Le Pmi fidelizzano i dipendenti con i benefit, ma se al Nord gli italiani si dicono contenti della propria occupazione, le percentuali crollano al Sud

 

Il welfare aziendale è ormai diventato una solida realtà anche in Italia ed è ampiamente utilizzato dalle imprese per fidelizzare i propri dipendenti e per trovare quelle figure che ancora mancano nel loro organico. Ci sono però profonde differenze fra Nord e Sud e fra lavori ben pagati e lavori pagati poco. Il welfare aziendale e, più in generale, un ambiente lavorativo attento alle esigenze dei dipendenti sono infatti elementi che caratterizzano le imprese più avanzate, mentre la strada da fare nel resto del tessuto produttivo italiano è ancora molta. È questo il quadro delineato da numerosi studi, a partire dal recente rapporto Bes (Benessere equo sostenibile) dell’Istat, i cui dati, incrociati con quelli della Cgia di Mestre, lasciano supporre che il divario sia destinato ad aumentare. Le imprese che già implementano soluzioni di welfare aziendale ne hanno capito l’importanza soprattutto in un’ottica di attrazione dei talenti ed è quindi probabile che aumentino i propri sforzi su questo fronte. I datori di lavoro, invece, che puntano tutto sulla compressione del costo del lavoro sono per definizione poco propensi a mettere in campo delle misure in grado di migliorare l’ambiente di lavoro, cosa che li farà inevitabilmente scivolare ulteriormente verso il basso nelle classifiche dedicate alla soddisfazione dei dipendenti.

“Dopo l’avvento della pandemia, anche il nostro mercato del lavoro ha subito trasformazioni importanti – spiegano gli esperti della Cgia di Mestre – In molte aree del Paese, ad esempio, le imprese faticano sempre più a trovare profili con competenze adeguate; pertanto, mai come in questo momento hanno la necessità di fidelizzare i propri collaboratori. Questa operazione sta avvenendo per mezzo di una serie di comportamenti molto virtuosi come, ad esempio, la corresponsione di retribuzioni più elevate, la trasformazione dei contratti a termine a tempo indeterminato, la possibilità di consentire ai dipendenti orari di lavoro più flessibili, attraverso il ricorso a strumentazioni professionali più innovative, favorendo gli avanzamenti di carriera e, infine, con l’implementazione di benefit e di welfare aziendale. Nel Nord questo processo di miglioramento del benessere aziendale, soprattutto nelle Pmi, è ormai in corso da qualche anno”.

In cima alla classifica delle regioni con la più alta qualità del lavoro si trova la Lombardia, seguita dalla Provincia autonoma di Bolzano e dal Veneto. Si comportano però molto bene anche la Provincia autonoma di Trento, il Piemonte e la Valle d’Aosta. Tutto il Settentrione è dunque ben rappresentato. Resta invece indietro il Mezzogiorno, le cui regioni occupano la parte bassa della graduatoria (con l’eccezione della Sardegna). Le situazioni più critiche si trovano in Sicilia, Calabria e Basilicata.

Secondo i dati Istat, guardando al solo fattore “soddisfazione per il proprio lavoro” (la ricerca ne prende in considerazione otto, che vanno dalla retribuzione alla tipologia di contratto), la regione più virtuosa è la Valle d’Aosta con il 61,7% di lavoratori soddisfatti, seguita dalla Provincia autonoma di Trento (61,1%) e quella di Bolzano (60,5%). La maglia nera di questa particolare classifica, che prende in considerazione l’appagamento per il livello di retribuzione ottenuto, le ore lavorate, la stabilità del posto, l’opportunità di carriera e la distanza casa/lavoro, è la Campania (41,2%).

Entrando nel dettaglio del welfare aziendale vero e proprio, ovvero quell’insieme di benefit e servizi che le aziende offrono ai propri dipendenti per migliorare il loro benessere andando oltre la semplice retribuzione economica, il rapporto Welfare Index Pmi promosso da Generali in collaborazione con Confindustria, Confcommercio, Confartigianato, Confprofessioni e Confcommercio, individua dieci aree, alcune più mature e quindi sviluppate e altre meno. L’indagine, che si concentra sul mondo delle piccole e medie imprese, ha rilevato una forte presenza di iniziative nelle aree “previdenza e protezione”, “condizioni lavorative e sicurezza”, “salute e assistenza”, “diretti, diversità e inclusione”, “conciliazione vita-lavoro” e “sviluppo del capitale umano”.

Meno gettonate ma comunque ben presidiate sono invece le aree “responsabilità sociale verso consumatori e fornitori”, “sostegno economico ai lavoratori” e “welfare di comunità”. La decima, “sostegno alle famiglie per educazione e cultura”, risulta essere infine quella meno matura.

“Il welfare aziendale è un nuovo protagonista del sistema di welfare italiano dal 2016, quando la Legge di stabilità e i successivi decreti attuativi diedero un quadro normativo e un forte incoraggiamento fiscale alle iniziative delle imprese volte a promuovere il benessere dei lavoratori e delle loro famiglie – si legge nel rapporto – La rigenerazione del welfare italiano non può essere sostenuta dalla sola iniziativa pubblica, la cui spesa corrente non è in grado di crescere, né dalla spesa individuale delle famiglie, che ha raggiunto livelli difficilmente sostenibili. Il welfare aziendale, se adeguatamente incoraggiato, è in grado di accrescere ulteriormente la propria iniziativa, nell’interesse stesso delle imprese. Queste, inoltre, possono agire come aggregatori di domanda, organizzando un accesso collettivo ai servizi e riducendo in tal modo il costo delle prestazioni”.

Condividi

Sempre più spesso il welfare si occupa anche dei camp per i ragazzi: bonus in busta paga per oltre 400 famiglie.

 

Che bello, è finita la scuola! Se siete d’accordo, probabilmente siete ragazzi, non certo genitori che lavorano. Le aziende, oggi, cercano di venire incontro ai propri dipendenti dando loro una mano dal punto di vista economico: si parla di quasi trecentomila euro sul piatto in provincia di Treviso. Perché la gestione delle giornate dei ragazzi dopo la fine della scuola si complica e si fa costosa, molto costosa, se dovete affidarvi a un centro estivo. 

I NUMERI 

I rimborsi per i “campi” frequentati dai figli finiscono sempre più spesso tra i benefit aziendali. Alcuni numeri li fornisce una società trevigiana che proprio di welfare aziendale si occupa, la TreCuori, che nella sola provincia di Treviso ha gestito ad oggi 293 mila euro di rimborsi da parte delle aziende per i centri estivi frequentati dai figli dei dipendenti. Sono 142 le aziende che hanno offerto questa possibilità, sfruttata da 426 lavoratori per un totale di 563 ragazzi beneficiari. “Si tratta di un dato storico cumulato – spiega Alberto Fraticelli, co-fondatore e Direttore di TreCuori – ma il vero boom c’è stato lo scorso anno. Sul totale di 128 milioni di euro di spese welfare che abbiamo erogato a livello nazionale, 34 milioni sono del 2023”.  

Mantenendo la proporzione, insomma, nella Marca il bonus centri estivi è stato di circa 78 mila euro nel solo 2023. “E quest’anno la crescita è ancora fortissima, frutto della conoscenza sempre più diffusa degli strumenti di welfare aziendale”, spiega Fraticelli. Il valore medio di ciascun rimborso per i centri estivi è stato di 688 euro: una spesa di una certa consistenza, di sicuro un aiuto importante.  

CONFINDUSTRIA 

Le aziende si muovono in ordine sparso, con proprie iniziative di welfare. Ma anche l’associazione degli industriali è attiva: è partita da Casier la prima iniziativa territoriale per la conciliazione tra tempi di vita e di lavoro, nata dall’intesa tra il Comune e Confindustria Veneto Est, e che ora punta proprio a favorire la partecipazione dei ragazzi ai centri estivi promossi dalle associazioni locali.

“Questa prima iniziativa si pone l’obbiettivo di rendere maggiormente fruibile la partecipazione ai centri estivi organizzati a Casier da parte dei figli dei collaboratori delle aziende associate presenti in questo territorio – spiegano i promotori – Il Comune di Casier mette a disposizione gratuitamente locali idonei per la realizzazione delle attività estive e collabora con soggetti e associazioni locali per offrire servizi e attività”. “Confindustria Veneto Est ha raccolto molteplici manifestazioni di interesse da parte di aziende di questo territorio per favorire la conciliazione degli orari di lavoro e i compiti di cura dei figli, in particolare nel periodo estivo, durante l’interruzione delle attività scolastiche – dichiara Alberto Zanatta, vicepresidente di Confindustria Veneto Est per Treviso – Ci sono già interessanti esempi di contrattazione di secondo livello che tengono conto di questo aspetto come quello recente in Tognana Porcellane che abbiamo seguito insieme all’azienda e ai sindacati. Con questo protocollo facciamo un passo avanti, coerente con la volontà di Confindustria Veneto Est di collaborare in tutti i territori per renderli sempre più attrattivi innanzitutto per le persone, le famiglie e i giovani. Anche questa è una via per attrarre talenti e garantire la vitalità dei nostri paesi e delle nostre città”.  

GLI ESEMPI  

Che il mondo del welfare aziendale sia in forte espansione è assodato, e sempre più frequenti sono gli esempi che riguardano i benefit per i figli. A partire dai grossi gruppi, come Generali e Essilux, presenti anche nella Marca. La compagnia del leone in giugno e luglio offre ai propri dipendenti la possibilità di effettuare fino a quattro settimane di lavoro consecutive in smart working proprio per permettere la gestione dei figli che nei mesi estivi non vanno a scuola. Previsti anche rimborsi delle spese per vacanze studio e per i campi ricreativi.  Essilux, che a Pederobba ha uno stabilimento da 750 dipendenti, dedica un “Summer camp” a Bibione ai figli dei dipendenti di età compresa tra i 9 e i 17 anni, chiedendo solo un contributo economico proporzionale all’inquadramento retributivo, a partire da un livello simbolico. Tra i benefit anche altre convenzioni per la partecipazione ai centri estivi. 

Condividi

Abbiamo ricostruito le spese fatte da lavoratori e lavoratrici che transitano dalla piattaforma di welfare aziendale di TreCuori. Gran parte delle risorse finisce nelle voci previste dalla normativa, soprattutto in viaggi e nelle spese per i figli. Ma negli ultimi anni è cresciuta la quota dei fringe benefit.

 

Come sono spese oggi le risorse dei piani di welfare aziendale? A questa domanda non è semplice dare risposta. Per cercare di avere le corrette informazioni abbiamo chiesto a TreCuori, società benefit che opera come provider nel mercato del welfare aziendale, di condividere con noi alcuni dati e informazioni interessanti per comprendere meglio come imprese, lavoratori e lavoratrici spendono il budget welfare.

Il welfare aziendale transato da TreCuori

Tra gennaio 2017 e aprile 2024 la piattaforma di TreCuori ha transato oltre 123 milioni di euro in welfare aziendale. In totale è stata utilizzata da quasi 4.000 aziende e da oltre 75.000 dipendenti delle stesse; sono inoltre stati coinvolti quasi 19.000 erogatori e fornitori di beni e servizi nell’ambito del welfare aziendale.

Dei 123 milioni di euro transitati sulla piattaforma di TreCuori, la fetta più grande, pari a 77 milioni, sono stati in spesi in rimborsi, servizi e prestazioni di welfare previsti dalla normativa. Mentre i restanti 46 milioni riguardano i fringe benefit (di cui si parlerà dopo in maniera approfondita), cioè quell’insieme di sostegno al reddito di lavoratori e lavoratrici che prevede specifici benefici fiscali per le imprese che li erogano e che solitamente sono veicolati tramite buoni benzina, card o voucher acquisto da spendere presso catene commerciali o negozi (anche della grande distribuzione online).

Dei 77 milioni di euro spesi in servizi e rimborsi, che in totale hanno interessato 44.000 dipendenti e 18.000 fornitori, la fetta maggiore ha riguardato viaggi e vacanze (31% circa), rimborsi per l’istruzione per i figli (19%) e i buoni pasto (14%). Seguono poi salute e sanità integrativa (7%), previdenza complementare (7%), sport (7%), cultura e tempo libero (4%), altri servizi per l’infanzia (3%). La parte restante si divide in assistenza per familiari anziani o non autosufficienti, rimborsi per il trasporto pubblico, formazione, polizze assicurative, interessi di mutui e prestiti.

Come ci ha spiegato Alberto Fraticelli, co-Fondatore e Direttore di TreCuori, “la prima voce è quella dei viaggi perché con TreCuori diamo molte possibilità direttamente attraverso la nostra piattaforma. La normativa del welfare aziendale stabilisce che i viaggi debbano essere veicolati tramite dei ‘pacchetti’, senza che siano personalizzabili, cioè creati su misura per i singoli che ne fanno richiesta. A differenza di molte piattaforme che utilizzano i famosi smartbox noi abbiamo scelto un’altra strada: lavoriamo con le strutture per dare maggiori possibilità alle persone. In questo modo possiamo contare su una grande varietà di pacchetti, grazie anche al coinvolgimento delle piccole realtà locali”.

Quindi non si personalizza, ma si diversifica molto di più. Questo anche grazie alla partnership con TreAli, un’agenzia viaggi partner di TreCuori nata per supportare le altre agenzie viaggi dei vari territori e le svariate attività ricettive (hotel, B&B, camping, ecc.); in sostanza un interlocutore che facilita le altre agenzie e i vari operatori turistici dei territori nella creazione di “pacchetti” coerenti con quanto previsto dalla normativa del welfare aziendale.

La seconda voce di spesa, come detto, è legata all’istruzione dei figli di lavoratori e lavoratrici. Si tratta di quasi 15 milioni di euro in totale che riguardano molte attività: dalle mense scolastiche ai doposcuola, dalle rette universitarie agli asili nido. Fraticelli spiega che “oltre 1 milione di euro riguarda i libri scolastici. Su questo abbiamo fatto un ragionamento importante. Ci siamo detti di provare a valorizzare le piccole attività sul territorio – come le cartolibrerie, le edicole e i piccoli supermercati che offrono questo servizio – piuttosto che i grandi player online, come Amazon. Per questo abbiamo recentemente implementato la possibilità di spendere il conto welfare destinato ai libri scolastici tramite MarketPass, una piattaforma di commercio on-line, riservata solo alle piccole e medie imprese (di cui Secondo Welfare ha parlato qui, NdR)”.

La spesa per i fringe benefit

Sono invece 46 i milioni di euro che, nel corso degli ultimi 6 anni, sono stati spesi in fringe benefit. Si tratta di una cifra che – come ci dice Fraticelli – “è cresciuta soprattutto nell’ultimo triennio”. Questo in particolare a seguito degli interventi da parte del Legislatore che hanno aumentato a più riprese la soglia dei fringe (ne abbiamo parlato recentemente qui) per aumentare la capacità di spesa delle famiglie in momenti di potenziale difficoltà economica a causa della pandemia, delle conseguenze della guerra in Ucraina e dell’aumento dell’inflazione.

Come sottolinea un recente studio di The European House – Ambrosetti, questo strumento è stato, in effetti, una spinta ai consumi delle famiglie. Secondo Ambrosetti, nella seconda metà del 2023 l’introduzione con il Decreto Lavoro della soglia di detassazione differenziata, stabilita in 258,23 euro per la generalità dei lavoratori e alzata a 3.000 euro per i dipendenti con figli fiscalmente a carico, ha permesso di incrementare del 3,4% i consumi delle famiglie rispetto al 2019, quando la soglia era fissata in 258,23 euro indistintamente per tutti i dipendenti. Il confronto è positivo (+1,5%) anche tra secondo semestre 2023 e 2022, quando la soglia venne alzata dapprima a 600 euro per tutti (Decreto Aiuti-bis, agosto 2022) e quindi a 3.000 euro (Decreto Aiuti quater) da novembre a dicembre 2022.

Tornando al “caso” TreCuori, i 46 milioni di euro di fringe sono stati spesi attraverso 760.000 transazioni, che in totale hanno interessato 60.000 lavoratori/trici di oltre 2.000 imprese clienti di TreCuori. Per quanto riguarda le spese fatte attraverso i buoni e i voucher, quasi l’80% si divide tra supermercati, cibi e bevande (42%) e carburante (37%). Seguono poi elettronica (10%), abbigliamento (4%), articoli sportivi (2%), profumeria e cosmetici (2%), calzatura e pelletteria (1%); sono residuali poi altre spese come videogiochi, casa e arredamento, libri, prodotti farmaceutici, ricariche telefoniche.

Come si può vedere, dunque, la maggior parte degli acquisti fatti tramite i fringe benefit sono destinati a spese che non hanno a che fare con servizi di natura sociale, quindi riguardanti la cura, l’assistenza e il benessere. Si tratta piuttosto della comune spesa fatta all’interno di supermercati, oppure del rifornimento di carburante.

Il ruolo dei Buoni TreCuori

Sul versante dei fringe benefit si deve infine sottolineare che TreCuori ha ideato un particolare strumento – i Buoni TreCuori – che mirano a coinvolgere le piccole realtà commerciali e gli esercenti del territorio. Secondo Katia Cais, Responsabile della Divisione Welfare di TreCuori, “il sistema dei Buoni TreCuori incentiva l’acquisto anche verso piccole realtà commerciali, come mercerie, fiorai, panetterie, macellerie, edicole, artigianali – parrucchiere, estetista, idraulici – e professionali, come commercialisti, avvocati. Sono buoni che possono essere incassati da tutte le attività, senza che debbano sostenere alcun costo o commissione, e non hanno un solo marchio a cui far riferimento”.

In questo modo”, continua Cais , “rendiamo i fringe benefit più spendibililavoratori e lavoratrici possono infatti utilizzarli in qualsiasi attività di prossimità, senza difficoltà. Così puntiamo anche a valorizzare l’economia dei territori e, al tempo stesso, limitiamo gli scambi che sono fatti attraverso i grandi portali di e-commerce che sono arrivati a godere di una posizione soverchiante nel mercato, a discapito di tante piccole imprese. Si tratta di una scelta etica, che fa parte della mission di TreCuori”.

Attraverso i Buoni TreCuori sono circolati quasi 2 milioni di euro. Pur non rappresentando una percentuale elevata sul totale della spesa per i fringe, si tratta comunque di transazioni che hanno coinvolto quasi 650 piccole attività di vari territori del nostro Paese. Inoltre, conclude Cais “stanno iniziando ad assumere un valore significativo in termini assoluti e soprattutto con forte trend di crescita grazie ad aziende che – vista la grande spendibilità di questi buoni e in ottica di sostenibilità – stanno iniziando a dare solo questi buoni ai propri collaboratori“. Il vero valore che c’è dietro l’idea dei Buoni TreCuori è quello di incentivare lo sviluppo dell’economia locale e la filiera cortaincentivando pratiche di consumo più attento e sostenibile. Si tratta dunque di un modo per “rileggere” il ruolo dei fringe benefit potenzialmente molto interessante e capace di generare un impatto sui territori.

Condividi

Le offerte sono tantissime e includono anche attività particolari come il parkour. Si arriva anche a 650euro a settimana, si parte quasi sempre da oltre cento euro.

 

Doveva essere colpa del Covid, della necessità di un maggior numero di operatori per gruppi sempre più ristretti di bambini, dell’impennata del costo dei materiali, ma soprattutto doveva essere qualcosa di temporaneo. E, invece, il prezzo dei centri estivi non solo non è diminuito, ma è addirittura aumentato rispetto all’anno scorso.  E così, anche per quest’estate, i genitori che lavorano hanno dovuto svenarsi per trovare il posto e l’attività dove mandare i propri figli.

Le offerte sono tantissime, per lo più a sfondo sportivo, ma anche culturale: si va dagli sportcamp che fanno provare vari sport, anche quelli meno mainstream come climbing e parkour, fino alle attività culturali: settimane in lingua inglese oppure attività all’interno dei musei cittadini o nelle fondazioni. Insomma c’è l’imbarazzo della scelta, anzi no. Perché poi alla fine la scelta viene fatta in base al costo e quando si devono sistemare due o più figli, la variabile prezzo diventa la principale, se non l’unica da tenere in considerazione.

Andando sul concreto il costo medio dei centri estivi in città è di 120 euro a settimana, che significa 480 euro al mese da moltiplicare per due se si hanno due figli. Un salasso. Per fare un po’ di esempi: per partecipare una settimana al Summer Camp in Ghirada ci vogliono 160 euro con merenda e pranzo compresi; 150 se invece si partecipa al camp in inglese organizzato dalla Cooperativa Comunica a Santa Maria del Rovere, in quel caso merenda e pranzo sono a carico della famiglia. Qualcosa in meno, cioè 120 a settimana per il centro estivo classico, organizzato sempre dalla Comunica per bambini che vanno dalla scuola dell’infanzia alle elementari. Poi c’è il Junior Camp, sempre a base sportiva al campo di rugby dei Ruggers a Monigo per partecipare alle attività servono 150 euro. Poi ci sono quelli che offrono esperienze più particolari: quello secondo i ritmi naturali, il Camp di Coco, 110 euro a settimana, stesso prezzo per chi vuole fare climbing e arrampicata allo Sportler, sempre 110 euro a settimana per il camp Multisport di Paese. Poi i prezzi salgono se si scelgono i corsi in lingua che arrivano a 250 euro a settimana, oppure quelli tecnologici e di intelligenza artificiale che sono quelli proposti da H-Farm, con prezzi alla portata di famiglie realmente benestanti (i prezzi partono da 650 euro).

“Era lievitato in periodo Covid ma in quell’occasione c’erano delle motivazioni, e da allora non sono più scesi, anche se il rapporto educatore/bambino è tornato ad essere quello di pre-pandemia. Tanto alla fine molti sono costretti a usufruire del servizio, quindi perché abbassarli?”, commenta una mamma a cui fa eco un’altra “Io ho due figli e oltre a sbancarmi farò i salti mortali a portarli perché hanno due età diverse e non me li prendono nello stesso posto”. Il tema centri estivi diventa un incubo ancor prima che l’estate si avvicini, le famiglie cominciano a organizzarsi – e a risparmiare- già all’inizio della primavera. La soluzione di molti è ripiegare sui Grest, attività offerte dalle parrocchie a prezzi agevolati (vanno dai 30 ai 50 euro a settimana), peccato che le attività siano disponibili solo per poche ore e solo la mattina. E allora la domanda sorge spontanea: come fanno i genitori che invece lavorano tutto il giorno dalla mattina alla sera e non hanno sostegni? Ricorrere a risparmi e welfare, la soluzione più immediata.

 

Aiuti anche da Ebicom e Ebt per 37 mila realtà del terziario

Nelle aziende del settore la metà di dipendenti sono donne, tanti gli strumenti messi a disposizione per conciliare vita e lavoro.

Da quest’anno, gli enti bilaterali del terziario EbiCom ed EbtTreviso sostengono le famiglie di lavoratori e lavoratrici dipendenti di aziende del terziario aderenti ad uno degli enti con figli in età scolare con un nuovo contributo, fino a 200 euro all’anno per figlio, per la copertura dei costi dei centri estivi, siano essi comunali, privati o parrocchiali.

“Abbiamo inserito da quest’anno questo nuovo contributo – spiega il presidente Adriano Bordignonper venire incontro alle spese delle famiglie con figli, in aggiunta ai contributi per le spese di abbonamento ai trasporti scolastici, ai libri di testo, alle tasse universitarie. Un progetto, quello della bilateralità, che investe sull’educazione e sulla formazione a 360 gradi, in tutte le fasi dell’età dei figli, a sostegno di lavoratori e lavoratrici occupati in aziende del terziario e quindi esposti a turni e orari prolungati. Nelle oltre 37mila unità locali attive nel terziario, oltre la metà dei dipendenti sono donne (commercio, turismo, pubblici esercizi, ditte di pulizie ed accudimento), quindi la platea che sente il bisogno di supporti di conciliazione è molto ampia”.

“Il contributo centro estivo – sottolinea la vicepresidente di EBiCom Patrizia Manca – è un nuovo strumento che ribadisce il nostro impegno a favore della conciliazione vita-lavoro. Sostenere la genitorialità significa sostenere le donne, le famiglie, il mondo del lavoro, delle imprese e la società tutta. Al “centro estivo”, inteso come agenzia educativa integrativa rispetto alla formazione tradizionale, è un concetto cui teniamo molto. Nella nostra provincia, i centri estivi e i grest offrono varie opportunità di crescita e divertimento”.

Condividi

TreCuori sta lanciando una piattaforma di e-commerce rivolta alle PMI per sviluppare il loro mercato e di incentivare una logica di reciprocità e collaborazione. Abbiamo cercato di capire meglio le logiche di funzionamento e i possibili vantaggi per imprese, consumatori e territori.

 

Le piattaforme digitali, ormai, sono onnipresenti. Il loro uso quotidiano consente di ottenere beni o servizi in modo facile e, spesso, a prezzi convenienti. Per la maggior parte degli utenti, questo basta. E così, la comprensione del funzionamento di queste piattaforme passa in secondo piano rispetto ai vantaggi che garantiscono. Eppure esse definiscono sempre più la nostra economia.

Nick Srniceklecturer in Digital Economy al King’s College di Londra, ha scritto sul tema il libro “Platform Capitalism” (Polity 2017, tradotto e pubblicato in Italia da Luiss University Press: “Capitalismo digitale: Google, Facebook, Amazon e la nuova economia del web”). Per Srnicek, il capitalismo di piattaforma è “una forma di capitalismo avanzato che si fonda sull’estrazione, l’aggregazione e l’analisi di dati, dai quali emerge un nuovo tipo di impresa commerciale: la piattaforma”.

Le piattaforme, quindi, sono infrastrutture digitali che permettono a due o più gruppi sociali di interagire tra loro. E, come ha spiegato Tiziano Bonini citando il volume di Srnicek su cheFare“si posizionano come intermediari frapposti tra utenti differenti: clienti, investitori pubblicitari, fornitori di servizi, produttori di contenuti, distributori”.

Le piattaforme di consegna di cibo a domicilio, per esempio, mettono in contatto chi vuole mangiare qualcosa senza uscire di casa e chi lavora come fattorino. Offrono al primo gruppo di utenti, i clienti, le migliori offerte possibili, ma molto spesso lo fanno a discapito delle condizioni del secondo gruppo, quello dei lavoratori.

L’esempio dei rider è certamente uno dei più noti e controversi, ma esistono tipi diversi di piattaforme che operano in molteplici settori. E non sempre seguendo logiche che mettono in contrasto i gruppi di utenti che questi luoghi digitali fanno incontrare. È il caso di Marketpass.

UNA PIATTAFORMA PER L’ECONOMIA DEI TERRITORI

Marketpass è una piattaforma di e-commerce per l’economia di prossimità, a cui sta lavorando la società benefit TreCuori, che ha sede in provincia di Treviso ed è attiva soprattutto nel campo del welfare aziendale. L’iniziativa, come abbiamo già avuto modo di raccontare, si basa sul concetto di reciprocità e nasce all’intersezione tra diversi mondi: quelli del welfare, delle piccole e medie imprese (PMI) e del commercio locale. Che, in modo diverso, sono stati tutti toccati dalla crescita delle piattaforme.

Il commercio locale, certamente, soffre la concorrenza delle piattaforme di acquisti on-line. Le PMI possono trovare nelle stesse piattaforme di vendita digitale delle occasioni per allargare il loro mercato, ma le condizioni non sono sempre favorevoli e i rischi esistono. Infine, anche nel campo del welfare ci sono state molte evoluzioni.

Il progetto di ricerca WePlat (che abbiamo ospitato su Secondo Welfare) ha permesso di mappare e analizzare le piattaforme nei servizi di cura alla persona in Italia e, come ha scritto la responsabile della ricerca Ivana Pais, ha messo in evidenza “la presenza di due processi: la digitalizzazione delle organizzazioni tradizionali, che offrono i propri servizi attraverso piattaforme di e-commerce e la nascita di nuove aziende che adottano modelli simili alle piattaforme digitali di lavoro in altri settori”.

Complessivamente, WePlat ha individuato 137 piattaforme che si occupano di welfare, di cui 60 offrono servizi di salute fisica e mentale, 10 servizi di educazione e cura dell’infanzia, 10 servizi di assistenza sociosanitaria e le restanti 57 una combinazione dei servizi precedenti.

Anche queste esperienze rientrano in una classificazione delle piattaforme fatta da Francesco Longo e Franca Maino nel loro volume “Platform Welfare. Nuove logiche per innovare i servizi locali“. Le tipologie sono due:

  • piattaforme multicanali di ricomposizione sociale: piattaforme collaborative-connettive che hanno l’obiettivo di unire le persone per creare una comunità (che può trovare il suo comun denominatore in una serie di variabili tra cui il target di appartenenza o il territorio in cui vivono);
  • piattaforme marketplace: piattaforme e/o canali per mettere in contatto gli individui con altri individui portatori di bisogni simili e con l’offerta di servizi professionali del territorio. Possono essere definire in maniera più estesa anche piattaforme marketplace di pooling della domanda e professionalizzazione dell’offerta.

UNA PIATTAFORMA PER LA RECIPROCITÀ TRA LE IMPRESE

L’idea ambiziosa di Marketpass non è solo entrare in un settore come quello del commercio on-line dove le piattaforme digitali – a cominciare da Amazon, ovviamente – la fanno da padrone. Ma anche provare a coniugare un valore antico come la reciprocità con uno strumento contemporaneo come la piattaforma.

Per riuscirci, MarketPass punta a essere contemporaneamente entrambe le tipologie di piattaforma indicate da Longo e Maino: sia un marketplace sia una piattaforma di ricomposizione sociale, rivolta in maniera specifica alle PMI. La reciprocità, quindi, interessa le imprese che vendono su Marketpass, ma anche le persone che fanno acquisti nella piattaforma. Da un lato, le PMI condividono un principio di fondo (incentrato sulla collaborazione) e hanno una convergenza di interessi. Dall’altro, le persone che utilizzano MarketPass “sposano” un approccio nuovo al mercato che non è incentrato solo sul loro vantaggio economico, ma anche su una attenzione alle ricadute delle scelte di consumo.

E qui subentra il rapporto tra la piattaforma e le comunità dei territori sui quali Marketpass vuole radicarsi. Il tema riguarda tutte le piattaforme. Basti pensare, per fare un altro esempio controverso, alle conseguenze di Airbnb sul mercato della casa denunciate in molte città del mondo.

Le organizzazioni di piattaforma non sono comunità ma ospitano o connettono comunità, cioè si configurano come coalizioni (o reti) multifunzionali che potrebbero interconnettere alcune comunità”, ha scritto Maurizio Busacca nell’articolo “Platform Organisations in Social Innovation: A Lot of Old Wine in a Bottle”. Nel suo paper del 2019, il ricercatore dell’Università Ca’ Foscari di Venezia citava alcuni casi interessanti di innovazione sociale tramite piattaforma e, tra questi, c’era anche TreCuori.

In TreCuori esistono diverse reti, coalizioni e comunità che, sotto l’ombrello di una comune finalità di promozione della conciliazione tra tempi di vita e di lavoro, perseguono diversi interessi specifici: clima organizzativo e produttività; potere di acquisto dei clienti del welfare; nuove forme di aggregazione della domanda e nuove opportunità di vendita o di finanziamento per le organizzazioni del Terzo Settore; rafforzamento del welfare ludico”, scriveva a proposito delle attività dell’impresa nell’ambito del welfare welfare aziendale e territoriale.

MARKETPASS, UN RUOLO ANCHE NEL WELFARE

Oggi Busacca conferma che quegli stessi elementi li rivede anche nel progetto di MarketPass“Credo di ritrovare tutte quelle caratteristiche e quelle logiche”, spiega a Secondo Welfare. Una piattaforma basata sulla reciprocità come questa, secondo il ricercatore, può “mettere insieme le comunità attraverso la produzione di beni e servizi da parte delle PMI .

Tornando alla definizione iniziale, quindi, se le piattaforme sono infrastrutture digitali che permettono a due o più gruppi sociali di interagire tra loro, nel caso di Marketpass questi gruppi sociali sono in buona parte composti dalle stesse persone. Il dipendente di una PMI, per esempio, può sia beneficiare delle vendite che la sua azienda realizza grazie alla piattaforma, sia acquistare lui stesso dei prodotti di altre PMI presenti sulla piattaforma. È la logica della reciprocità.

Marketpass, infatti, nel lungo periodo, punta ad essere presente in tutta Italia, ma vuole crescere territorio per territorio, andandosi a radicare e cercando di spingere più possibile i consumi locali. Per farlo, in questi ultimi mesi, sta intensificando le iniziative con le associazioni di categoria come Confcommercio Confartigianato per fare conoscere il progetto e la piattaforma. Sono stati organizzati incontri a Verona, Mantova, Rimini e Ferrara e in provincia di Parma è stata avviata anche una collaborazione con la sezione locale del Forum Terzo Settore. È una prima volta, che però potrebbe rivelarsi molto promettente per diverse ragioni.

Da un lato, TreCuori ha esperienza con gli enti del Terzo Settore, con cui ha sempre lavorato per il welfare aziendale e territoriale, e sa quanto possano essere utili per diffondere delle iniziative sui territori in maniera capillare. Dall’altro lato, i servizi forniti dal Terzo Settore potrebbero essi stessi essere venduti tramite Marketpass.

Da alcune settimane, infatti, TreCuori ha offerto alle PMI anche la possibilità di essere presenti sulla piattaforma con dei buoni acquisto. Tra quelli già presenti ci sono quelli di un dentista o di una ferramenta, ma questa funzione potrebbe ampliare notevolmente la gamma di potenziali imprese da coinvolgere e potrebbe rivelarsi particolarmente utile proprio per quegli enti non profit che offrono per esempio servizi nell’ambito dei minori o degli anziani. Un tema, quest’ultimo, che sarà oggetto di  un ulteriore approfondimento in uno dei nostri prossimi articoli.

Condividi

MarketPass, trasportare le Pmi nell’e-commerce

 

Si chiama MarketPass – Cordis Community ed è uno strumento innovativo per la difesa delle Pmi, e dei negozi di prossimità in ottica di sviluppo dell’economia del territorio pensato da TreCuori Spa Società Benefit con sede a Conegliano Veneto che ha affidato all’università di Parma l’analisi del modello. Dopo il primo appuntamento di fine gennaio si è tenuto giovedì scorso nel nostro Ateneo un incontro di approfondimento cui ha preso parte un ricco parterre di ospiti a partire dalle autorità istituzionali con Stefano Magagnoli, Direttore del Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali Università di Parma a fare gli onori di casa e con Ettore Brianti, Assessore alle Politiche Sociali del Comune di Parma che ha portato i saluti dell’amministrazione comunale attenta alle iniziative di successo per la città. Presenti anche i rappresenti del mondo delle associazioni di categoria con Claudio Franchini, Direttore Ascom Confcommercio Parma, Eugenio Caggiati per Cooperativa Parma, poi i rappresentanti del mondo bancario con Alessandro Masetti, Referente Enti Terzo Settore Emil Banca e il mondo accademico con Luca Fornaciari, Associato di Economia Università di Parma e Giuseppe Giulio Luciani, Dimetech Lab e docente dell’università di Parma, che hanno dialogato con Giovanni Lucchetta, Amministratore di TreCuori Spa e con Alberto Fraticelli, Direttore Generale TreCuori Spa che insieme a Katia Cais ha chiuso le danze illustrando come funziona l’operatività della piattaforma MarketPass davanti ad un folto pubblico di studenti, commercianti e imprenditori.

Il problema è reale. Per effetto dell’inflazione galoppante i prezzi sono saliti alle stelle e questo ha messo in difficoltà ampie fasce di famiglie che, come certifica il recente Rapporto Italia 2023 curato dell’Istat, hanno un tasso di risparmio nullo quando non negativo per affrontare le spese e sulle quali grava un debito pubblico 2.894 miliardi di euro che rende praticamente impossibile mettere correttivi alle diseguaglianze.

Lo Stato, scriveva il premio Nobel Joseph Stiglitz, deve creare le opportunità e rimuovere gli ostacoli al cambiamento. Laddove la macchina statale non arriva, allora gli imprenditori si organizzano. L’idea è giovane perché ha poco più di dieci anni e nasce nel Nord Est in provincia di Treviso ma è un modello esportabile: aziende, negozi e botteghe di quartiere si mettono in rete per far diventare la spesa più conveniente attraverso una piattaforma digitale, MarketPass – Cordis Community, che replica il funzionamento di Amazon ma promette di combatterne lo strapotere impedendo che i profitti realizzati siano portati fuori dal territorio e anzi garantisce che le risorse economiche ritornino laddove sono state generate. «MarketPass è una piattaforma di commercio on-line riservata solo alle piccole e medie imprese (Pmi) che sono state fonte di libertà e ricchezza per il nostro territorio e che ora sono a rischio di estinzione – afferma Giovanni Lucchetta, ad di TreCuori che spiega -i piccoli esercenti e le piccole medie imprese sono schiacciate dai giganti del commercio elettronico che ha regole peculiari e nella totale libertà delle scelte noi ci occupiamo di aiutarli ad entrare in questo mondo per competete ad armi pari fornendo assistenza informatica, logistica perché abbiamo investito in magazzini di stoccaggio e trasporti, legale per affrontare il tema del diritto di recesso».

TreCuori ha tre anime: il welfare territoriale, il marketing sociale e il welfare indiretto. L’azienda, per esempio, mette a disposizione una dote che viene rispesa verso la stessa o altre Pmi del territorio in modo che la ricchezza prodotta fecondi gli scambi interni, rigenerandosi continuamente. Quando c’è un successo economico gli Americani lo commentano così: «You dont’ close a contract but you open a relationship» che letteralmente vuol dire «Non hai chiuso un contratto ma aperto una relazione». «Tutto si basa su un Patto di Reciprocità – afferma Lucchetta – serve un cambio di passo nella mentalità». I contratti si basano sulla fiducia, dal latino “fides” ovvero la corda che lega e tiene insieme la comunità«. «Se la finanza è un gioco a somma zero – prosegue l’ad TreCuori – l’economia circolare è una situazione cosiddetta “win-win”, e la torta può diventare più grande per tutti». TreCuori punta a coinvolgere associazioni di categoria per diventare una comunità basata sul principio di prossimità e reciprocità.

«Le evidenze empiriche mostrano che il modello funziona – spiega Luca Fornaciari, Associato di economia all’Ateneo di Parma – ed è sostenibile con un obiettivo di lungo termine: se le aziende vogliono prosperare nel lungo termine devono arricchire la comunità». Gli fa eco Giuseppe Giulio Luciani che all’osservatorio Dimetech Lab testimonia: «Il progetto Parma realizzato dalle associazioni di impresa ed il terzo settore sta creando grazie a MarketPass una rete di scambio molto proficua».

Condividi

Confartigianato e TreCuori lanciano iniziative per il welfare aziendale: sportello dedicato, plafond di 600mila euro e incentivi per migliorare competitività e benessere dei dipendenti

 

Le buone notizie sono tre: l’apertura di uno sportello dedicato al welfare aziendale nelle Pmi, un plafond di 600mila euro a fondo perduto per misure di welfare indiretto e l’innesco di un circolo virtuoso a beneficio delle imprese. Sono gli aspetti principali della collaborazione tra Confartigianato e l’azienda TreCuori, leader nel settore del welfare.

“Confartigianato – così il presidente Graziano Gallerani e il segretario Paolo Cirelli – vuole facilitare le imprese e i loro lavoratori nel godere dei benefici offerti dalla legge del welfare aziendale, tra i quali non solo l’ottimizzazione del costo del lavoro ma anche e soprattutto la fidelizzazione dei propri collaboratori, l’attrazione di nuovi talenti, l’aumento della produttività, la crescita del potere d’acquisto dei dipendenti e il miglioramento del clima aziendale”.

Tra l’altro, Gallerani torna su un problema che attanaglia le piccole e medie imprese artigiane e non solo. “Stiamo assistendo, in modo molto trasversale ad ogni attività, ad un lungo periodo di difficile reperimento della manodopera – chiude –. Il welfare aziendale può essere lo strumento per agevolare ed implementare la competitività del lavoro“.

Ai servizi che Confartigianato offrirà attraverso lo sportello dedicato (in via Veneziani 1/5), ce n’è un altro innovativo presentato dal direttore di TreCuori, Alberto Fraticelli, da Andrea Scurria (referente su Ferrara dell’azienda) e Roberta Artusi (coordinatrice settore welfare Confartigianato). “L’associazione assieme alla nostra azienda – spiegano – ha messo a punto un bando con una dotazione di 600mila euro per finanziare piani di welfare indiretto per le aziende, associate o che intendono associarsi, che ne fanno domanda. Le persone indicate da ogni azienda, dipendenti ma non solo, potranno ottenere un importo di 300 euro erogato in forma di buoni spesa utilizzabili per pagare, con una percentuale che va dal 5% al 50%, beni, prodotti o servizi anche di largo consumo venduti solo da Pmi attraverso la piattaforma MarketPass“.

Condividi

Aperto un ufficio dedicato al welfare per imprese di qualsiasi dimensione

 

Confartigianato, con il supporto della società benefit TreCuori, ha deciso di ampliare la propria gamma di servizi aprendo un ufficio dedicato al welfare aziendale e di promuovere un bando per un finanziamento a fondo perduto per un valore fino a 600mila euro.

È stato infatti siglato l’accordo tra l’associazione e TreCuori, piattaforma che vanta servizi innovativi, in funzione delle esigenze di imprese e lavoratori. L’obiettivo è facilitare le imprese del territorio e i loro lavoratori nel godere dei benefici offerti dalla legge del welfare aziendale, tra i quali non solo l’ottimizzazione del costo del lavoro, ma anche la fidelizzazione dei propri collaboratori, l’attrazione di nuovi talenti, l’aumento della produttività, la crescita del potere d’acquisto dei dipendenti e il miglioramento del clima aziendale.

A questo si aggiunge un bando con una dotazione di 600mila euro che Confartigianato Ferrara, con il sostegno diretto di TreCuori, ha deciso di mettere in campo per finanziare Piani di welfare indiretto per le aziende, associate o che intendono associarsi, che ne fanno domanda. Le persone indicate da ogni azienda, dipendenti ma non solo, potranno ottenere un importo di 300 euro erogato in forma di buoni spesa utilizzabili per pagare, con una percentuale che va dal 5% al 50%, beni, prodotti o servizi anche di largo consumo venduti solo da pmi attraverso la piattaforma digitale Marketpass, gestita da TreCuori.

I venditori riceveranno l’intero importo, parte da chi compra e parte da TreCuori. L’iniziativa, oltre a sostenere le famiglie, è finalizzata a trattenere le risorse sul territorio mirando a coinvolgere direttamente gli attori economici. Infatti, a tutte le piccole e medie imprese è concesso il diritto di utilizzare Marketpass per vendere i propri prodotti e servizi.

Il nuovo ufficio welfare è operativo nella sede di via Veneziani, 1/5 a Ferrara, dove un team qualificato è a disposizione delle aziende di qualsiasi dimensione, anche le più piccole, associate e non, che così potranno valutare le migliori strategie e accedere a know-how e a strumenti di welfare su misura rispetto alle esigenze loro, dei loro lavoratori e dei loro territori.

Condividi

Il primo incontro, focalizzato sul coinvolgimento delle attività commerciali operanti nei quartieri di S. Agostino, Mandriola e Ferri, si è svolto giovedì 21 marzo presso la sala riunioni di “Casa Calore” di Albignasego

 

Prende il via il nuovo progetto di Marketing sociale volto a promuovere il commercio locale e contemporaneamente sostenere iniziative sociali, culturali, sportive ed educative nel territorio. Con l’obiettivo di coinvolgere attivamente le attività commerciali del Comune, sono stati organizzati due incontri pubblici dedicati, ai quali sono invitati tutti gli esercenti di Albignasego che desiderano diventare parte della rete di imprese “Responsabili della Città”.

Il commento

«Il marketing sociale è un sistema innovativo di raccolta fondi – spiega Gregori Bottin assessore al commercio – che permette alle imprese di sostenere un progetto sociale promuovendo contemporaneamente il proprio business. È un circolo virtuoso dal quale tutti gli attori possono trarre benefici: le realtà sociali invitano i cittadini ad acquistare nei negozi della rete, i cittadini acquistano nei negozi convenzionati per favorire il progetto che a loro sta a cuore e i negozianti acquisiscono nuovi clienti e donano la percentuale del ricavato stanziato per il progetto». «Durante entrambi gli incontri – continua l’Assessore – verrà presentata nel dettaglio la proposta del marketing sociale che abbiamo studiato proprio per supportare ulteriormente gli esercenti nel promuovere le loro attività nel territorio. L’obiettivo principale da cui siamo partiti è la creazione di relazioni sinergiche tra negozi, cittadini, associazioni e organizzazioni non-profit perchè siamo certi che siano le connessioni la giusta direzione per l’ottenimento di risultati significativi».

Gli incontri

Il primo incontro, focalizzato sul coinvolgimento delle attività commerciali operanti nei quartieri di S. Agostino, Mandriola e Ferri, si è svolto giovedì 21 marzo presso la sala riunioni di “Casa Calore”. Il secondo incontro avrà luogo lunedì 25 marzo, alle 20,45 presso la sala Verdi di Villa Obizzi e sarà principalmente dedicato alle attività commerciali che operano nei quartieri di S. Tommaso, S. Lorenzo, Carpanedo, S. Giacomo e Lion. Il sistema proposto prevede la creazione di pratiche di raccolta fondi continuative a sostegno delle iniziative promosse dalle associazioni non-profit locali, in collaborazione con le attività commerciali del territorio.
Contestualmente, le attività commerciali avranno l’opportunità di promuovere le proprie vendite senza costi fissi.

Condividi

Ecco 600.000 euro per piani di welfare indiretto dedicati alle aziende associate a Confartigianato Imprese Rimini. È una delle risposte per attenuare il contesto economico che stanno vivendo i dipendenti delle piccole e medie imprese e le loro famiglie che, per effetto dell’inflazione, hanno una crescente difficoltà a sostenere le spese quotidiane.

A questo si aggiunge anche il fenomeno della crisi delle stesse PMI che genera un costante impoverimento delle famiglie e del territorio. Per questo, trovare soluzioni in grado di incrementare la capacità di spesa delle famiglie e la prosperità dei territori è una fonte primaria di benessere per cittadini ed imprese.

Buoni spesa da 300 euro

È in questa logica che Confartigianato Rimini con il sostegno diretto di TreCuori, ha inteso mettere in campo una nuova misura finanziando, fino al limite di 600.000 euro, piani di welfare indiretto. Le persone indicate da ogni azienda, dipendenti ma non solo, otterranno un importo di 300 euro erogato in forma di buoni spesa utilizzabili per pagare, con una percentuale che va dal 5% al 50%, beni, prodotti o servizi anche di largo consumo venduti solo da PMI attraverso la piattaforma digitale MarketPass (www.marketpass.org) gestita da TreCuori. Non si tratta di uno sconto concesso dai venditori i quali, infatti, riceveranno l’intero importo, parte da chi compra e parte da TreCuori.

L’iniziativa, oltre a sostenere le famiglie, è finalizzata a trattenere le risorse sul territorio mirando a coinvolgere direttamente gli attori economici. Infatti, a tutte le PMI è concesso il diritto di utilizzare MarketPass per vendere i propri prodotti e servizi.

MarketPass è un modello economico innovativo e recentemente presentato dal CRIET-Centro di Ricerca Interuniversitario in Economia del Territorio, permette solo alle PMI di vendere ed acquistare tra loro beni, prodotti e servizi e non è accessibile alle grandi imprese. “Confartigianato Imprese Rimini – spiega il Segretario Gianluca Capriotti – aggiunge questo strumento che tramite il welfare indiretto sostiene persone e imprese. La misura ci sembra particolarmente utile poiché avrà una ricaduta diretta sulle piccole e medie imprese e anche tutte quelle del nostro territorio potranno intercettare questa nuova domanda contattando direttamente i nostri uffici (e-mail: associativo@confartigianato.rn.it – tel: 0541 760911)”.

Condividi