Decolla un nuovo piano di sostegno al commercio con buoni acquisto da spendere in città e collegati al welfare aziendale

 

LUMEZZANE – Non ci sono solo i contributi comunali (ne abbiamo riferito da questa pagina nei gironi scorsi) a sostenere i negozi di vicinato a Lumezzane. Una nuova iniziativa appena presentata punta a invertire la tendenza del calo dei consumi e a competere con i colossi dell’e-commerce. Si tratta di buoni spesa cartacei del valore di 20, 30 e 50 euro che le aziende pubbliche e private, nell’ambito della propria politica di welfare, cederanno ai dipendenti perché li utilizzino solo nei negozi e nelle attività commerciali valgobbine.

Il progetto, lanciato dall’assessore al Commercio Rocco Ferraro, sta coinvolgendo l’associazione «Lumezzane commercianti insieme» presieduta da Elisabetta Montini attraverso la società benefit «TreCuori» di Treviso, che da tempo mette a disposizione una piattaforma dedicata. Come funziona? Ogni azienda che investe nel welfare per i propri dipendenti ed è interessata a partecipare può acquistare da TreCuori i buoni spesa, nominativi e con il nome dell’impresa, dotati di marchi anticontraffazione e validi fino al 31 dicembre 2026, da consegnare ai lavoratori. Questi ultimi (anche chi lavora a Lumezzane ma non è residente) li possono utilizzare nei negozi del paese acquistando beni e servizi. Gli esercenti invece registrano i buoni spesa (senza pagare alcuna commissione) nella propria area riservata della piattaforma di TreCuori per farsi rimborsare l’importo ogni settimana.

La risposta è buona

I negozi convenzionati? L’adesione è gratuita (è sufficiente compilare un modulo) e al momento sono 52: l’elenco è pubblicato sul sito trecuori.org e accessibile dal menù  «Cerca attività convenzionate», quindi «Welfare aziendale» circoscrivendo la ricerca su Lumezzane. Sono comunque riconoscibili, perché hanno esposto il marchio in vetrina. A puntare su questa iniziativa sono anche Confindustria, Associazione Artigiani, Confapi e Confesercenti che hanno sottoscritto un protocollo d’intesa, e ad aggiungere valore al progetto c’è la sua unicità nel Bresciano.

La «Controparte», è particolarmente attrezzata: «Ogni ora in provincia di Brescia si registrano 1.800 movimenti di vettori dell’e-commerce – ha ricordato durante la presentazione della campagna il direttore di Confesercenti Lombardia orientale Stefano Boni -. Questa iniziativa virtuosa, la prima di questo genere a Brescia, è un segnale concreto per tentare di invertire la tendenza di consumi tradizionali al lumicino».

Tocca agli esercenti

Quale impatto possono avere sull’economia locale i nuovi buoni spesa? «Ogni settimana gestiamo un milione di euro di questi incassi in Italia derivanti da attività su scala locale – hanno aggiunto Katia Cais e Alberto Fraticelli di TreCuori -. Naturalmente per ottenere un buon risultato molto dipende anche dalle capacità dei negozianti di promuoversi in modo efficace tra i potenziali clienti».

Fabio Zizzo

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i buoni spesa TreCuori stanno rivitalizzando il commercio locale - Brescia Oggi

Col progetto di welfare l’azienda dà ai lavoratori i buoni da spendere nei negozi del territorio

 

L’azienda dà i buoni al lavoratore che li spende sul territorio e che, quindi, contribuiscono «attivamente al processo di rinascita dell’economia dei territori». Questo, in sintesi, il circolo attivato dalla nuova iniziativa, che vede come attori l’associazione «Commercianti Lumezzane insieme» e l’assessorato al Commercio, «Welfare di vicinato. I buoni TreCuori: i buoni che “fanno bene” al territorio lumezzanese».

La riunione

Un progetto spiegato all’Odeon, davanti a un pubblico numeroso da Elisabetta Montini, presidente dell’associazione «Commercianti Lumezzanese», dall’assessore al Commercio di Lumezzane Rocco Ferraro e dal direttore di TreCuori Alberto Fraticelli. L’iniziativa è nata dalla collaborazione dell’Amministrazione e associazione e coinvolge imprese, dipendenti e commercianti. Un membro del direttivo dell’associazione valgobbina, unitamente a TreCuori, sono entrati nel dettaglio del funzionamento della piattaforma con una simulazione di incasso del buono. Presenti anche i referenti delle diverse associazioni che hanno già sottoscritto un protocollo d’intesa con il Comune. Confindustria Brescia, Associazione Artigiani, Confapi e Confesercenti. I commercianti presenti hanno mostrato interesse ad avviare questo meccanismo.

I buoni

I «TreCuori» erogati nel pacchetto del welfare aziendale, e quindi forniti ai dipendenti che lavorano a Lumezzane, saranno spendibili nelle attività commerciali del luogo in modo da valorizzare la rete commerciale locale e rivitalizzare le attività presenti sul territorio.

Le aziende pronte ad aderire all’iniziativa sono diverse, ma si prevede un ulteriore sviluppo per gli anni futuri tra chi ha l’interesse ad ampliare il pacchetto welfare.

«Le attività commerciali registrate sul sito trecuori.org – ha ricordato l’assessore Ferraro – ad oggi sono 34, ma si conta arriveranno a 50. L’assessorato ha lanciato l’dea, ora ci affidiamo alle aziende del territorio perché attuino il welfare aziendale o adottino i buoni dell’iniziativa TreCuori».

Angelo Seneci

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I buoni TreCuori per rivitalizzare il commercio locale - Giornale di Brescia

Domani alle 20 nella sala consiliare di Lumezzane verrà presentata l’iniziativa «Welfare di vicinato. I buoni welfare “TreCuori”, i buoni che fanno bene al territorio». Il progetto è promosso dall’assessorato al Commercio del Comune di Lumezzane retto da Rocco Ferraro. «Si tratta – sottolinea Ferraro – di una nuova iniziativa volta a supportare le attività commerciali coinvolgendo imprese, cittadini e commercianti. Un’iniziativa che vuole valorizzare il territorio e supportare la rete commerciale attraverso i buoni welfare TreCuori».

Il progetto ha l’intento di supportare il commercio locale con un benefit per i dipendenti delle aziende che vi aderiscono, da utilizzare sul territorio valgobbino e senza alcun costo aggiuntivo per i commercianti. A dare il loro appoggio divulgativo ai dipendenti sono stati l’Associazione artigiani di Brescia e Provincia, Confesercenti, Confapi Brescia e Confindustria Brescia. A spiegare la valenza dell’iniziativa interverranno Elisabetta Montini Ferraro, l’assessora regionale Simona Tironi e il presidente della Comunità Montana Massimo Ottelli.

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Buoni welfare «TreCuori» per lanciare il commercio - Giornale di Brescia

Nasce il “Protocollo Scudo”, nuovo servizio della società benefit TreCuori. Un modello innovativo che supera l’approccio puramente formale alla sicurezza, puntando a costruire un sistema efficace, pratico, misurabile e integrato nella cultura aziendale

Il programma Protocollo Scudo della società benefit TreCuori si sviluppa su tre pilastri fondamentali: formazione continua, verifica periodica delle competenze e tracciabilità delle azioni adottate. L’obiettivo non è solo garantire il rispetto degli obblighi normativi, ma anche diffondere una cultura della sicurezza radicata a tutti i livelli aziendali aiutando il datore di lavoro a sopperire a possibili carenze informative e circoscrivendo così eventuali responsabilità civili e penali.

Inoltre, grazie a un’integrazione strategica con la Contabilità ESG di TreCuori, l’iniziativa rappresenta un’evoluzione nella gestione del rischio, offrendo alle imprese un modello avanzato per rafforzare la sicurezza, la governance e la sostenibilità aziendale.

Il Protocollo Scudo è uno strumento digitale con due livelli di attivazione: il primo garantisce a tutta la popolazione aziendale l’accesso continuo a materiali formativi interattivi; il secondo introduce anche un sistema avanzato per la verifica delle conoscenze tramite periodici quiz a punti, integrando dei moduli per la segnalazione, il monitoraggio e la gestione dei rischi, dei ‘Near Miss’, delle manutenzioni e dei DPI.

Il sistema non solo assicura il rispetto delle normative, ma permette alle aziende di dimostrare in modo trasparente e documentato il proprio impegno per la sicurezza, riducendo i rischi e rafforzando la conformità legale.

“Il Protocollo Scudo nasce per offrire alle imprese un supporto concreto nella gestione della sicurezza, trasformandola in un elemento strategico e strutturato. In particolare, nei settori ad alto rischio la formazione continua e il monitoraggio costante non sono solo obblighi, ma strumenti essenziali per prevenire gli infortuni e garantire ambienti di lavoro più sicuri. L’approccio adottato consente alle aziende di certificare in modo trasparente il proprio impegno, attraverso un database che documenta e attesta ogni azione intrapresa. Questo tutela i lavoratori, riduce il rischio di incidenti e rafforza la governance aziendale, consolidando la fiducia degli stakeholder e trasformando la sicurezza in un vero valore competitivo”, commenta Giovanni Lucchetta, Amministratore Unico – TreCuori Spa Società Benefit.

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Un innovativo servizio unisce formazione, monitoraggio e tracciabilità per rafforzare la prevenzione degli infortuni, aiutando il datore di lavoro a sopperire a possibili carenze informative e circoscrivendo così eventuali responsabilità civili e penali.

Per migliorare realmente la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali nelle aziende, è fondamentale superare un approccio puramente formale alla sicurezza. Non basta rispettare i requisiti minimi di legge: è necessario costruire un sistema efficace, pratico, misurabile e profondamente integrato nella cultura aziendale.

La sola conformità normativa, seppur indispensabile, non garantisce da sola l’efficacia delle strategie di prevenzione. Un ambiente di lavoro sicuro, sano e sostenibile si realizza attraverso un approccio proattivo, capace di individuare e mitigare i rischi prima che si trasformino in incidenti o malattie professionali.

Questa esigenza è particolarmente sentita nelle piccole e medie imprese, spesso caratterizzate da risorse limitate e una maggiore esposizione ai rischi. In questi contesti, diffondere una cultura della sicurezza a tutti i livelli aziendali diventa cruciale, non solo per tutelare i lavoratori, ma anche per supportare i datori di lavoro nella gestione delle responsabilità civili e penali legate alla sicurezza sul lavoro.

Uno strumento che può offrire alle aziende un supporto concreto nella gestione della sicurezza, trasformandola in un elemento strategico e strutturato, è il “Protocollo Scudo”, sviluppato dalla Società Benefit TreCuori.

Si tratta di un innovativo servizio digitale che si sviluppa su tre pilastri fondamentali: formazione continua, monitoraggio continuo delle competenze e tracciabilità delle azioni adottate.

Un importante strumento che sarà presentato durante l’edizione 2025 della “ Settimana della Sostenibilità” (25-28 marzo 2025, Mogliano Veneto), un evento di riferimento per la diffusione di pratiche sostenibili nel mondo imprenditoriale organizzato da Confindustria Veneto Est.

Per conoscere meglio e approfondire il nuovo “Protocollo Scudo”, poniamo alcune domande a Giovanni Lucchetta, Amministratore Unico di TreCuori Spa Società Benefit.

L’intervista si sofferma sui seguenti argomenti:

  • La Società Benefit TreCuori e gli obiettivi di Protocollo Scudo
  • I tre pilastri fondamentali del servizio digitale Protocollo Scudo
  • La struttura, i livelli di attivazione e i vantaggi di Protocollo Scudo

 

La Società Benefit TreCuori e gli obiettivi di Protocollo Scudo

Prima di entrare nel dettaglio del nuovo strumento, può spiegarci cosa si intende per Società Benefit e presentarci brevemente TreCuori Spa?

Giovanni Lucchetta:  TreCuori è una Società Benefit, ovvero un’impresa che, oltre a perseguire il profitto, si impegna a generare un impatto positivo sulla società e sull’ambiente, integrando questi obiettivi nella propria strategia aziendale. Il nostro scopo è contribuire allo sviluppo e alla prosperità dei territori, favorendo modelli economici più sostenibili e circolari. Nata a Conegliano, TreCuori opera su tutto il territorio nazionale, collaborando con associazioni di categoria, consulenti aziendali e istituzioni locali per sviluppare soluzioni capaci di portare benefici concreti alle imprese, ai lavoratori e alla comunità. Ad oggi, oltre 80.000 persone e 2.000 tra aziende, enti non profit e amministrazioni pubbliche hanno scelto i nostri strumenti per innovare il proprio approccio al welfare, alla sostenibilità e alla gestione delle risorse.

I nostri servizi coprono diverse aree, tutte orientate a generare valore condiviso. Offriamo soluzioni di welfare aziendale e pubblico, che aiutano le imprese a migliorare il benessere dei dipendenti e a rafforzare il legame con il territorio. Ci occupiamo anche di marketing sociale, gestione dei crediti commerciali e creazione di circuiti economici locali, pensati per favorire la collaborazione tra aziende e promuovere il reinvestimento delle risorse all’interno della comunità.

La nostra missione è connettere i diversi attori dell’economia – imprese, lavoratori, comunità e istituzioni – trasformando strumenti gestionali e finanziari in vere leve per la sostenibilità a lungo termine.

Veniamo al “Protocollo Scudo”: con quali obiettivi e per quale target è stato creato questo nuovo servizio digitale?

Giovanni Lucchetta: La sicurezza sul lavoro non è una scartoffia da compilare, né un adempimento burocratico per evitare sanzioni. È una questione di responsabilità concreta, spesso di vita o di morte. Non è più accettabile che nel 2025 si possa ancora perdere una mano, un braccio o persino la vita sul posto di lavoro. Ogni incidente grave non è solo un dato statistico, ma una tragedia che stravolge famiglie intere e segna profondamente anche i datori di lavoro, che si trovano a dover affrontare il peso morale e le conseguenze di una situazione devastante.

Per questo, Protocollo Scudo nasce con un obiettivo chiaro: proteggere le persone, non solo rispettare le regole. TreCuori sentiva di avere le idee, i mezzi e le competenze per fare la differenza e ha scelto di affrontare questo grande problema. Per questo si è impegnata a ideare e sviluppare un modello che non si limitasse a garantire la conformità normativa, ma offrisse un sistema concreto, misurabile ed efficace, capace di trasformare la sicurezza in una priorità aziendale reale e condivisa.

Protocollo Scudo non è solo un supporto tecnico, ma un’opportunità concreta per quei datori di lavoro e per tutti i professionisti della sicurezza che hanno davvero a cuore il benessere delle persone. È pensato per chi, ogni giorno, si assume la responsabilità di tutelare la salute dei lavoratori, consapevole che dietro ognuno di loro ci sono famiglie, figli, affetti e responsabilità. Anche i consulenti e i tecnici della prevenzione svolgono un ruolo cruciale, condividendo con le imprese l’impegno per costruire ambienti di lavoro più sicuri, umani e sostenibili. Un’azienda non vive solo per generare profitti, ma per creare valore umano, promuovere il benessere collettivo e contribuire alla prosperità di chi la anima ogni giorno con il proprio impegno. A queste aziende dedichiamo il nostro servizio: a chi sceglie di fare della sicurezza una scelta di responsabilità, non solo un obbligo da rispettare.

 

I tre pilastri fondamentali del servizio digitale Protocollo Scudo

Il servizio si basa su tre pilastri fondamentali. Partiamo dalla formazione: in che modo il “Protocollo Scudo” aiuta le aziende a migliorare i processi di formazione e informazione in materia di sicurezza sul lavoro?

Giovanni Lucchetta: Viviamo in un’epoca in cui le aziende, soprattutto in alcuni settori, accolgono lavoratori di molte nazionalità, con lingue e sensibilità diverse. Questa diversità rappresenta una grande opportunità, ma anche una sfida complessa che richiede soluzioni inclusive ed efficaci.

Il primo passo per garantire la sicurezza è fornire ad ogni lavoratore, a prescindere dalla sua lingua, le conoscenze necessarie per riconoscere i rischi, adottare comportamenti adeguati e contribuire attivamente alla prevenzione. Gli adempimenti burocratici, spesso complessi e standardizzati, mal si prestano a contesti in cui le barriere linguistiche rendono difficile la comprensione immediata delle informazioni fondamentali. Troppo spesso la formazione sulla sicurezza è vissuta come un obbligo burocratico, ridotta a corsi sporadici che lasciano poco impatto nella realtà quotidiana.

Protocollo Scudo cambia questa prospettiva, trasformando la formazione in un processo continuo, chiaro e realmente accessibile a tutti, indipendentemente dalle barriere linguistiche. Le informazioni vengono fornite in modo tempestivo e strutturato, utilizzando metodologie innovative che favoriscono un apprendimento efficace e immediatamente applicabile. Il servizio integra strumenti digitali e interattivi per rendere i contenuti più fruibili e adattabili alle esigenze specifiche di ogni azienda, garantendo la massima comprensione anche in contesti multilingue. Grazie alla gestione di 63 lingue, con la possibilità di integrarne altre, Protocollo Scudo abbatte le difficoltà linguistiche, assicurando che la sicurezza non sia solo una norma da rispettare, ma un valore compreso, condiviso e, coinvolgendo tutti i lavoratori, si radica progressivamente nella cultura aziendale.

Attraverso un approccio personalizzato, Protocollo Scudo trasforma la formazione in un percorso continuo e strutturato, che evolve con le esigenze aziendali e le nuove sfide in materia di sicurezza. Non si tratta di un semplice aggiornamento periodico, ma di un ecosistema formativo che coinvolge attivamente non solo i lavoratori, ma anche i responsabili della sicurezza e il management, creando consapevolezza e responsabilità diffusa. Perché la sicurezza sul lavoro non dovrebbe mai essere considerato un onere amministrativo, ma un valore imprescindibile per il benessere di tutti.

Il secondo pilastro riguarda il monitoraggio continuo. Come è possibile verificare in modo efficace le competenze e la preparazione del personale aziendale?

Giovanni Lucchetta: Il monitoraggio continuo delle competenze è essenziale per garantire che la formazione non resti confinata alla teoria, ma si traduca in consapevolezza concreta e preparazione operativa.

Protocollo Scudo introduce un sistema automatizzato di verifica periodica attraverso quiz a punti, che consente di valutare e tracciare costantemente il livello di conoscenza di lavoratori, dei responsabili della sicurezza e degli stessi datori di lavoro. Questo approccio supera la logica dei test occasionali, spesso percepiti come meri obblighi formali, trasformando la verifica delle competenze in un processo continuo, dinamico e coinvolgente. I quiz sono progettati per coprire tutte le aree di rischio, adattandosi alle specificità di ogni settore, ruolo e mansione. Gli stessi lavoratori trovano motivante poter dimostrare la propria attenzione e preparazione su un tema tanto cruciale come la sicurezza sul lavoro. Molte aziende scelgono di adottare anche logiche premiali o di gamification, trasformando la formazione in un’esperienza più stimolante e interattiva. Tutto questo stimola la partecipazione attiva dei lavoratori, rendendo l’apprendimento più efficace, motivante e sostenibile nel tempo. Ma non si tratta solo di rendere le verifiche più piacevoli: il sistema restituisce alle aziende dati preziosi in tempo reale, utili per individuare tempestivamente eventuali criticità e attivare azioni mirate di aggiornamento e rinforzo delle competenze. Con Protocollo Scudo, la sicurezza smette di essere un concetto troppo spesso astratto e formale: diventa una competenza reale, monitorata, rinforzata e condivisa ogni giorno.

Il terzo pilastro si concentra sulla tracciabilità e affidabilità. Come può un’azienda certificare e dimostrare concretamente il proprio impegno in materia di salute e sicurezza, anche in sede giudiziaria?

Giovanni Lucchetta: La tracciabilità e l’affidabilità delle azioni intraprese da un’azienda in materia di sicurezza sul lavoro sono elementi fondamentali. Non solo per garantire la tutela concreta dei lavoratori, ma anche per certificare in modo chiaro, trasparente e documentabile l’impegno dell’impresa verso una sicurezza reale e non solo formale. In caso di incidente, le aziende sono spesso chiamate a dimostrare di aver messo in atto tutte le misure necessarie alla prevenzione. Ma farlo può diventare estremamente complesso se le informazioni non sono state raccolte in modo strutturato, sistematico e non alterabile.

Con Protocollo Scudo, entra in gioco un sistema avanzato di gestione basato su un database certificato e non modificabile, che consente di tracciare in modo preciso e verificabile ogni azione svolta dall’azienda in ambito salute e sicurezza. Tutte le attività – dalla formazione agli aggiornamenti, dai test di verifica alle comunicazioni interne – vengono archiviate in un registro digitale sicuro, che costituisce una prova inequivocabile delle misure adottate. Questa innovazione consente non solo di gestire efficacemente i processi interni, tenere aggiornati i registri e individuare tempestivamente le aree di miglioramento, ma rappresenta anche una tutela concreta in caso di verifiche ispettive o contenziosi legali. Grazie a un sistema di registrazione trasparente, certificato e inattaccabile, Protocollo Scudo offre alle imprese uno strumento concreto per dimostrare il proprio impegno nella prevenzione degli infortuni, rafforzando la loro reputazione di affidabilità, serietà e responsabilità.

La struttura, i livelli di attivazione e i vantaggi di Protocollo Scudo

Come si sviluppa concretamente il servizio digitale “Protocollo Scudo”? È strutturato in diversi livelli? 

Giovanni Lucchetta: Le aziende variano per dimensioni, settori operativi e livelli di rischio, ed è per questo che non esiste una soluzione unica valida per tutte. Per rispondere in modo mirato a questa complessità, Protocollo Scudo si configura come uno strumento digitale flessibile, strutturato su due livelli di attivazione e arricchito da moduli progressivamente implementabili, così da adattarsi in modo efficace alle diverse esigenze operative, organizzative e normative di ogni impresa in tema di sicurezza sul lavoro.

Il primo livello garantisce a tutta la popolazione aziendale un accesso continuo a contenuti informativi interattivi, progettati per essere chiari, coinvolgenti e facilmente fruibili. L’obiettivo è quello di favorire l’apprendimento attivo e continuo, permettendo a ogni lavoratore di acquisire e mantenere aggiornate le proprie competenze in materia di sicurezza. In questo modo si promuove una cultura della prevenzione diffusa e radicata all’interno dell’organizzazione.

Il secondo livello introduce funzionalità avanzate per la verifica delle competenze e la gestione dei rischi. Attraverso quiz periodici a punti, le aziende possono monitorare costantemente il livello di preparazione dei singoli dipendenti, trasformando la valutazione in un processo continuo e motivante. Oltre alla verifica, il sistema include progressivamente moduli specifici per la segnalazione e il monitoraggio dei rischi, la gestione dei Near Miss, ovvero eventi sfiorati che avrebbero potuto causare incidenti, la pianificazione delle manutenzioni, le richieste di manutenzione ed il controllo dell’utilizzo dei Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) ed altro ancora.

Grazie a questa struttura modulare, Protocollo Scudo si adatta alla complessità operativa delle aziende, fornendo strumenti concreti per migliorare la prevenzione, il coinvolgimento e la responsabilità condivisa.

Il servizio è integrato con la Contabilità ESG di TreCuori. Può spiegarci cosa significa e quali vantaggi offre questa integrazione per le aziende?

 Giovanni Lucchetta: La sicurezza sul lavoro è un elemento essenziale della sostenibilità e, in quanto tale, merita di essere misurata e rendicontata con precisione. Non si tratta solo di tutelare i lavoratori, ma di dimostrare in modo concreto l’impegno dell’impresa verso pratiche responsabili e orientate al lungo periodo.

Grazie all’integrazione con la Contabilità ESG, un altro servizio esclusivo sviluppato da TreCuori, Protocollo Scudo consente alle aziende di monitorare, documentare e valorizzare tutte le azioni legate alla sicurezza sul lavoro, inserendole in un contesto più ampio di sostenibilità ambientale, sociale e di governance. In questo modo, le attività quotidiane di prevenzione e protezione diventano dati strutturati e indicatori oggettivi, direttamente utilizzabili nei report ESG e pienamente coerenti con gli standard richiesti da investitori, stakeholder e dalle normative europee in materia di trasparenza e responsabilità aziendale.

L’interconnessione tra sicurezza e metriche ESG offre alle imprese una visione integrata e strategica dei propri processi. Ciò consente non solo di rafforzare la prevenzione e la protezione dei lavoratori, ma anche di migliorare trasparenza, reputazione e competitività sul mercato. In un contesto in cui la responsabilità sociale diventa sempre più determinante, poter dimostrare un impegno tangibile attraverso dati concreti rappresenta un vantaggio competitivo reale. Protocollo Scudo aiuta così le aziende a fare della sicurezza un valore, sostenibile, tracciabile e riconosciuto.

Il “Protocollo Scudo” sarà presentato ufficialmente durante la Settimana della Sostenibilità di Confindustria Veneto Est. Quali sono i principali benefici per le aziende che adotteranno questo strumento?

Giovanni Lucchetta: Siamo orgogliosi di presentare ufficialmente questo strumento in occasione della Settimana della Sostenibilità di Confindustria Veneto Est, un evento di riferimento per il mondo imprenditoriale della Regione Veneto, che coinvolge aziende, esperti e istituzioni nel confronto su pratiche sostenibili e soluzioni innovative. Questo contesto rappresenta l’opportunità ideale per mostrare a professionisti e imprese, come Protocollo Scudo possa diventare uno strumento strategico e operativo per la gestione della sicurezza, integrandola in modo strutturale e consapevole nei processi quotidiani dell’organizzazione.

Come pensate di proporre il vostro servizio?

Giovanni Lucchetta: L’infrastruttura che abbiamo costruito mira a rendere possibile un utilizzo diffuso del programma. L’obiettivo è che il maggior numero possibile di aziende possa beneficiare concretamente di questo strumento. Per raggiungere tale scopo preferiamo collaborare con i professionisti che affiancano le aziende in ambito sicurezza, così come già facciamo con successo anche nel campo del welfare.

Il nostro programma non si pone quindi come sostitutivo del ruolo del consulente, bensì come uno strumento integrativo che valorizza e potenzia la sua attività. Il professionista è insostituibile e continua a rivestire un ruolo centrale nel rapporto con l’impresa e, se lo desidera, può contare sul nostro supporto per rendere la propria consulenza ancora più efficace e incisiva. Aspiriamo ad essere un partner affidabile per i consulenti, lavorare al loro fianco e fornire strumenti che li aiutino a diffondere una cultura della sicurezza più profonda e consapevole, con benefici concreti per tutto il sistema produttivo.

Sei interessato a cogliere queste opportunità? Contatta TreCuori Spa Società Benefit senza impegno al n. 0438 095375 o scrivendo a sicurezza.avanzata@trecuori.org

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Le cause: e-commerce, ipermercati, caro affitti. Mario Pozza (Camera di Commercio di Treviso e Belluno): «Tassare chi tiene sfitto»

 

Vetrine vuote, saracinesche abbassate, cartelli di «cessata attività»: in 12 mesi, dall’1 gennaio al 31 dicembre 2024, il Veneto ha visto morire più di 1.500 negozi. Per la maggior parte, si tratta di attività nei centri storici, molti nei Comuni capoluogo, moltissimi nei centri di media grandezza e nei paesi. Chi spegne la candela? Soprattutto i titolari di negozi di abbigliamento e scarpe, articoli sportivi, libri, dischi e prodotti per la casa, infine le nicchie di commercio al dettaglio…

I numeri

I numeri, elaborati dall’ufficio studi della Camera di commercio di Treviso-Belluno, da soli descrivono la crisi del «negozio tradizionale». Vie dello shopping, porticati, piazze e piazzette: un tessuto economico che si lacera, con ripercussioni sulla vivibilità di città e paesi, sulla sicurezza, il decoro e, buon ultimo, l’appeal turistico. Le unità attive nel commercio al dettaglio (leggi negozi) in Veneto, al 31 dicembre scorso, sono 62.3441.553 in meno di quante erano l’1 gennaio 2024. Venezia ha perso 202 negozi, 56 nel capoluogo e 146 nel resto della provincia. Treviso ne ha persi di più, 265, con distribuzione simile: pochi (-29) nella città e molti (-236) in provincia. L’emorragia di Padova tocca quota 294 ma ha «logica» diversa: 102 le attività cessate nel capoluogo, 192 quelle in provincia. Verona assomiglia a Padova, con numeri maggiori (sono anche i peggiori in regione): 403 attività perdute nell’anno, 171 in città e 232 negli altri Comuni. La distribuzione delle chiusure di Vicenza sta a metà tra quelle descritte: il -137 è per quasi un terzo (-40) nel capoluogo; alla provincia le altre 97 cessazioni. Ultime Belluno e Rovigo, che, insieme, segnano un rosso di 352 unità commerciali, 60 nei capoluoghi.

Le cause

Dai numeri alle cause. «Sono quelle che sappiamo – dice Mario Pozza, presidente della Camera di commercio di Treviso e Belluno -. I negozi tradizionali pagano la concorrenza dell’e-commerce e dei centri commerciali, che si somma alla perdita di potere d’acquisto degli italiani. Poi c’è il grande tema del caro affitti…». Cristina Giussani, presidente Confesercenti Veneto, aggiunge un ceppo: «Non dobbiamo sottovalutare come, oggi, le maggiori difficoltà dei negozi nascano anche da un credito sempre più asfittico, oltre che da un mercato sempre più difficile». Un mattone anche da Patrizio Bertin: «Gli affitti sono sicuramente un fattore – spiega il presidente di Ascom Confcommercio Padova – ma anche il ricambio generazionale pesa molto e incidono i margini sempre più stretti».

Gli incassi giù del 30 per cento

Entrate e margini, un dato dal Trevigiano: «Il 2024 – voce di Gianni Taffarello, direttore Confesercenti Treviso – ha segnato una riduzione di incassi media del 30%, se rapportata all’anno precedente (dato del Centro studi di Confesercenti Treviso, ndr). Dopo il 2023, che sembrava essere l’anno della ripresa post Covid, questo rimbalzo ha contribuito a creare insicurezza tra gli operatori…». Si salva dalla bufera chi ha la «fortuna» di potersi calare nel doppio abito di negoziante e proprietario del/dei locali, ma siamo alla riserva indiana o quasi. Tutti gli altri girano dentro un gioco in cui diffidenze reciproche e paure complicano tremendamente il rapporto tra locatori e locatari. «Senza ampie garanzie, è meglio tenere vuotoche affittare», dicono i primi. Risposta: «Se pretendete la luna…».

Il modello di città

Resta spazio per le possibili risposte al problema. Prima, però, l’invito di Giussani a una «riflessione etica: che città vogliamo? È la prima domanda a cui dobbiamo rispondere noi cittadini e istituzioni. Le decisioni politiche che negli anni hanno avvantaggiato il proliferare dei centri commerciali a ridosso delle città, cui si è sommata la crescita esponenziale del commercio on line senza un’adeguata legislazione, hanno compromesso i negozi di vicinato – argomenta la numero uno di Confesercenti -. Ma anche il singolo comportamento fa la differenza: dove acquisto? Dobbiamo essere consapevoli che l’acquisto porta delle conseguenze, che sono già sotto gli occhi di tutti, con alcune aree delle nostre città desertificate, lasciate sporche e buie perché chiuse, con fenomeni di microcriminalità in aumento e l’abbassamento del valore dei negozi stessi e delle abitazioni limitrofe».

I locali sfitti

Su queste ultime considerazioni si innesta la proposta di Mario Pozza: «Bisogna rendere più appetibile l’affittare negozi, questo è il punto. Come? Alleggerendo la tassazione quando lo spazio è affittato; aumentandola, invece, quando il negozio è vuoto. Abbiamo già dei modelli in questo senso. A New York, ad esempio, se possiedi un negozio chiuso paghi una tassazione maggiore rispetto a quella richiesta se fosse aperto. Vale per spazi in centro e periferia, ovviamente con importi maggiori o minori a seconda del valore commerciale della zona e del negozio stesso». Domanda: possibile che, falciati i negozi storici, i giganti planetari del commercio stiano già abbattendo l’anello superiore? Ancora Pozza: «C’è una turnazione anche all’interno dei centri commerciali, che subiscono a loro volta la concorrenza dell’e-commerce. Perfino l’outlet di Noventa di Piave – da quanto so – è toccato dal problema. L’abbiamo visto negli Stati Uniti, del resto: quanti centri commerciali hanno chiuso e quanti danni, anche ambientali e sociali, queste chiusure abbiano comportato…».

Renato Piva

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Crisi dei negozi in Veneto: Corriere del Veneto

BELLUNO – In un anno nero per il caffè, con costi saliti alle stelle della materia prima, la bellunese Procaffè (che qui possiede il marchio Bristot) afferma di puntare sul benessere dei dipendenti, elemento strategico di un’impresa.

Il gruppo, da 50 milioni di euro di fatturato, impiega circa 150 persone, tra dipendenti e collaboratori tra Italia ed estero. L’export tocca ben 65 paesi del mondo.

Procaffè ha ottenuto la certificazione per la parità di genere rilasciata dall’Ente certificatore IMQ: nello stabilimento bellunese le collaboratrici sono oggi il 37% dei dipendenti e possono contare su flessibilità, competitività e pari opportunità di carriera, tramite istituti che le aiutano a conciliare vita e carriera.

Un altro aspetto riguarda la responsabilizzazione delle persone e la scommessa sullo smartworking come strumento capace di accrescere l’autonomia e la gestione per progetti facilitando le persone negli aspetti della vita non lavorativa e affettiva. Nel 2024 l’azienda ha siglato degli accordi sindacali di secondo livello che hanno riguardato, tra le altre cose, anche il lavoro da remoto e il welfare aziendale: il 70% dei collaboratori con mansione impiegatizia potrà usufruire dello smartworking fino a 3 giorni alla settimana. Un risultato reso possibile grazie anche a importanti investimenti tecnologici sull’infrastruttura informatica.

Grazie a questi accordi sono stati aumentati e resi fissi alcuni elementi variabili all’interno della retribuzione. È stata inoltre aperta la piattaforma welfare TreCuori, dove verrà caricato un importo variabile sulla base del raggiungimento di determinati obiettivi di bilancio.

La scelta di TreCuori non è casuale: la piattaforma, sviluppata da un gruppo di giovani di Conegliano Veneto, è nota tra le realtà di servizi welfare per favorire la spesa dei benefit aziendali presso esercizi commerciali fisici del proprio territorio, favorendo così l’economia di prossimità con importanti ricadute positive per il bellunese.

«L’impegno per la valorizzazione delle risorse umane – commenta Boris Battistella, chief financial officer di Procaffè – è un caposaldo della nostra visione e si inserisce in un percorso di modernizzazione intrapreso dal Gruppo per consolidare la sua crescita e traguardare al meglio il futuro».

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Procaffè sceglie TreCuori come piattaforma welfare per i propri collaboratori

In Italia, dove le disuguaglianze economiche e l’accesso ai consumi sostenibili sono temi sempre più urgenti, alcune piccole e medie imprese stanno promuovendo un cambiamento tangibile. Tra queste, Rifò e TreCuori si distinguono per le loro iniziative concrete di sostenibilità e inclusione, dimostrando come welfare aziendale ed economia circolare possano rispondere a sfide sociali e ambientali. Di seguito, un’analisi di come queste due aziende italiane stiano affrontando questioni di accessibilità economica e disparità sociale.

Consumi Sostenibili e Accessibilità Economica

In Italia, il costo medio dei prodotti sostenibili è spesso fuori portata per molte famiglie, con il 52% degli italiani che fatica ad accedere a questi beni. Rifò, marchio di moda circolare con sede nel distretto tessile di Prato, sta cercando di rendere il consumo responsabile più accessibile grazie a un modello di economia circolare. Nel 2023, Rifò ha riciclato 14,1 tonnellate di fibre tessili, risparmiando così oltre 28.000 litri di acqua e riducendo le emissioni di CO₂ di 22.5 tonnellate, pari al consumo annuale di energia di circa 60 abitazioni.

Per favorire la partecipazione dei clienti a un ciclo di consumo sostenibile, Rifò offre un servizio di “take-back” che ha raccolto più di 20.450 capi usati, registrando un aumento del 14% rispetto all’anno precedente. I materiali recuperati sono stati trasformati in nuovi prodotti, con il 78% delle fibre derivanti da rifiuti post-consumo, garantendo una vera economia circolare. Inoltre, il 98% dei fornitori di Rifò si trova entro un raggio di 30 km dalla sede, riducendo le emissioni legate ai trasporti di quasi il 15% rispetto alla media nazionale.

Anche la scelta delle materie prime è orientata verso la sostenibilità e il territorio: oltre il 70% dei materiali impiegati proviene dal distretto di Prato, noto per l’alta qualità dei filati rigenerati. L’approccio di Rifò alla produzione locale non solo abbassa i costi, ma consente di offrire capi sostenibili a prezzi competitivi, ampliando l’accessibilità ai consumi responsabili.

Inclusione Lavorativa e Sostenibilità nelle PMI

Oltre all’accesso ai consumi, anche la qualità dell’occupazione è fondamentale per migliorare il benessere delle famiglie italiane. TreCuori, PMI di Conegliano Veneto attiva nel welfare aziendale, si distingue per il suo impegno concreto verso l’inclusione dei dipendenti e il sostegno alle comunità locali. La copertura sanitaria offerta da TreCuori nel 2023 ha beneficiato il 94% dei dipendenti, mentre il 73% dei lavoratori ha usufruito di programmi di conciliazione vita-lavoro, come orari flessibili e supporto alla famiglia, migliorando la qualità della vita lavorativa.

TreCuori acquista il 63% dei suoi servizi da imprese locali, contribuendo così all’economia del territorio con un impatto diretto stimato di circa 250.000 euro annui. Inoltre, la politica di formazione continua ha portato i dipendenti a completare 800 ore di corsi, con il 45% del personale che ha seguito almeno due programmi di aggiornamento nel corso dell’anno. Queste iniziative non solo migliorano le competenze dei lavoratori, ma favoriscono la stabilità occupazionale e le possibilità di avanzamento.

Per rafforzare il sostegno ai lavoratori, TreCuori destina il 5% del fatturato ad attività di welfare aziendale, una cifra che copre anche i benefit per i familiari dei dipendenti, come il supporto scolastico e l’accesso a servizi sanitari aggiuntivi. Questo investimento, insieme alla promozione di contratti stabili, contribuisce a ridurre le disuguaglianze economiche, garantendo ai dipendenti e alle loro famiglie una maggiore sicurezza economica e una qualità della vita superiore.

Verso una Ripresa Equa e Sostenibile

L’esperienza di Rifò e TreCuori mostra che sostenibilità e inclusione lavorativa possono generare benefici sociali ed economici concreti. Rifò, con il suo impegno nel riciclo dei materiali e nella filiera corta, contribuisce a un modello di moda circolare che valorizza l’economia locale, riduce i rifiuti tessili e abbassa le emissioni di CO₂. TreCuori, invece, investe costantemente nel benessere dei propri dipendenti, offrendo una copertura sanitaria completa e programmi di formazione, e supportando le comunità locali tramite l’acquisto di servizi da fornitori vicini.

Questi modelli rappresentano una risposta alle sfide sociali del nostro tempo, dimostrando che è possibile combinare sostenibilità ambientale e inclusione economica in modo efficace. Le azioni intraprese da Rifò e TreCuori riflettono un approccio sostenibile che non solo tutela l’ambiente, ma crea opportunità di sviluppo per le persone e per i territori, rendendo la sostenibilità accessibile e inclusiva.

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Linkedin: articolo sulla sostenibilità e inclusione lavorativa

Dal 2018 al 2023 le attività di vicinato si sono ridotte dell’8 per cento. Ecco i Comuni più penalizzati. Città impoverite e residenti costretti a spostarsi

 

Il convegno

MIRA –  I negozi di vicinato o i minimercati diminuiscono anno per anno in provincia di Venezia e la popolazione invecchia: dalla Camera di Commercio di Venezia e Rovigo l’invito agli enti locali ad affrontare il problema all’interno del dibattito sulla rigenerazione urbana. Il territorio del Veneziano ha una sua peculiarità, diviso tra problemi di sovraffollamento turistico a Venezia e la desertificazione dei centri urbani limitrofi. Questo quanto emerso durante il convegno intitolato “Rigenerazione urbana: sostenibilità e innovazione” organizzato dalla Camera di Commercio Venezia e Rovigo a villa Widmann a Mira. Un dialogo che ha visto la partecipazione di istituzioni, esperti, amministratori locali, rappresentanti del mondo accademico e associazioni di categoria impegnati ad affrontare assieme le sfide ambientali, economiche e sociali dal cambiamento climatico, alla desertificazione commerciale dei centri urbani fino alla denatalità.

Nel corso dell’incontro aperto da Massimo Zanon, presidente della Camera di Commercio di Venezia Rovigo hanno partecipato tra gli altri Massimo Cavazzana, sindaco di Tribano (Padova) in rappresentanza dell’Anci Veneto, e Massimiliano De Martin, assessore all’Ambiente del Comune di Venezia, ma anche, da remoto, l’ex parlamentare e ambientalista Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola per la tutela della qualità Italiane, la viceministro Vannia Gava da remoto e Alessandro Rinaldi, professionista del Centro Studi delle Camere di Commercio “Guglielmo Tagliacarne”.

Lo studio

Quest’ultimo in particolare ha illustrato alcuni dati relativi ai negozi di vicinato degli ultimi anni ponendo l’accento sul ruolo cruciale delle città nel contrastare la desertificazione commerciale e il degrado urbano.

«Gli esercizi di vicinato nei Comuni della città metropolitana di Venezia tra il 2018 e il 2023 sono diminuiti dell’8,1 per cento – ha spiegato Rinaldi – con variazioni percentuali negative più rilevanti come a Stra, Campagna Lupia, Fossalta di Portogruaro e Salzano. In questi Comuni sono in diminuzione non solo i negozi di vicinato ma anche farmacie e servizi fino a bar e ristoranti.

Nello stesso periodo la popolazione totale è diminuita e contestualmente sono aumentati gli over 65 anni con l’incidenza più alta nei Comuni di Cavarzere e Cona. Centri urbani privi di servizi significa che i cittadini devono prendere l’auto per recarsi altrove, con aumento del traffico e dell’inquinamento. Ecco perché – ha sottolineato lo studioso – parlare di rigenerazione urbana non significa solo parlare di urbanistica ma anche ripensare strutture e servizi per un futuro più sostenibile».

Il futuro

Massimo Cavazzana presidente della Consulta dell’Anci Veneto – Urbanistica, politiche abitative, lavori pubblici e sindaco di Tribano, facendo riferimento alla Legge 50 sulla la riqualificazione urbana e la rinaturalizzazione del territorio ha invitato ad una riflessione sul futuro dei Comuni nei prossimi decenni. «Con il Pnrr stiamo investendo in asili e scuole nonostante i numeri che riguardano il calo demografico, lo spopolamento dei piccoli centri e la perdita dei servizi e la denatalità siano impietosi – ha avvertito Cavazzana. – Asili e scuole che fine faranno? E senza i servizi necessari come faremo a impedire lo spopolamento dei centri urbani? Questi temi devono essere affrontati rapidamente e dobbiamo trovare delle soluzioni altrettanto rapide per far sì che le realtà urbane non si spopolino definitivamente».

Al dibattito successivo, moderato dal giornalista Marco Gisotti sono poi intervenuti gli urbanisti Filippo Magni e Gianfranco Pozzer dell’Università Iuav di Venezia, Alberto Marchiori, rappresentante di Confcommercio a Bruxelles ed il Tenente Colonnello Enrico Risottino comandante gruppo Carabinieri per la Tutela Ambientale e Sicurezza Energetica di Venezia. «Il rapporto tra città e commercio ha caratterizzato secoli di crescita dell’una e dell’altro – ha concluso l’incontro il presidente di Confcommercio Zanon – ma ora il meccanismo è saltato e bisogna pensare a rigenerare la città ma soprattutto i paesetti, le frazioni, le periferie per contrastare la progressiva desertificazione commerciale che risale fino al centro della città impoverendola».

Luisa Giantin

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Rigenerazione urbana: Articolo de "Il Gazzettino"

È questa la missione di TreCuori, società nata nel 2013 e diventata un soggetto di riferimento a livello nazionale

 

Nuovi scenari

VENEZIA – Un modo per salvaguardare l’economia locale e supportare negozi e servizi presenti sul territorio. È questa la missione di TreCuori, società benefit nata nel 2013 nel Trevigiano e diventata oggi un soggetto di riferimento a livello nazionale nel settore del welfare aziendale.

Una delle caratteristiche di questa piattaforma è quella di fornire ai lavoratori l’opportunità di scegliere gli erogatori a cui rivolgersi per ottenere i propri benefit aziendali, ossia quella serie di beni e di servizi che le aziende offrono ai propri dipendenti al di fuori dello stipendio mensile previsto in busta paga. Servizi che riguardano vari ambiti, quali l’assistenza sanitaria, i buoni pasto e acquisto, i buoni per lo sport e per il tempo libero, nonché quelli per la scuola e per il trasporto pubblico, fino all’assistenza per gli anziani, servizio di babysitting e viaggi.

È di 11 milioni di euro il valore delle spese effettuate, attraverso il welfare TreCuori fornito dalle aziende, nella provincia veneziana dal 2013 fino ad oggi; oltre 200 sono invece le aziende che, sempre nel Veneziano, hanno fornito welfare ai propri dipendenti.

Seimila dipendenti

Più di 6mila i lavoratori che hanno beneficiato della proposta territoriale TreCuori, mentre oltre 1000 sono i fornitori dei servizi che, all’interno del territorio, hanno incassato spese welfare senza pagare alcuna commissione. Buoni di particolare interesse per l’efficacia che riversano sul territorio di riferimento, favorendo il coinvolgimento gratuito di piccoli esercenti e di artigiani locali. Gli stessi che, nell’intera provincia veneziana, raggiungono il centinaio di presenze.

Rispetto alle altre opportunità messe a disposizione dei dipendenti aziendali e delle loro famiglie, quelle aderenti a TreCuori non sono sottoposte a vincoli predeterminati o a specifici fornitori. Il che significa che, man mano che i lavoratori segnalano e gli esercenti si accreditano, sul sito online di TreCuori il dipendente ha la possibilità di individuare la lista dei vari negozi di vicinato e servizi messi a sua disposizione. Non solo, il singolo può anche arrivare a chiedere alla propria azienda l’accreditamento di determinate realtà a lui più congeniali.

È chiaro che in questo modo la maggior parte delle spese realizzate con i benefit riesce a circolare all’interno del proprio territorio o del proprio Comune. Questa d’altronde è la mission della piattaforma, che si propone di andare incontro non solo alle esigenze e alle richieste dei dipendenti, ma anche di portare benefici al territorio di riferimento.

E sono tante le aziende che scelgono il welfare territoriale di TreCuori proprio perché ne condividono l’obiettivo finale: contribuire a trattenere le risorse e riattivare l’economia di prossimità, favorendo così la sopravvivenza del commercio locale. In questo modo contrastando il processo di desertificazione al quale sono sottoposti i centri urbani e creando un circolo virtuoso tra le aziende e i fornitori di prossimità.

Negozi e botteghe di quartiere dove, così facendo, andare a fare la spesa diventa per le famiglie molto più conveniente. Qui si può spendere la “dote” messa a disposizione dall’azienda, rimettendo in circolo le risorse proprio dove queste ultime vengono prodotte.

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Benefit aziendali e salvaguardare l'economia locale: la missione di TreCuori, società diventata un soggetto di riferimento a livello nazionale