Le cause: e-commerce, ipermercati, caro affitti. Mario Pozza (Camera di Commercio di Treviso e Belluno): «Tassare chi tiene sfitto»

 

Vetrine vuote, saracinesche abbassate, cartelli di «cessata attività»: in 12 mesi, dall’1 gennaio al 31 dicembre 2024, il Veneto ha visto morire più di 1.500 negozi. Per la maggior parte, si tratta di attività nei centri storici, molti nei Comuni capoluogo, moltissimi nei centri di media grandezza e nei paesi. Chi spegne la candela? Soprattutto i titolari di negozi di abbigliamento e scarpe, articoli sportivi, libri, dischi e prodotti per la casa, infine le nicchie di commercio al dettaglio…

I numeri

I numeri, elaborati dall’ufficio studi della Camera di commercio di Treviso-Belluno, da soli descrivono la crisi del «negozio tradizionale». Vie dello shopping, porticati, piazze e piazzette: un tessuto economico che si lacera, con ripercussioni sulla vivibilità di città e paesi, sulla sicurezza, il decoro e, buon ultimo, l’appeal turistico. Le unità attive nel commercio al dettaglio (leggi negozi) in Veneto, al 31 dicembre scorso, sono 62.3441.553 in meno di quante erano l’1 gennaio 2024. Venezia ha perso 202 negozi, 56 nel capoluogo e 146 nel resto della provincia. Treviso ne ha persi di più, 265, con distribuzione simile: pochi (-29) nella città e molti (-236) in provincia. L’emorragia di Padova tocca quota 294 ma ha «logica» diversa: 102 le attività cessate nel capoluogo, 192 quelle in provincia. Verona assomiglia a Padova, con numeri maggiori (sono anche i peggiori in regione): 403 attività perdute nell’anno, 171 in città e 232 negli altri Comuni. La distribuzione delle chiusure di Vicenza sta a metà tra quelle descritte: il -137 è per quasi un terzo (-40) nel capoluogo; alla provincia le altre 97 cessazioni. Ultime Belluno e Rovigo, che, insieme, segnano un rosso di 352 unità commerciali, 60 nei capoluoghi.

Le cause

Dai numeri alle cause. «Sono quelle che sappiamo – dice Mario Pozza, presidente della Camera di commercio di Treviso e Belluno -. I negozi tradizionali pagano la concorrenza dell’e-commerce e dei centri commerciali, che si somma alla perdita di potere d’acquisto degli italiani. Poi c’è il grande tema del caro affitti…». Cristina Giussani, presidente Confesercenti Veneto, aggiunge un ceppo: «Non dobbiamo sottovalutare come, oggi, le maggiori difficoltà dei negozi nascano anche da un credito sempre più asfittico, oltre che da un mercato sempre più difficile». Un mattone anche da Patrizio Bertin: «Gli affitti sono sicuramente un fattore – spiega il presidente di Ascom Confcommercio Padova – ma anche il ricambio generazionale pesa molto e incidono i margini sempre più stretti».

Gli incassi giù del 30 per cento

Entrate e margini, un dato dal Trevigiano: «Il 2024 – voce di Gianni Taffarello, direttore Confesercenti Treviso – ha segnato una riduzione di incassi media del 30%, se rapportata all’anno precedente (dato del Centro studi di Confesercenti Treviso, ndr). Dopo il 2023, che sembrava essere l’anno della ripresa post Covid, questo rimbalzo ha contribuito a creare insicurezza tra gli operatori…». Si salva dalla bufera chi ha la «fortuna» di potersi calare nel doppio abito di negoziante e proprietario del/dei locali, ma siamo alla riserva indiana o quasi. Tutti gli altri girano dentro un gioco in cui diffidenze reciproche e paure complicano tremendamente il rapporto tra locatori e locatari. «Senza ampie garanzie, è meglio tenere vuotoche affittare», dicono i primi. Risposta: «Se pretendete la luna…».

Il modello di città

Resta spazio per le possibili risposte al problema. Prima, però, l’invito di Giussani a una «riflessione etica: che città vogliamo? È la prima domanda a cui dobbiamo rispondere noi cittadini e istituzioni. Le decisioni politiche che negli anni hanno avvantaggiato il proliferare dei centri commerciali a ridosso delle città, cui si è sommata la crescita esponenziale del commercio on line senza un’adeguata legislazione, hanno compromesso i negozi di vicinato – argomenta la numero uno di Confesercenti -. Ma anche il singolo comportamento fa la differenza: dove acquisto? Dobbiamo essere consapevoli che l’acquisto porta delle conseguenze, che sono già sotto gli occhi di tutti, con alcune aree delle nostre città desertificate, lasciate sporche e buie perché chiuse, con fenomeni di microcriminalità in aumento e l’abbassamento del valore dei negozi stessi e delle abitazioni limitrofe».

I locali sfitti

Su queste ultime considerazioni si innesta la proposta di Mario Pozza: «Bisogna rendere più appetibile l’affittare negozi, questo è il punto. Come? Alleggerendo la tassazione quando lo spazio è affittato; aumentandola, invece, quando il negozio è vuoto. Abbiamo già dei modelli in questo senso. A New York, ad esempio, se possiedi un negozio chiuso paghi una tassazione maggiore rispetto a quella richiesta se fosse aperto. Vale per spazi in centro e periferia, ovviamente con importi maggiori o minori a seconda del valore commerciale della zona e del negozio stesso». Domanda: possibile che, falciati i negozi storici, i giganti planetari del commercio stiano già abbattendo l’anello superiore? Ancora Pozza: «C’è una turnazione anche all’interno dei centri commerciali, che subiscono a loro volta la concorrenza dell’e-commerce. Perfino l’outlet di Noventa di Piave – da quanto so – è toccato dal problema. L’abbiamo visto negli Stati Uniti, del resto: quanti centri commerciali hanno chiuso e quanti danni, anche ambientali e sociali, queste chiusure abbiano comportato…».

Renato Piva

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Crisi dei negozi in Veneto: Corriere del Veneto

BELLUNO – In un anno nero per il caffè, con costi saliti alle stelle della materia prima, la bellunese Procaffè (che qui possiede il marchio Bristot) afferma di puntare sul benessere dei dipendenti, elemento strategico di un’impresa.

Il gruppo, da 50 milioni di euro di fatturato, impiega circa 150 persone, tra dipendenti e collaboratori tra Italia ed estero. L’export tocca ben 65 paesi del mondo.

Procaffè ha ottenuto la certificazione per la parità di genere rilasciata dall’Ente certificatore IMQ: nello stabilimento bellunese le collaboratrici sono oggi il 37% dei dipendenti e possono contare su flessibilità, competitività e pari opportunità di carriera, tramite istituti che le aiutano a conciliare vita e carriera.

Un altro aspetto riguarda la responsabilizzazione delle persone e la scommessa sullo smartworking come strumento capace di accrescere l’autonomia e la gestione per progetti facilitando le persone negli aspetti della vita non lavorativa e affettiva. Nel 2024 l’azienda ha siglato degli accordi sindacali di secondo livello che hanno riguardato, tra le altre cose, anche il lavoro da remoto e il welfare aziendale: il 70% dei collaboratori con mansione impiegatizia potrà usufruire dello smartworking fino a 3 giorni alla settimana. Un risultato reso possibile grazie anche a importanti investimenti tecnologici sull’infrastruttura informatica.

Grazie a questi accordi sono stati aumentati e resi fissi alcuni elementi variabili all’interno della retribuzione. È stata inoltre aperta la piattaforma welfare TreCuori, dove verrà caricato un importo variabile sulla base del raggiungimento di determinati obiettivi di bilancio.

La scelta di TreCuori non è casuale: la piattaforma, sviluppata da un gruppo di giovani di Conegliano Veneto, è nota tra le realtà di servizi welfare per favorire la spesa dei benefit aziendali presso esercizi commerciali fisici del proprio territorio, favorendo così l’economia di prossimità con importanti ricadute positive per il bellunese.

«L’impegno per la valorizzazione delle risorse umane – commenta Boris Battistella, chief financial officer di Procaffè – è un caposaldo della nostra visione e si inserisce in un percorso di modernizzazione intrapreso dal Gruppo per consolidare la sua crescita e traguardare al meglio il futuro».

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Procaffè sceglie TreCuori come piattaforma welfare per i propri collaboratori

In Italia, dove le disuguaglianze economiche e l’accesso ai consumi sostenibili sono temi sempre più urgenti, alcune piccole e medie imprese stanno promuovendo un cambiamento tangibile. Tra queste, Rifò e TreCuori si distinguono per le loro iniziative concrete di sostenibilità e inclusione, dimostrando come welfare aziendale ed economia circolare possano rispondere a sfide sociali e ambientali. Di seguito, un’analisi di come queste due aziende italiane stiano affrontando questioni di accessibilità economica e disparità sociale.

Consumi Sostenibili e Accessibilità Economica

In Italia, il costo medio dei prodotti sostenibili è spesso fuori portata per molte famiglie, con il 52% degli italiani che fatica ad accedere a questi beni. Rifò, marchio di moda circolare con sede nel distretto tessile di Prato, sta cercando di rendere il consumo responsabile più accessibile grazie a un modello di economia circolare. Nel 2023, Rifò ha riciclato 14,1 tonnellate di fibre tessili, risparmiando così oltre 28.000 litri di acqua e riducendo le emissioni di CO₂ di 22.5 tonnellate, pari al consumo annuale di energia di circa 60 abitazioni.

Per favorire la partecipazione dei clienti a un ciclo di consumo sostenibile, Rifò offre un servizio di “take-back” che ha raccolto più di 20.450 capi usati, registrando un aumento del 14% rispetto all’anno precedente. I materiali recuperati sono stati trasformati in nuovi prodotti, con il 78% delle fibre derivanti da rifiuti post-consumo, garantendo una vera economia circolare. Inoltre, il 98% dei fornitori di Rifò si trova entro un raggio di 30 km dalla sede, riducendo le emissioni legate ai trasporti di quasi il 15% rispetto alla media nazionale.

Anche la scelta delle materie prime è orientata verso la sostenibilità e il territorio: oltre il 70% dei materiali impiegati proviene dal distretto di Prato, noto per l’alta qualità dei filati rigenerati. L’approccio di Rifò alla produzione locale non solo abbassa i costi, ma consente di offrire capi sostenibili a prezzi competitivi, ampliando l’accessibilità ai consumi responsabili.

Inclusione Lavorativa e Sostenibilità nelle PMI

Oltre all’accesso ai consumi, anche la qualità dell’occupazione è fondamentale per migliorare il benessere delle famiglie italiane. TreCuori, PMI di Conegliano Veneto attiva nel welfare aziendale, si distingue per il suo impegno concreto verso l’inclusione dei dipendenti e il sostegno alle comunità locali. La copertura sanitaria offerta da TreCuori nel 2023 ha beneficiato il 94% dei dipendenti, mentre il 73% dei lavoratori ha usufruito di programmi di conciliazione vita-lavoro, come orari flessibili e supporto alla famiglia, migliorando la qualità della vita lavorativa.

TreCuori acquista il 63% dei suoi servizi da imprese locali, contribuendo così all’economia del territorio con un impatto diretto stimato di circa 250.000 euro annui. Inoltre, la politica di formazione continua ha portato i dipendenti a completare 800 ore di corsi, con il 45% del personale che ha seguito almeno due programmi di aggiornamento nel corso dell’anno. Queste iniziative non solo migliorano le competenze dei lavoratori, ma favoriscono la stabilità occupazionale e le possibilità di avanzamento.

Per rafforzare il sostegno ai lavoratori, TreCuori destina il 5% del fatturato ad attività di welfare aziendale, una cifra che copre anche i benefit per i familiari dei dipendenti, come il supporto scolastico e l’accesso a servizi sanitari aggiuntivi. Questo investimento, insieme alla promozione di contratti stabili, contribuisce a ridurre le disuguaglianze economiche, garantendo ai dipendenti e alle loro famiglie una maggiore sicurezza economica e una qualità della vita superiore.

Verso una Ripresa Equa e Sostenibile

L’esperienza di Rifò e TreCuori mostra che sostenibilità e inclusione lavorativa possono generare benefici sociali ed economici concreti. Rifò, con il suo impegno nel riciclo dei materiali e nella filiera corta, contribuisce a un modello di moda circolare che valorizza l’economia locale, riduce i rifiuti tessili e abbassa le emissioni di CO₂. TreCuori, invece, investe costantemente nel benessere dei propri dipendenti, offrendo una copertura sanitaria completa e programmi di formazione, e supportando le comunità locali tramite l’acquisto di servizi da fornitori vicini.

Questi modelli rappresentano una risposta alle sfide sociali del nostro tempo, dimostrando che è possibile combinare sostenibilità ambientale e inclusione economica in modo efficace. Le azioni intraprese da Rifò e TreCuori riflettono un approccio sostenibile che non solo tutela l’ambiente, ma crea opportunità di sviluppo per le persone e per i territori, rendendo la sostenibilità accessibile e inclusiva.

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Linkedin: articolo sulla sostenibilità e inclusione lavorativa

Dal 2018 al 2023 le attività di vicinato si sono ridotte dell’8 per cento. Ecco i Comuni più penalizzati. Città impoverite e residenti costretti a spostarsi

 

Il convegno

MIRA –  I negozi di vicinato o i minimercati diminuiscono anno per anno in provincia di Venezia e la popolazione invecchia: dalla Camera di Commercio di Venezia e Rovigo l’invito agli enti locali ad affrontare il problema all’interno del dibattito sulla rigenerazione urbana. Il territorio del Veneziano ha una sua peculiarità, diviso tra problemi di sovraffollamento turistico a Venezia e la desertificazione dei centri urbani limitrofi. Questo quanto emerso durante il convegno intitolato “Rigenerazione urbana: sostenibilità e innovazione” organizzato dalla Camera di Commercio Venezia e Rovigo a villa Widmann a Mira. Un dialogo che ha visto la partecipazione di istituzioni, esperti, amministratori locali, rappresentanti del mondo accademico e associazioni di categoria impegnati ad affrontare assieme le sfide ambientali, economiche e sociali dal cambiamento climatico, alla desertificazione commerciale dei centri urbani fino alla denatalità.

Nel corso dell’incontro aperto da Massimo Zanon, presidente della Camera di Commercio di Venezia Rovigo hanno partecipato tra gli altri Massimo Cavazzana, sindaco di Tribano (Padova) in rappresentanza dell’Anci Veneto, e Massimiliano De Martin, assessore all’Ambiente del Comune di Venezia, ma anche, da remoto, l’ex parlamentare e ambientalista Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola per la tutela della qualità Italiane, la viceministro Vannia Gava da remoto e Alessandro Rinaldi, professionista del Centro Studi delle Camere di Commercio “Guglielmo Tagliacarne”.

Lo studio

Quest’ultimo in particolare ha illustrato alcuni dati relativi ai negozi di vicinato degli ultimi anni ponendo l’accento sul ruolo cruciale delle città nel contrastare la desertificazione commerciale e il degrado urbano.

«Gli esercizi di vicinato nei Comuni della città metropolitana di Venezia tra il 2018 e il 2023 sono diminuiti dell’8,1 per cento – ha spiegato Rinaldi – con variazioni percentuali negative più rilevanti come a Stra, Campagna Lupia, Fossalta di Portogruaro e Salzano. In questi Comuni sono in diminuzione non solo i negozi di vicinato ma anche farmacie e servizi fino a bar e ristoranti.

Nello stesso periodo la popolazione totale è diminuita e contestualmente sono aumentati gli over 65 anni con l’incidenza più alta nei Comuni di Cavarzere e Cona. Centri urbani privi di servizi significa che i cittadini devono prendere l’auto per recarsi altrove, con aumento del traffico e dell’inquinamento. Ecco perché – ha sottolineato lo studioso – parlare di rigenerazione urbana non significa solo parlare di urbanistica ma anche ripensare strutture e servizi per un futuro più sostenibile».

Il futuro

Massimo Cavazzana presidente della Consulta dell’Anci Veneto – Urbanistica, politiche abitative, lavori pubblici e sindaco di Tribano, facendo riferimento alla Legge 50 sulla la riqualificazione urbana e la rinaturalizzazione del territorio ha invitato ad una riflessione sul futuro dei Comuni nei prossimi decenni. «Con il Pnrr stiamo investendo in asili e scuole nonostante i numeri che riguardano il calo demografico, lo spopolamento dei piccoli centri e la perdita dei servizi e la denatalità siano impietosi – ha avvertito Cavazzana. – Asili e scuole che fine faranno? E senza i servizi necessari come faremo a impedire lo spopolamento dei centri urbani? Questi temi devono essere affrontati rapidamente e dobbiamo trovare delle soluzioni altrettanto rapide per far sì che le realtà urbane non si spopolino definitivamente».

Al dibattito successivo, moderato dal giornalista Marco Gisotti sono poi intervenuti gli urbanisti Filippo Magni e Gianfranco Pozzer dell’Università Iuav di Venezia, Alberto Marchiori, rappresentante di Confcommercio a Bruxelles ed il Tenente Colonnello Enrico Risottino comandante gruppo Carabinieri per la Tutela Ambientale e Sicurezza Energetica di Venezia. «Il rapporto tra città e commercio ha caratterizzato secoli di crescita dell’una e dell’altro – ha concluso l’incontro il presidente di Confcommercio Zanon – ma ora il meccanismo è saltato e bisogna pensare a rigenerare la città ma soprattutto i paesetti, le frazioni, le periferie per contrastare la progressiva desertificazione commerciale che risale fino al centro della città impoverendola».

Luisa Giantin

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Rigenerazione urbana: Articolo de "Il Gazzettino"

È questa la missione di TreCuori, società nata nel 2013 e diventata un soggetto di riferimento a livello nazionale

 

Nuovi scenari

VENEZIA – Un modo per salvaguardare l’economia locale e supportare negozi e servizi presenti sul territorio. È questa la missione di TreCuori, società benefit nata nel 2013 nel Trevigiano e diventata oggi un soggetto di riferimento a livello nazionale nel settore del welfare aziendale.

Una delle caratteristiche di questa piattaforma è quella di fornire ai lavoratori l’opportunità di scegliere gli erogatori a cui rivolgersi per ottenere i propri benefit aziendali, ossia quella serie di beni e di servizi che le aziende offrono ai propri dipendenti al di fuori dello stipendio mensile previsto in busta paga. Servizi che riguardano vari ambiti, quali l’assistenza sanitaria, i buoni pasto e acquisto, i buoni per lo sport e per il tempo libero, nonché quelli per la scuola e per il trasporto pubblico, fino all’assistenza per gli anziani, servizio di babysitting e viaggi.

È di 11 milioni di euro il valore delle spese effettuate, attraverso il welfare TreCuori fornito dalle aziende, nella provincia veneziana dal 2013 fino ad oggi; oltre 200 sono invece le aziende che, sempre nel Veneziano, hanno fornito welfare ai propri dipendenti.

Seimila dipendenti

Più di 6mila i lavoratori che hanno beneficiato della proposta territoriale TreCuori, mentre oltre 1000 sono i fornitori dei servizi che, all’interno del territorio, hanno incassato spese welfare senza pagare alcuna commissione. Buoni di particolare interesse per l’efficacia che riversano sul territorio di riferimento, favorendo il coinvolgimento gratuito di piccoli esercenti e di artigiani locali. Gli stessi che, nell’intera provincia veneziana, raggiungono il centinaio di presenze.

Rispetto alle altre opportunità messe a disposizione dei dipendenti aziendali e delle loro famiglie, quelle aderenti a TreCuori non sono sottoposte a vincoli predeterminati o a specifici fornitori. Il che significa che, man mano che i lavoratori segnalano e gli esercenti si accreditano, sul sito online di TreCuori il dipendente ha la possibilità di individuare la lista dei vari negozi di vicinato e servizi messi a sua disposizione. Non solo, il singolo può anche arrivare a chiedere alla propria azienda l’accreditamento di determinate realtà a lui più congeniali.

È chiaro che in questo modo la maggior parte delle spese realizzate con i benefit riesce a circolare all’interno del proprio territorio o del proprio Comune. Questa d’altronde è la mission della piattaforma, che si propone di andare incontro non solo alle esigenze e alle richieste dei dipendenti, ma anche di portare benefici al territorio di riferimento.

E sono tante le aziende che scelgono il welfare territoriale di TreCuori proprio perché ne condividono l’obiettivo finale: contribuire a trattenere le risorse e riattivare l’economia di prossimità, favorendo così la sopravvivenza del commercio locale. In questo modo contrastando il processo di desertificazione al quale sono sottoposti i centri urbani e creando un circolo virtuoso tra le aziende e i fornitori di prossimità.

Negozi e botteghe di quartiere dove, così facendo, andare a fare la spesa diventa per le famiglie molto più conveniente. Qui si può spendere la “dote” messa a disposizione dall’azienda, rimettendo in circolo le risorse proprio dove queste ultime vengono prodotte.

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Benefit aziendali e salvaguardare l'economia locale: la missione di TreCuori, società diventata un soggetto di riferimento a livello nazionale

Milano, 21 set – Utilis Group, società che opera nel settore dei servizi alle aziende e in particolare del welfare aziendale, punta a chiudere il 2024 in crescita e conferma un dividendo in linea con la media degli ultimi due anni.

A spiegarlo, in una intervista a Radiocor, il presidente Riccardo Stefani. “Il 2024 sta confermando il trend di crescita di grande rilievo espresso ormai dal nostro Gruppo da diversi anni su più parametri quali valore del transato welfare, numero di clienti, numero di fornitori. Ad esempio, il volume del transato welfare nei primi 8 mesi del 2024 ha ormai superato il valore dei 12 mesi del 2023, facendoci stimare per il 2024 un incremento superiore al 50%, ha spiegato.

“Nel 2023 l’ebitda è stato in crescita del 76% e il fatturato di gruppo (che comprende anche le partecipate TreCuori e TreAli) è stato superiore ai 6 milioni (+54%). In merito al dividendo che lo scorso anno è stato del 12%, il presidente sostiene che ‘il nostro Gruppo è particolarmente attento a tutti i propri stakeholder. In realtà, la prima preoccupazione è soddisfare le aspettative dei nostri clienti, dei nostri fornitori, poi dei nostri dipendenti ed infine anche dei nostri azionisti. Questa politica è pienamente condivisa a livello di governance perché siamo convinti che sia il modo migliore per garantire la sostenibilità nel medio periodo. Per il 2024 ci aspettiamo che il dividendo sia in linea con la media dei due anni precedenti, anche se in ogni caso sarà l’assemblea dei soci a deciderlo”.

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Utilis Group: conferma crescita per 2024

 

Schinasi Insurance Brokers e ASB Broker hanno sottoscritto una partnership con TreCuori, importante realtà operante nel settore del welfare aziendale. Grazie a questo accordo le due società di brokeraggio ampliano la propria gamma di soluzioni di welfare aziendale, un settore in forte crescita e di fondamentale importanza per le aziende italiane.

In Italia, il welfare aziendale ha registrato una crescita esponenziale negli ultimi anni: secondo recenti studi, oltre il 60% delle aziende italiane ha già implementato programmi di welfare, con un aumento del 15% rispetto all’anno precedente. Questo trend positivo è destinato a crescere ulteriormente, soprattutto grazie all’aumento della consapevolezza dell’importanza del benessere dei dipendenti per il successo aziendale.

Grazie alla partnership con TreCuori, Schinasi Insurance Brokers e ASB Broker sono in grado di proporre un’offerta welfare completa che rappresenta un vantaggio significativo per le aziende e anche per i lavoratori: le prime possono beneficiare non solo di un concreto risparmio fiscale, ma anche di una maggiore fidelizzazione dei dipendenti e di una maggiore efficienza dei processi, avendo un partner unico e affidabile per la gestione complessiva del benessere e della protezione dei propri lavoratori, che a loro volta vedono migliorata la loro qualità della vita con benefit personalizzati che rispondono alle esigenze quotidiane di ognuno, aumentandone il potere d’acquisto.

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Schinasi e ASB Broker, con TreCuori, offrono soluzioni di welfare aziendale in Italia, migliorando il benessere di aziende e lavoratori

Il primo appuntamento è per venerdì 27 settembre 2024 a Villa Zuccareda Binetti

 

MONTEBELLUNA- Il prossimo appuntamento dei “Friday Talks“, iniziativa di aggiornamento promossa da Fondazione Sportsystem, è fissato per venerdì 27 settembre 2024 a Villa Zuccareda Binetti. Dalle 14.30 alle 17.30, si discuterà del tema “SOS Sostenibilità. Filiera sostenibile”, con l’obiettivo di fornire a manager, imprenditori e professionisti dello sportsystem nuovi strumenti per affrontare le sfide della sostenibilità.

Dopo la pausa estiva, gli incontri riprendono con l’intento di supportare le imprese, grandi e piccole, nella gestione delle loro catene del valore in modo sostenibile. Per le aziende più strutturate, sarà fondamentale adottare strategie che integrino la sostenibilità nei processi aziendali, mentre per le piccole realtà si esploreranno soluzioni pratiche per migliorare le performance ambientali, sociali e di governance, cogliendo opportunità di crescita e innovazione.

L’incontro sarà aperto da Debora Reverberi, docente della Scuola Etica di Alta Formazione Leonardo, che analizzerà l’impatto della nuova normativa sulla rendicontazione di sostenibilità introdotta dal D.lgs. 125/2024. Secondo Reverberi, “il recepimento della Direttiva CSRD in Italia estende progressivamente gli obblighi di rendicontazione anche alle PMI quotate, con importanti ricadute sull’intera catena del valore”. Seguiranno gli interventi degli avvocati Alberto Zampieri e Giovanni Tretti dello Studio Legale GTA, che si concentreranno sulla governance come leva per la trasformazione sostenibile. Tra i temi trattati, il Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo (Mod 231) sarà indicato come uno strumento chiave per imprenditori e manager. Luca Tondo, manager di CRIBIS, illustrerà invece la piattaforma SynESGy, pensata per le aziende che desiderano valutare la sostenibilità dei propri fornitori e per quelle che mirano a migliorare le proprie performance in quest’ambito.

Il discorso proseguirà con Erika Francescon di Sustain Me, che introdurrà i principi di economia circolare applicabili ai modelli di business. Maurizio Dallan, di EcoEsedra, si concentrerà su Ecodesign e Valutazione del Ciclo di Vita (LCA), sottolineando l’importanza di ridurre l’impatto ambientale già nella fase di progettazione dei prodotti.

L’evento si concluderà con Giovanni Lucchetta, amministratore di TreCuori SpA SB, che condividerà l’esperienza della sua azienda nel campo del welfare aziendale, evidenziando come questo possa contribuire alla sostenibilità sociale e migliorare l’attrattività per i lavoratori. La partecipazione all’incontro è gratuita previa registrazione. Per info e iscrizioni, www.fondazionesportsystem.com/eventi

 

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Articolo di Oggi Treviso che annuncia l'intervento di TreCuori ai Friday Talks di Fondazione Sportsystem in merito a sostenibilità e welfare aziendale

Crescono i provider che spingono le imprese clienti a utilizzare le risorse del welfare aziendale, tra cui i fringe benefit, nei circuiti territoriali. L’obiettivo è mantenere la ricchezza nei contesti in cui viene creata. Ma diffidenze e resistenze sono difficili da superare, anche e soprattutto tra le PMI.

 

Il welfare aziendale negli ultimi anni ha portato a un aumento dei consumi delle famiglie italiane“Sono stati immessi nel mercato milioni di euro”, riflette Katia Cais, direttrice della divisione welfare di TreCuori.

Ma questi soldi a chi sono andati?” si chiede. Certamente ai dipendenti delle imprese che fanno welfare, che ne hanno goduto per rafforzare la propria capacità di spesa, ma poi a cascata in quali realtà commerciali sono stati spesi? In altre parole, quali organizzazioni oggi sono in grado di sfruttare l’occasione offerta dalle risorse del welfare aziendale e, in particolare, dei fringe benefit?

Queste domande ne implicano un’altra, ancora più ampia e interessante: il welfare aziendale può sostenere anche il commercio locale che, come abbiamo visto, è sempre più in sofferenza? Il quesito suona astratto ma, in realtà, sono diverse le esperienze concrete che si stanno muovendo in questa direzione, convinte che il welfare aziendale possa essere davvero una leva importante per il benessere dei territori.  L’idea è affascinante, ma la sua realizzazione è spesso complessa. Per questo è bene fare un passo alla volta, e partire dai dati.

Fringe benefit e consumi

Il contributo del welfare aziendale nel far crescere i consumi italiani è avvenuto, in particolare, grazie agli aumenti delle soglie di detassazione per i fringe benefit. 

“I fringe benefit sono uno strumento chiave per il benessere economico delle famiglie e per la ripresa dei consumi, per i quali nel 2024, proprio grazie alla leva del welfare privato, si stima una crescita dello 0,8% rispetto al 2023”, si legge in una ricerca di The European House – Ambrosetti commissionata dal provider di welfare aziendale Edenred Italia.

La ricerca mette in evidenza la stretta relazione tra l’andamento dei consumi e il ricorso da parte delle aziende ai fringe benefit, strumento di welfare aziendale messo a disposizione dei lavoratori sotto forma di buoni acquisto, esenti da IRPEF e addizionali comunali e regionali, utilizzabili per diverse tipologie di spesa, come alimentari, carburante, istruzione, genitorialità.

“Il ricorso ai fringe benefit – continua l’analisi di The European House – Ambrosetti – ha preso impulso nel 2020, durante la pandemia, sulla spinta dei provvedimenti che ne hanno progressivamente ampliato la soglia di detassazione”, che nel giro di pochi anni è passata da 258,23 euro a 3.000 euro. Per il 2024la Legge di Bilancio ha stabilito l’aumento della soglia di detassazione per i dipendenti senza figli a carico da 258,23 a 1.000 euro e la corrispondente riduzione per chi ha figli a carico da 3.000 a 2.000 euro rispetto al 2023. È questa scelta che, secondo la ricerca voluta da Edenred, dovrebbe portare a una crescita dei consumi rispetto all’anno precedente.

Grandi piattaforme e commercio locale

Il punto è come i dipendenti che godono di questa forma di welfare aziendale spendono i loro fringe benefit, che solitamente sono veicolati tramite buoni benzina, card o voucher acquisto da usare presso catene commerciali, negozi e, soprattutto, grandi piattaforme di commercio on line. Proprio per la loro natura, secondo Cais di TreCuori, a beneficiarne sono stati molto più i grandi attori dell’e-commerce come Amazon piuttosto che gli esercenti del commercio locale e questa, a suo giudizio, è un’occasione persa.

TreCuori, infatti, sono anni che si impegna per rendere sempre più territoriale il welfare aziendale e quindi fare in modo che i pacchetti di welfare aziendale, compresi i fringe benefit, vengano spesi il più possibile sui territori nei quali i lavoratori abitano, inserendo all’interno della propria piattaforma di welfare negozi e servizi locali“Che tu sia a Padova, Milano o in un paesino della Sardegna, se vuoi spendere il tuo credito di welfare aziendale dal tuo dentista di fiducia, nella maggior parte dei casi, noi riusciamo a fartelo fare”, racconta Cais, spiegando come la sua azienda non faccia pagare nessun costo alle imprese locali che mette in piattaforma (come il dentista del suo esempio) e quindi favorisca l’economia locale“Siamo stati anche disposti a perdere un’azienda perché, come TreCuori, non attiviamo buoni Amazon, ma la maggior parte delle imprese capisce ed è in linea con questa filosofia”, aggiunge.

La sinergia tra welfare aziendale, commercio locale e PMI nonché cittadinanza e pubbliche amministrazioni sta alla base del  welfare territoriale. Questo di fatto  significa voler bene al proprio territorio e, di conseguenza,  migliorare  la qualità del posto in cui vivi”, riassume Gabriele Brunello, consulente del lavoro ed esperto di welfare aziendale, che da anni collabora con TreCuori e ne è anche diventato socio. TreCuori non è certo l’unico provider di welfare aziendale che mostra questa attenzione ai territori. Ci sono altri attori del settore che seguono questo approccio, ma ci sono anche esperienze che provano ad andare oltre.

Diverse iniziative con un certo grado di innovazione erano in fase di ideazione già prima della pandemia e poi, con il ricorso obbligato al digitale, hanno subito un’accelerazione e sono diventate operative negli ultimi due o tre anni. È il caso, per esempio, di OlliPay e delle piattaforme di e-commerce locali lanciate da Mediatip.

Territori a portata di click

Ollipay è stata lanciata nel 2022 da un altro provider di welfare aziendale, Well-Work, ed è un’applicazione che consente di spendere la quota annuale di fringe benefit presso attività e servizi di prossimità valorizzando così i circuiti commerciali locali piuttosto che le sole catene della grande distribuzione o piattaforme di e-commerce come Amazon o eBay.

Come ci aveva spiegato Marco Milanesio, CEO e fondatore di Well-Work, uno degli obiettivi di OlliPay è “favorire i piccoli esercizi commerciali e artigianali del territorio, tradizionalmente esclusi dal mondo dei fornitori che beneficiano, direttamente o indirettamente, delle ricadute del welfare aziendale”. L’idea di realizzare un’app di questo tipo risale a prima della pandemia da Covid 19, ma si è concretizzata solo nell’immediato post pandemia.

Fa ragionamenti simili anche Luigi Angelini, fondatore e CEO di Mediatip, che si occupa di welfare aziendale col marchio Welfare Group, e negli ultimi anni ha lanciato diverse piattaforme di commercio locale in Emilia-Romagna: Io Sono CesenaaFaenzaxRimini e InRavenna. A suo parere, il welfare aziendale può essere il carburante giusto per far partire questo tipo di strumenti che poi, una volta avviati, possono raggiungere un’utenza più ampia dei soli dipendenti delle imprese che prevedono pacchetti welfare. Per iniziare, però, sono un’ottima base e, infatti, spiega, “Welfare Group, in totale trasparenza, propone alle aziende sue clienti di dare ai loro dipendenti la possibilità di spendere il loro credito welfare anche sulle nostre piattaforme come Io Sono Cesenaproprio per sostenere il commercio di prossimità”.

Le esperienze di questo tipo si stanno moltiplicando, con attori e dimensioni di volta in volta differenti. Un altro provider ad essersi mosso, per esempio, è Tantosvago, che ha lanciato GOWelfare. Sul suo sito, GOWelfare viene presentata come un’app su cui sono registrati circa 100.000 dipendenti con credito welfare e circa 35.000 esercizi commerciali locali, gli ultimi dei quali sono quelli di Monza, dove l’iniziativa è arrivata lo scorso maggio.

Anche le Banche di Credito Cooperativo hanno creato una loro piattaforma e, nel 2023, hanno lanciato Crea welfare, per sviluppare “un modello alternativo di welfare, aziendale prima e territoriale poi”“La mission è semplice, ma ambiziosa”, ha spiegato il presidente di Crea Welfare, Nicola Piccinelli in un comunicato stampa: “valorizzare il patrimonio di relazioni delle BCC per mettere in connessione aziende ed esercenti del territorio, facendoli interagire mediante una piattaforma digitale proprietaria semplice, flessibile, personalizzabile e in grado di veicolare un’offerta di “welfare a km 0” a beneficio dei dipendenti e delle loro famiglie”.

MarketPass e il Welfare Indiretto

La stessa TreCuori ha fortemente investito in questo ambito. Da tempo, infatti, come abbiamo già avuto modo di raccontare, sta lavorando a una piattaforma di e-commerce nazionale riservata alle sole PMI: Marketpass.

La piattaforma è pensata per essere autonoma, rispetto alle attività di TreCuori nell’ambito del welfare, ma è chiaro che esistono delle connessioni. Da un lato, TreCuori, vuole anch’essa consentire ai dipendenti delle aziende sue clienti di far spendere i fringe benefit direttamente su Marketpass: “è una possibilità in cantiere, ci stiamo lavorando anche a livello tecnologico”, dice Cais. Dall’altro, si è inventata una nuova forma di welfare, denominata Welfare Indirettoper far conoscere l’iniziativa al maggior numero di aziende e persone possibili.

In pratica, TreCuori per incentivare l’uso della piattaforma mette gratuitamente a disposizione dei dipendenti delle sue aziende clienti dei buoni spesa che vanno a ridurre l’esborso monetario di chi compra su MarketPass (con effetto di veri e propri sconti). Questo, dunque, offre un sostegno aggiuntivo a chi già fruisce dei piani di welfare della propria azienda. Inoltre il provider offre alle aziende la possibilità di misurare l’impatto che le persone coinvolte nel Welfare Indiretto hanno sul commercio locale, misurando gli acquisti che effettuano presso le PMI del territorio tramite Marketpass. Ne scaturisce una rendicontazione che le imprese possono inserire nei propri report di sostenibilità migliorandone di conseguenza il relativo rating ESG.

“Il nostro spirito – riprende la direttrice welfare Cais – è spingere le aziende a creare una cultura del consumo sostenibile. Innescare il circolo virtuoso immaginato con Marketpass, però, non è facile. Brunello pensa che la piattaforma di TreCuori sia un sistema d’avanguardia ma che sia “inizialmente complesso da capire” e che quindi “sia necessaria una forte azione comunicativa per superare un primo approccio a volte di sospetto”. MarketPass è molto attenta a tutelare gli interessi di commercianti e PMI, fornendo servizi e limitando il più possibile i costi, eppure, Cais dice di trovare spesso “poca consapevolezza [della situazione] e una certa “resistenza [alle novità] negli esercenti cui presenta l’iniziativa.

Forte diffidenza e scarso entusiasmo possono avere tante ragioni diverse, ma tra queste vi potrebbero essere anche precedenti esperienze negative in settori simili. Pensiamo ai provider di welfare aziendale che chiedono commissioni elevate per essere presenti sulle loro piattaforme, oppure agli scioperi di bar e ristoranti contro i costi eccessivi legati ai buoni pasto. Quale che siano le motivazioni, innovare di certo non è facile. Quando Brunello propone Marketpass nei territori in cui lavora, sia agli esercenti per un’adesione diretta, sia alle amministrazioni locali perché sostengano l’iniziativa, confida di fare fatica: “dobbiamo abbattere un muro”, dice. Anche Cais riconosce che “cambiare le abitudini non è facile”, ma col welfare aziendale è successo e alcune dinamiche “ora sono state scardinate”. Ci vuole tempo, e ottimismo.

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In Veneto benefit per 15 milioni di euro nell’ambito dell’istruzione familiare. L’esperienza di TreCuori: «Salvaguardiamo le cartolibrerie tradizionali».

 

Sta salendo esponen­zialmente il numero di famiglie che pas­sano attraverso la piattaforma TreCuori per acquistare i libri scolastici per i figli e, in ge­nerale, per spese di istruzione a beneficio dei propri fa­miliari. Il meccanismo è quello del welfare aziendale: in pratica, le imprese che aderiscono possono elargire premi di risultato e altre forme di bene­fit che si aggiungono a quan­to previsto dai contratti na­zionali sotto forma di “wel­fare aziendale”, soldi che in busta paga verrebbero tassati e che invece, in questa moda­lità, restano integralmente a disposizione del destinata­rio. La legge attuale che regola il welfare aziendale è del 2016 ma le potenzialità che offre vengono sfruttate in maniera significativa da pochi anni e le spese per i libri scolastici si sono fortemente concentrate negli ultimi due o tre anni.

«Questo è un momento di crescita talmente rapido che non sappiamo stimare l’in­cremento al termine del 2024. Potrebbe esserci un au­mento anche del 50%», sotto­linea Alberto Fraticelli, co­fondatore e direttore di TreCuori. I numeri totali, da quando esiste questa opportunità, per il Veneto parlano di una spesa complessiva per l’istruzione familiare di 15 milioni di euro e di quasi 9 mila dipendenti delle azien­de convenzionate con TreCuori che hanno già sfruttato questo servizio, per una spe­sa media di oltre 1.700 euro. Soldi spesi in oltre 4.300 atti­vità sparse per il territorio.

Concentrando invece l’attenzione sui testi scolastici, la spesa complessiva è di 1.1 milioni di euro in circa 700 aziende, un servizio di cui hanno usufruito, al momento, oltre 2.700 dipendenti delle aziende convenzionate con Tre Cuori.
«I libri scolastici sono comprabili sia da chi ha wel­fare aziendale ma anche da chi non ce l’ha (cioè dal­l’utente che non lavora per un’azienda convenzionata) – spiega Fraticelli – Con la logica di aiutare le librerie in­dipendenti (e sono oltre 400 quelle che hanno già venduto i libri attraverso la nostra piattaforma) abbiamo dato la possibilità di vendere i testi anche ai clienti che fanno acquisti non welfare, per cerca­re di aiutare le piccole e me­die imprese a competere con i colossi dell’online. In prati­ca, si possono comprare i li­bri per i figli in una piccola li­breria di provincia e ricevere i libri a casa oppure andarli a ritirare in negozio. Così le piccole librerie rimangono aperte e non vendono solo a chi si presenta fisicamente ma anche a chi è abituato ad acquistare online». Infatti, il 40% dei libri sco­lastici, attraverso TreCuori, vengono acquistati in super­mercati e piattaforme online. Il restante, 60% in cartolerie, tabaccherie, librerie e com­mercio al dettaglio in gene­rale.

«TreCuori è una società benefit, come tutte le società deve perseguire il profitto ma aggiungiamo nello statu­to scopi di natura sociale e il nostro è quello di difendere, sostenere e sviluppare la pro­sperità dei territori. Per noi fare questo è favorire il com­mercio locale. Credo sia un messaggio molto forte anche di speranza – rimarca Frati­celli -, siamo l’unica piatta­forma di welfare che, pur dando oltre 200 buoni spesa ai propri lavoratori, non dà il buono Amazon, che è facile da gestire ma se lo facessimo faremmo uscire risorse dai territori».

Incassano attraverso TreCuori in Veneto per l’istruzio­ne i fornitori dei servizi di istruzione, scuole, asili, uni­versità ma soprattutto le li­brerie scolastiche. «Il dato più interessante è che ci sono due macro cana­li, quello dell’online e dei supermercati e quello delle car­tolerie e delle librerie: noi mettiamo in atto dei sistemi che cercano di favorire le piccole librerie – sostiene Fra­ticelli-. Ascoltando le fami­glie e gli esercenti delle libre­rie di quartiere è facile ren­dersi conto che negli ultimi anni c’è stato un aumento straordinario dei canali onli­ne e dei supermercati e una fortissima contrazione delle librerie locali. È un grandis­simo problema, perché i ne­gozi di prossimità svolgono una funzione sociale di presidio del territorio, di vici­nanza alle persone. Una car­tolibreria non vende solo libri scolastici ma è anche un punto di rifermento per gli anziani che non hanno dimestichezza con gli acquisti online e hanno difficoltà a raggiungere i centri com­merciali. La vera sfida è quel­la di cercare di mettere in at­to gli strumenti che possano riequilibrare un po’ questo squilibrio».

TreCuori ha sede a Cone­gliano e la provincia di Trevi­so è anche quella dove il ser­vizio ha attecchito di più, con 225 mila euro spesi per il li­bri scolastici su un totale di 776 mila. Ultima Rovigo con 10.500 euro. Sul podio con Treviso: Padova (185 mila eu­ro) e Vicenza (177 mila euro).

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Oltre 15 milioni di euro le spese welfare relative all'istruzione fruite da migliaia di lavoratori tramite la piattaforma welfare TreCuori.