sociale.

Si tratta di uno strumento di fundraising territoriale che consente di “dirottare” risorse private – come quelle delle attività commerciali o quelle provenienti da piani di welfare aziendale – per avviare o supportare iniziative di natura sociale. Grazie al portale di TreCuori, questo processo è inoltre completamente digitalizzato. Si tratta quindi di una “raccolta fondi 2.0” che può aiutare molte organizzazioni del Terzo Settore in un momento complesso come quello attuale.

Non solo. Attraverso il marketing sociale è possibile finanziare anche progettualità fortemente radicate nel territorio. Ne è un esempio il Fondo Comunitario nato attraverso il progetto Valoriamo. Questo fondo, gestito dalla Fondazione Comunitaria del Lecchese, raccoglie risorse anche attraverso questo meccanismo che coinvolge la rete di attività commerciali convenzionate allo scopo di realizzare attività e percorsi di inclusione socio-lavorativa.

La proposta del marketing sociale è quindi un’opportunità interessante in una prospettiva secondo welfare. È un meccanismo che riesce ad ingaggiare il circuito delle piccole attività del territorio, i comuni cittadini che compiono acquisti e le imprese che fanno welfare aziendale allo scopo di finanziare interventi e organizzazioni che a livello locale promuovono l’inclusione sociale.

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Ecco gli specialisti del welfare aziendale! Fortune Italia ne ha individuati 100 e li ha organizzati in cinque categorie dedicate: gli imprenditori (considerati Champions del settore), i manager, i provider, i professionisti e gli analisti.

 

Tra i provider – ossia gli intermediari del welfare come li definisce Fortune – anche la piattaforma welfare TreCuori SpA Società Benefit. Tramite un’intervista ad Alberto Fraticelli, Direttore e Co-founder di TreCuori, si parla della missione della società da lui fondata, che consiste nella riattivazione dell’economia dei territori attraverso i servizi erogati – tramite una piattaforma digitale proprietaria – a persone, imprese, realtà no-profit e pubbliche amministrazioni nei settori dei circuiti commerciali locali, dei market place, delle monete complementari, del marketing sociale, del welfare aziendale e pubblico.

Tra i soggetti intervistati nelle altre categorie di welfare specialist, diverse le figure che interagiscono a vario modo con la piattaforma TreCuori. Da Tantosvago ( della categoria Champions) che è un fornitore di servizi welfare per la piattaforma TreCuori, al commercialista Diego Paciello e all’avvocato Riccardo Zanon entrambi della categoria Professionisti che con le loro aree di competenza intercettano l’organizzazione del lavoro e dei lavoratori. Tra gli analisti, osservatori e studiosi del welfare, troviamo i nomi di Emmanuele Massagli, Franca Maino e Stefano Zamagni, figure che nel corso degli anni hanno collaborato con TreCuori in qualità di massimi esperti del loro campo.

Per leggere l’articolo completo con le testimonianze dei Welfare Specialist, si rimanda all’articolo di Fortune.

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Primo integrativo alla Far di Silla. L’articolo descrive il nuovo accordo welfare stipulato tra sindacati e azienda in favore dei dipendenti

 

Qualche accordo, negli ultimi anni, era già stato firmato. Ma quello raggiunto nei giorni scorsi, con il voto favorevole mercoledì della larga maggioranza dei dipendenti, è il primo contratto integrativo nella storia della Far Srl di Silla (Gaggio Montano), una fonderia che occupa 120 dipendenti nel cuore dell’Appennino. L’intesa con l’azienda prevede, sotto il profilo economico, un premio di risultato uguale per tutti e basato su due indicatori. Potrà arrivare, nel caso di una piena soddisfazione di entrambi, a un massimale di 700 Euro. Trattandosi della prima volta è quasi un esperimento: poi l’anno prossimo, a premio raggiunto, si trarranno le conclusioni e si vedrà come intervenire negli anni successivi. Inoltre sono stati incrementati i permessi retributivi, con dieci ore aggiuntive, e sono previste maggiorazioni retributive sui turni notturni. La Far, infatti, lavora quotidianamente su tre turni e a questo aspetto è dedicato un altro punto del contratto, uno dei principali dal punto di vista dei rappresentanti sindacali di Fiom Cgil e Fim Cisl, che insieme alla Rsu hanno lavorato per raggiungere l’accordo: gli Rls, i rappresentanti lavoratori sicurezza, sono aumentati da uno a due. Una misura, spiegano i sindacati in una nota, che si è resa necessaria perché i lavoratori ruotano su tre turni e sono divisi su più stabilimenti. Il contratto sarà in vigore per tre anni, fino alla fine del 2023.

“Questo risultato non è merito solo dei sindacati, ma della rsu che ha fatto un gran bel lavoro – commenta Barbara Graziano, funzionaria della Fiom -. E soprattutto è un risultato dell’unità: i lavoratori sono stati uniti, volevano questo integrativo. L’azienda si è messa al tavolo e così, senza scioperi, lo abbiamo ottenuto. E questa volta dall’Appennino arriva una bella notizia”. Sulla stessa linea anche Salvatore Parlato, funzionario della Fim Cisl: “Era importante portare un risultato ai lavoratori, anche per la situazione che c’è in giro oggi che vede molte aziende in difficoltà. E con il loro aiuto ce l’abbiamo fatta. Oltre alla parte economica, è molto importante quella sul fronte sicurezza, con la seconda Rls. È un passo importante, che dovrebbe essere seguito da tutti”.

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I sindacati: “Dall’azienda un riconoscimento dell’importanza del proprio capitale umano”

 

Rinnovato l’accordo integrativo sul premio di risultato per il biennio 2021-22 alla Florian Legno Spa di Riese Pio X, una delle principali realtà nel mercato del legno in Italia attiva dal 1974 e holding del gruppo Florian. L’accordo sottoscritto è stato reso possibile dalle ottime relazioni che intercorrono tra la Filca Cisl Belluno Treviso e l’azienda, ma anche dal forte mandato di rappresentanza consegnato alla Federazione del Legno della Cisl dai tanti dipendenti Florian iscritti al sindacato.

I TERMINI

Il contratto sottoscritto infatti prevede che gli incontri tra impresa e Rsu avverranno con cadenza bimestrale, nella garanzia di un confronto diretto e continuo sulla situazione aziendale, l’andamento produttivo e del mercato, le prospettive economiche, gli investimenti, l’occupazione, le innovazioni tecniche, il miglioramento ambientale e del lavoro. L’accordo prevede l’erogazione di un premio economico riconosciuto a operai e apprendisti al raggiungimento di determinati parametri. Quello principale è l’indice di produttività a cui si affianca quello di redditività: avrà un valore massimo di 1.260 Euro, ai quali vanno aggiunti buoni spesa per 200 Euro. Una quota aggiuntiva sarà erogata ai dipendenti maggiormente presenti sul posto di lavoro.

LE NOVITÀ

Il premio potrà essere convertito, a scelta dei lavoratori, in beni e servizi di welfare attraverso la piattaforma “TreCuori“, beneficiando così della detassazione totale sul valore. Con l’opzione welfare il lavoratore avrà riconosciuto un surplus del +15%, migliorando così la percentuale del 10% prevista dal precedente accordo. Definito nell’accordo aziendale anche il riconoscimento di una contribuzione aggiuntiva alla posizione previdenziale dei lavoratori iscritti al fondo Solidarietà Veneto. Da gennaio 2022 la quota a carico dell’azienda passerà all’attuale 2,70% al 2,80%, migliorando quanto previsto dal contratto nazionale del Legno Industria. “Il rinnovo di questo accordo aziendale  – commenta Marco Rossitto della Filca Belluno Treviso – dimostra che c’è da parte dell’azienda un chiaro riconoscimento dell’importanza del proprio capitale umano. Dal punto di vista sindacale viene valorizzata la contrattazione di secondo livello come strumento in grado di redistribuire ricchezza tra i lavoratori“.

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IL WELFARE AZIENDALE È CRESCIUTO DEL 40% FRA GLI ARTIGIANI. LE DITTE OFFRONO SERVIZI O VOUCHER AI DIPENDENTI FINO A MILLE EURO. TIZIANA PETTENUZZO DI CONFARTIGIANATO: “QUESTO È RISPETTO PER IL VALORE LAVORO”

 

Padova – C’è stato un modo con cui aziende e dipendenti si sono “tenuti insieme” durante l’anno durissimo della pandemia aiutandosi a vicenda. Ed è l’impiego del welfare aziendale che è stato messo in pratica soprattutto nelle piccole aziende artigiane. Come potremmo definirlo? Una mutua assistenza. E senza andare troppo per il sottile chiarire che è finito il tempo del panettone a Natale, ora si danno altri riconoscimenti, buoni per la palestra, o per i libri del figlio. Che sono “scontabili” dalla ditta.  In termini più tecnici è “l’insieme delle iniziative, dei beni e dei servizi che un’impresa mette a disposizione del dipendente come sostegno al reddito per accrescere il potere di spesa, ma anche la salute e il benessere del proprio collaboratore“.

I NUMERI

È accaduto dunque che questo sistema sia stato usato come argine contro l’instabilità economica e sociale connessa al Codid-19. Secondo i dati forniti da welfare Insieme, hub di Confartigianato dedicata al welfare, nel 2020 si è registrato nella nostra provincia un incremento del 40% dei contratti stipulati. Migliaia di lavoratori hanno usufruito di un credito welfare , ottenuto in base a piani aziendali che hanno consentito una spesa media per lavoratore di 650 Euro.

La maggioranza delle imprese artigiane che hanno scelto il welfare appartiene al comparto manifatturiero, in prevalenza si tratta di aziende metalmeccaniche. “Gli imprenditori scelgono il welfare aziendale, consapevoli che che la transizione economica passa anche attraverso modelli organizzativi diversi e sistemi di premialità innovativi – spiega Tiziana Pettenuzzo segretario generale di Confartigianato Imprese Padova – Ma ora aspettiamo un segnale forte dal nuovo governo in questa direzione. La partita è ancora aperta, visto il valore e le potenzialità di impatto sulla mobilità e sul sostegno al reddito dei lavoratori dipendenti, sempre più partecipi nel creare valore per le imprese”.

L’appello nasce da una consapevolezza: il welfare può diventare uno strumento strategico per fidelizzare, motivare, alzare il livello delle competenze, introdurre sistemi di valutazioni meritocratici, responsabilizzare il personale alla cultura del risultato. “La pandemia ha messo in risalto la necessità di mettere in campo azioni strutturali per il lavoro che cambia, nuove competenze, in particolare digitali – continua Pettenuzzo – I piani di welfare che stiamo siglando invece vanno a soddisfare quelle aspettative che riguardano la salute , la cura della propria persona e della famiglia, la formazione dei figli, uno stile di vita sostenibile, che preveda la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro”.

LA FILOSOFIA

“Il mondo dell’artigianato crede nel fattore welfare perché esso pone al centro la persona e la sua famiglia, perché permette di gestire le crisi economiche con gli strumenti della solidarietà e non con i licenziamenti, perché privilegia la partecipazione e alla politica del salario risponde con un politiche di crescita legate al merito. Tutto questo va a ridurre il turn-over, motiva il personale – spiega Pettenuzzo – e costituisce un elemento attrattivo anche verso le piccole imprese che, ogni giorno, lanciano appelli per la ricerca di personale qualificato e capace di cogliere la sfida dell’innovazione”.

Avere cura di sé, della propria azienda, della natura, significa anche avere rispetto delle istituzioni, fare sindacato, tutelare. Questo è il nostro compito come corpo intermedio, come organizzazioni datoriali, e anche la nostra sfida per il futuro”.

 

“Con l’incentivo in welfare meno assenze in produzione”

LE AZIENDE STANNO SFRUTTANDO AL MEGLIO IL WELFARE AZIENDALE APPLICANDO GLI INCENTIVI AL MIGLIORAMENTO DELLE PRODUTTIVITÀ MA ANCHE DEL BENESSERE DEI LAVORATORI. DUE TESTIMONIANZE

 

Padova – L’obiettivo del welfare aziendale è diffondere il benessere nei luoghi di lavoro e migliorare il clima aziendale, favorendo così la produttività dell’impresa. L’azienda, inoltre, erogando bonus e servizi ai lavoratori, può usufruire di sgravi fiscali. Per fare alcuni esempi di welfare aziendale, possiamo citare i buoni per lo shopping, la spesa alimentare o il carburante, i rimborsi per le spese sanitarie, il pagamenti dei costi scolastici per i figli (mense, libri, tasse universitarie) gli abbonamenti alle palestre o il pagamento dell’asilo nido. Il mondo dell’artigianato è attivo da alcuni anni nel settore del welfare, tanto che in seno a Confartigianato è nata Welfare Insieme, per rafforzare un obiettivo da sempre fondamentale per l’associazione: mettere al primo posto i bisogni delle persone, delle famiglie e dei territori.

NELLA MECCANICA

La OMD di Montagnana ha attivato un piano welfare nei mesi scorsi: ” Uno degli aspetti fondamentali di questo strumento è permettere di conciliare vita e lavoro perché è importante stare bene in azienda – spiega Sofia Dall’Aglio, socia dell’impresa che opera nel settore delle lavorazioni meccaniche di precisione – Abbiamo valutato quali potevano essere gli argomenti e le modalità di attivazione di un progetto di welfare che coinvolgesse il più possibile i dipendenti, perché siamo convinti che rappresenti un incentivo per i lavoratori. Non si tratta solo di raggiungere un premio economico stabilito, ma di cogliere un obiettivo importante: l’accrescimento personale e lavorativo. Faccio un esempio. Il plafond a budget era di mille Euro a dipendente. Abbiamo pensato alle ore di assenza. A chi entrava in prima fascia 500 euro. in seconda 200 euro, alla terza nessun premio. Ebbene tutti hanno raggiunto la prima. E noi abbiamo visto che per una visita medica nessuno stava più a casa tutta la giornata ma tornava al pomeriggio. Il resto del benefit invece lo abbiamo messo per pagare le tasse scolastiche o le mense per i figli. Ma anche per la palestra o la piscina”. Il problema odierno? “magari trovassimo personale specializzato. Non ci sono tornitori o fresatori”.

NEI SERVIZI

Ci sono state aziende che hanno colto l’opportunità del welfare aziendale in occasione del Natale, a conclusione di un anno complicato: “Invece di dare ai nostri collaboratori il classico dono, abbiamo pensato ad una soluzione che potesse fare tutti felici” spiega Donatella Merlo, socia della tipografia F.lli Zampieron di Cadoneghe. L’azienda opera nel settore dei biglietti d’auguri, messo in difficoltà dall’arrivo della pandemia, ma lavora anche con l’estero, in particolare con la Germania: “Realizziamo i menù per molte gelaterie tedesche che da anni sono nostre clienti. I ragazzi che lavorano nella nostra azienda devono essere creativi e noi cerchiamo sempre di creare una situazione familiare di collaborazione, per favorire il loro benessere lavorativo. Nella piattaforma welfare, ognuno di loro ha potuto scegliere ciò che più gli piaceva o gli serviva, anche in negozi di prossimità e non solo nei grandi store. Quando abbiamo presentato questa opportunità, insieme a Confartigianato, è stata accolta con piacere da tutti. Abbiamo avuto gli sgravi fiscali connessi al welfare e abbiamo ulteriormente migliorato il clima aziendale che per noi è fondamentale. Per quanto riguarda la crisi abbiamo avuto un calo del 30% del fatturato ma per fortuna lavoriamo molto con l’estero”.

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LA PANDEMIA COVID-19 HA DETERMINATO ENORMI CAMBIAMENTI NEL MONDO DEL LAVORO MA NONOSTANTE TUTTO, IL WELFARE AZIENDALE CONTINUA A RISCUOTERE L’INTERESSE DI IMPRESE E DIPENDENTI. PROPRIO PER QUESTO APPARE ANCORA PIÙ CRUCIALE CAPIRE COME FAVORIRE LA CRESCITA DI QUESTO FENOMENO IN MANIERA EQUA E SOSTENIBILE

 

La pandemia ha portato nel mondo del lavoro cambiamenti enormi. Il lavoro da remoto è stato il più evidente, ma non il solo. A risentirne è stato anche il welfare aziendale, che pare essersi confermato anche nell’anno del Coronavirus. “A causa dell’andamento economico negativo, ci aspettavamo una contrazione”, dice Emmanuele Massagli, presidente dell’Associazione Italiana Welfare Aziendale (AIWA). Invece, non sembra andata così. A suggerirlo sono i numeri del Ministero del lavoro e di Edenred Italia. I primi dicono che la percentuale di contratti con forme di welfare aziendale è cresciuta tra 2019 e 2020. I secondi riguardano un campione di tremila aziende clienti di quello che è uno dei principali provider del settore: lo scorso anno, in media, queste imprese hanno messo a disposizione di ogni dipendente 850 euro di welfare aziendale, solo dieci euro in meno del 2019. In entrambi i casi, però, si tratta di cifre parziali. Ad oggi, non esistono dati complessivi e nazionali sul fenomeno. Anche perché il welfare aziendale può essere sostenuto in vari modi: contratti collettivi nazionali, accordi territoriali o aziendali, regolamenti delle imprese, o anche con una parte dei premi di risultato. Allo stesso modo, i lavoratori possono spendere i loro contributi in molte forme: istruzione, sanità, assistenza per anziani e bambini, previdenza integrativa, attività ricreative e fringe benefit (buoni per spesa, carburante e shopping). La pandemia non ha portato a significativi aumenti di spesa per sanità o assistenza ai minori, come ci si poteva aspettare, quanto piuttosto a una crescita dei fringe benefit, spesso usati per mascherine, igienizzanti e dispositivi digitali per la DaD.

PARERI DIVERSI

Ad agosto, il governo ha deciso di raddoppiare il valore massimo di questi buoni, da 258 a 516 euro all’anno e la norma è stata rinnovata anche per il 2021. La scelta ha sicuramente spinto i consumi, ma è stata valutata in modo diverso.

  • Per Francesca Dattilo, responsabile relazioni istituzionali di Edenred, è positiva e va stabilizzata: “come provider, siamo convinti che questi buoni siano uno strumento utile e importante per avvicinare al welfare aziendale le piccole e medie imprese, che sono la vera sfida”.
  • Per Jorge Torre della CGIL, invece, “non si possono mettere sullo stesso piano buoni spesa e assistenza agli anziani”. “I fringe benefit sono graditi ai lavoratori perché in Italia c’è un problema di reddito, ma così facendo si snatura il welfare”, sostiene il sindacalista.

Le visioni opposte di Dattilo e Torre fanno emergere diversi temi. Il primo è la diffusione limitata e irregolare del welfare aziendale: poco presente nelle piccole e medie imprese, al sud e in settori come commercio, edilizia e ristorazione. Il secondo sono gli sgravi fiscali che, a partire dal 2016, ne hanno favorito la crescita. L’idea di fondo è che questo welfare integri quello pubblico e quindi lo Stato rinunci a delle entrate fiscali per promuoverlo. Ma in diversi osservatori hanno sollevato alcune perplessità sul fatto che sia effettivamente nell’interesse comune garantire maggiori agevolazioni per i fringe benefit.

La questione di fondo è capire come il welfare aziendale possa continuare a crescere senza però acuire le disuguaglianze tra i dipendenti di aziende, settori e territori diversi e soprattutto tra dipendenti e altri tipi di lavoratori, i più precari in particolare. Per Lorenzo Bandera del laboratorio Percorsi di secondo welfare, servono “progetti di welfare aziendale territoriale o interaziendale”. “Così – spiega il ricercatore – diventa possibile favorire economie di scala, aggregare la domanda e allargare la platea dei beneficiari, valorizzando la dimensione solidale di tutto il secondo welfare”. Su questo punto, a differenza dei fringe benefit, il consenso tra gli addetti ai lavori sembra più ampio. Aziende, provider, istituzioni locali, terzo settore, organizzazioni sindacali e datoriali possono lavorare insieme, per creare un’offerta di servizi che completi quella del welfare pubblico. Già succede.

Per esempio, in provincia di Bergamo con il progetto Beatrice, che ha creato una piattaforma potenzialmente aperta a tutti. O nell’Alto Milanese, dove le parti sociali hanno firmato un accordo per integrare welfare aziendale e sanità pubblica. Oppure a Siena, con un’iniziativa appena lanciata dalla Fondazione MPS. Non solo: esistono sperimentazioni anche per lavoratori agricoli e liberi professionisti. Le possibilità sono tante, sono legate alle specificità dei territori e potenzialmente potrebbero essere sostenute dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che non cita esplicitamente il welfare aziendale ma stanzia fondi per il più ampio tema della conciliazione vita-lavoro. Per Torre di Cgil, “in materia di welfare, serve un nuovo equilibrio tra pubblico e privato. Per trovarlo bisogna lavorare insieme sui territori, con la contrattazione e la governance pubblica garanti del welfare universale”. Massagli di Aiwa, guardando al passato, è ottimista: “Dal 2016 ad oggi, in soli cinque anni, il welfare aziendale è passato da materia di studio teorica a realtà diffusa e conosciuta. Una crescita così non si spiega limitandosi a dire che le aziende ci guadagnano”.

 

L’analisi – LA “FILIERA CORTA” PIÙ ATTENTA AI NUOVI BISOGNI DEL TERRITORIO

Il welfare aziendale è un fenomeno sempre più diffuso in Italia. Un numero crescente di organizzazioni, grazie ai benefici fiscali previsti dello Stato ma anche per effetto di una cultura generalmente più attenta al benessere dei lavoratori, sceglie infatti di sostenere i propri dipendenti e collaboratori attraverso misure e benefit di natura sociale.

Oltre a essere un’opportunità sotto il profilo organizzativo, giuslavoristico e manageriale, tali strumenti possono innescare dei percorsi di innovazione sociale generando effetti positivi sulle comunità e sui territori. È il caso del cosiddetto welfare aziendale “a filiera corta”. Un’espressione con cui ci si riferisce a una forma di welfare aziendale fortemente aperta al territorio, incline ad attivare filiere di produzione di valore capaci di mettere a sistema le risorse locali, a partire da quelle del Terzo Settore, e innescare circoli virtuosi di sviluppo sociale ed economico in una prospettiva inclusiva e sostenibile, coerente con quella dell’Agenda 2030 promossa dall’ONU.

Si tratta, in altre parole, di un welfare aziendale maggiormente orientato al contesto in cui si trova l’impresa e ad attivare filiere locali capaci di includere diversi attori presenti a livello territoriale. Soprattutto in tessuti produttivi frammentati e dispersi, tale prospettiva sembra agevolata dall’adozione di strumenti già esistenti: dalla contrattazione collettiva interaziendale al contratto di rete, dalla bilateralità alla contrattazione territoriale, dalla costruzione di reti e partnership multiattore alla co-progettazione e co-gestione di servizi territoriali. Sono misure che consentono alle imprese di aggregare competenze e risorse economiche in una nuova ottica, volta a sostenere la progettazione e l’implementazione di forme innovative di secondo welfare.

In questa direzione è cruciale adottare una governance “ampia”, a cui possono prendere parte i principali stakeholder di un territorio. L’attore pubblico locale può fungere da cabina di regia; la filiera dei servizi del territorio, con a capo il Terzo Settore, può mettere a disposizione il proprio know-how e le proprie professionalità; il tessuto imprenditoriale e le parti sociali possono collaborare per garantire nuove formule di partecipazione e mediare tra gli interessi in gioco. In tal modo possono prendere vita interventi in grado di coinvolgere una platea sempre maggiore di beneficiari, aprendosi alla collettività. È questo, ad esempio, il caso degli asili nido aziendali o inter-aziendali che, pur essendo finanziati dalle imprese, garantiscono spesso nuovi posti anche ai figli di altri cittadini.

Per un welfare aziendale “a filiera corta” è quindi essenziale che i protagonisti del territorio superino l’autoreferenzialità per “riconoscersi” reciprocamente. Solo così possono nascere e svilupparsi logiche e soluzioni integrative finalizzate a rispondere ai nuovi bisogni sociali, superando anche la dicotomia pubblico-privato. Per farlo è tuttavia auspicabile il supporto di “agenti del cambiamento” – Fondazioni, associazioni datoriali e sindacali, mondo cooperativo – capaci di promuovere percorsi per accompagnare gli attori locali nella realizzazione di queste progettualità. È qui la base per creare un nuovo sistema integrato di interventi sociali.

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