COME RENDICONTARE LA SOSTENIBILITÀ: TRECUORI AL FARETE DI BOLOGNA CON UN WORKSHOP DEDICATO.

 

Il welfare aziendale è indubbiamente una delle azioni con un impatto sulla sostenibilità aziendale più significativo, sia in ambito Social che Governance.

Il problema è come raccogliere i dati e rendicontarli, soprattutto per le PMI.

Gli aspetti connessi alla sostenibilità stanno diventando sempre più cruciali per le imprese: le spinte alla base di questo fenomeno posso avere origini diverse – normative, commerciali, finanziarie o valoriali – ma in ogni caso sono rilevanti a prescindere dalla loro dimensione e dal loro ambito di attività.

L’obiettivo del workshop che ha avuto luogo il 04/09/2024 durante  l’11^ Edizione del FARETE, l’evento organizzato da Confindustria Emilia in cui TreCuori è stata invitata a partecipare in qualità di relatore, è stato analizzare il problema e presentare soluzioni concrete e strumenti accessibili e funzionali allo scopo.

La dott.ssa Erin Suzuki, responsabile Sostenibilità e certificazioni in TreCuori ha moderato l’incontro nel quale sono intervenuti Giovanni Lucchetta (Amministratore Unico di TreCuori Spa Società Benefit) e Gabriele Brunello (Consulente del Lavoro ed esperto SRG 88088 – social responsability and governance).

Durante il workshop, oltre ad una panoramica sullo scenario di mercato si è approfondita la spinta verso la sostenibilità che le imprese stanno intraprendendo (obblighi normativi, obblighi ed opportunità commerciali, aspetti finanziari, convinzioni personali e valori aziendali, ecc.).

Cruciale è stato il momento di analisi in merito alle difficoltà – condivise anche tra il pubblico presente, riguardo la raccolta sistematica e la gestione dei dati relativi alla sostenibilità, a cui ha fatto seguito la presentazione in anteprima da parte di TreCuori di uno strumento di contabilità pensato per le imprese e finalizzato alla sostenibilità e alla sua rendicontazione, che fa leva sui dati relativi ed estrapolabili dal piano di welfare aziendale attivato con TreCuori da parte delle aziende.

Un servizio innovativo, che risponde ad esigenze sempre più attuali da parte delle aziende che sono chiamate ad intraprendere azioni e pratiche sempre più rilevanti in tema di sostenibilità.

Giovanni Lucchetta 

Amministratore TreCuori Spa Società Benefit

Gabriele Brunello 

Consulente del Lavoro

Flavio Di Stasio 

Welfare Specialist TreCuori Spa Società Benefit

Video integrale del workshop: “Welfare Aziendale e Sostenibilità”

FARETE, Bologna (BO)

Vuoi saperne di più sul nuovo strumento di raccolta dati afferenti alla sostenibilità ideato da TreCuori e sui vantaggi concreti che può apportare alla tua azienda?

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  • tel: 0438-095460
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Crescono i provider che spingono le imprese clienti a utilizzare le risorse del welfare aziendale, tra cui i fringe benefit, nei circuiti territoriali. L’obiettivo è mantenere la ricchezza nei contesti in cui viene creata. Ma diffidenze e resistenze sono difficili da superare, anche e soprattutto tra le PMI.

 

Il welfare aziendale negli ultimi anni ha portato a un aumento dei consumi delle famiglie italiane“Sono stati immessi nel mercato milioni di euro”, riflette Katia Cais, direttrice della divisione welfare di TreCuori.

Ma questi soldi a chi sono andati?” si chiede. Certamente ai dipendenti delle imprese che fanno welfare, che ne hanno goduto per rafforzare la propria capacità di spesa, ma poi a cascata in quali realtà commerciali sono stati spesi? In altre parole, quali organizzazioni oggi sono in grado di sfruttare l’occasione offerta dalle risorse del welfare aziendale e, in particolare, dei fringe benefit?

Queste domande ne implicano un’altra, ancora più ampia e interessante: il welfare aziendale può sostenere anche il commercio locale che, come abbiamo visto, è sempre più in sofferenza? Il quesito suona astratto ma, in realtà, sono diverse le esperienze concrete che si stanno muovendo in questa direzione, convinte che il welfare aziendale possa essere davvero una leva importante per il benessere dei territori.  L’idea è affascinante, ma la sua realizzazione è spesso complessa. Per questo è bene fare un passo alla volta, e partire dai dati.

Fringe benefit e consumi

Il contributo del welfare aziendale nel far crescere i consumi italiani è avvenuto, in particolare, grazie agli aumenti delle soglie di detassazione per i fringe benefit. 

“I fringe benefit sono uno strumento chiave per il benessere economico delle famiglie e per la ripresa dei consumi, per i quali nel 2024, proprio grazie alla leva del welfare privato, si stima una crescita dello 0,8% rispetto al 2023”, si legge in una ricerca di The European House – Ambrosetti commissionata dal provider di welfare aziendale Edenred Italia.

La ricerca mette in evidenza la stretta relazione tra l’andamento dei consumi e il ricorso da parte delle aziende ai fringe benefit, strumento di welfare aziendale messo a disposizione dei lavoratori sotto forma di buoni acquisto, esenti da IRPEF e addizionali comunali e regionali, utilizzabili per diverse tipologie di spesa, come alimentari, carburante, istruzione, genitorialità.

“Il ricorso ai fringe benefit – continua l’analisi di The European House – Ambrosetti – ha preso impulso nel 2020, durante la pandemia, sulla spinta dei provvedimenti che ne hanno progressivamente ampliato la soglia di detassazione”, che nel giro di pochi anni è passata da 258,23 euro a 3.000 euro. Per il 2024la Legge di Bilancio ha stabilito l’aumento della soglia di detassazione per i dipendenti senza figli a carico da 258,23 a 1.000 euro e la corrispondente riduzione per chi ha figli a carico da 3.000 a 2.000 euro rispetto al 2023. È questa scelta che, secondo la ricerca voluta da Edenred, dovrebbe portare a una crescita dei consumi rispetto all’anno precedente.

Grandi piattaforme e commercio locale

Il punto è come i dipendenti che godono di questa forma di welfare aziendale spendono i loro fringe benefit, che solitamente sono veicolati tramite buoni benzina, card o voucher acquisto da usare presso catene commerciali, negozi e, soprattutto, grandi piattaforme di commercio on line. Proprio per la loro natura, secondo Cais di TreCuori, a beneficiarne sono stati molto più i grandi attori dell’e-commerce come Amazon piuttosto che gli esercenti del commercio locale e questa, a suo giudizio, è un’occasione persa.

TreCuori, infatti, sono anni che si impegna per rendere sempre più territoriale il welfare aziendale e quindi fare in modo che i pacchetti di welfare aziendale, compresi i fringe benefit, vengano spesi il più possibile sui territori nei quali i lavoratori abitano, inserendo all’interno della propria piattaforma di welfare negozi e servizi locali“Che tu sia a Padova, Milano o in un paesino della Sardegna, se vuoi spendere il tuo credito di welfare aziendale dal tuo dentista di fiducia, nella maggior parte dei casi, noi riusciamo a fartelo fare”, racconta Cais, spiegando come la sua azienda non faccia pagare nessun costo alle imprese locali che mette in piattaforma (come il dentista del suo esempio) e quindi favorisca l’economia locale“Siamo stati anche disposti a perdere un’azienda perché, come TreCuori, non attiviamo buoni Amazon, ma la maggior parte delle imprese capisce ed è in linea con questa filosofia”, aggiunge.

La sinergia tra welfare aziendale, commercio locale e PMI nonché cittadinanza e pubbliche amministrazioni sta alla base del  welfare territoriale. Questo di fatto  significa voler bene al proprio territorio e, di conseguenza,  migliorare  la qualità del posto in cui vivi”, riassume Gabriele Brunello, consulente del lavoro ed esperto di welfare aziendale, che da anni collabora con TreCuori e ne è anche diventato socio. TreCuori non è certo l’unico provider di welfare aziendale che mostra questa attenzione ai territori. Ci sono altri attori del settore che seguono questo approccio, ma ci sono anche esperienze che provano ad andare oltre.

Diverse iniziative con un certo grado di innovazione erano in fase di ideazione già prima della pandemia e poi, con il ricorso obbligato al digitale, hanno subito un’accelerazione e sono diventate operative negli ultimi due o tre anni. È il caso, per esempio, di OlliPay e delle piattaforme di e-commerce locali lanciate da Mediatip.

Territori a portata di click

Ollipay è stata lanciata nel 2022 da un altro provider di welfare aziendale, Well-Work, ed è un’applicazione che consente di spendere la quota annuale di fringe benefit presso attività e servizi di prossimità valorizzando così i circuiti commerciali locali piuttosto che le sole catene della grande distribuzione o piattaforme di e-commerce come Amazon o eBay.

Come ci aveva spiegato Marco Milanesio, CEO e fondatore di Well-Work, uno degli obiettivi di OlliPay è “favorire i piccoli esercizi commerciali e artigianali del territorio, tradizionalmente esclusi dal mondo dei fornitori che beneficiano, direttamente o indirettamente, delle ricadute del welfare aziendale”. L’idea di realizzare un’app di questo tipo risale a prima della pandemia da Covid 19, ma si è concretizzata solo nell’immediato post pandemia.

Fa ragionamenti simili anche Luigi Angelini, fondatore e CEO di Mediatip, che si occupa di welfare aziendale col marchio Welfare Group, e negli ultimi anni ha lanciato diverse piattaforme di commercio locale in Emilia-Romagna: Io Sono CesenaaFaenzaxRimini e InRavenna. A suo parere, il welfare aziendale può essere il carburante giusto per far partire questo tipo di strumenti che poi, una volta avviati, possono raggiungere un’utenza più ampia dei soli dipendenti delle imprese che prevedono pacchetti welfare. Per iniziare, però, sono un’ottima base e, infatti, spiega, “Welfare Group, in totale trasparenza, propone alle aziende sue clienti di dare ai loro dipendenti la possibilità di spendere il loro credito welfare anche sulle nostre piattaforme come Io Sono Cesenaproprio per sostenere il commercio di prossimità”.

Le esperienze di questo tipo si stanno moltiplicando, con attori e dimensioni di volta in volta differenti. Un altro provider ad essersi mosso, per esempio, è Tantosvago, che ha lanciato GOWelfare. Sul suo sito, GOWelfare viene presentata come un’app su cui sono registrati circa 100.000 dipendenti con credito welfare e circa 35.000 esercizi commerciali locali, gli ultimi dei quali sono quelli di Monza, dove l’iniziativa è arrivata lo scorso maggio.

Anche le Banche di Credito Cooperativo hanno creato una loro piattaforma e, nel 2023, hanno lanciato Crea welfare, per sviluppare “un modello alternativo di welfare, aziendale prima e territoriale poi”“La mission è semplice, ma ambiziosa”, ha spiegato il presidente di Crea Welfare, Nicola Piccinelli in un comunicato stampa: “valorizzare il patrimonio di relazioni delle BCC per mettere in connessione aziende ed esercenti del territorio, facendoli interagire mediante una piattaforma digitale proprietaria semplice, flessibile, personalizzabile e in grado di veicolare un’offerta di “welfare a km 0” a beneficio dei dipendenti e delle loro famiglie”.

MarketPass e il Welfare Indiretto

La stessa TreCuori ha fortemente investito in questo ambito. Da tempo, infatti, come abbiamo già avuto modo di raccontare, sta lavorando a una piattaforma di e-commerce nazionale riservata alle sole PMI: Marketpass.

La piattaforma è pensata per essere autonoma, rispetto alle attività di TreCuori nell’ambito del welfare, ma è chiaro che esistono delle connessioni. Da un lato, TreCuori, vuole anch’essa consentire ai dipendenti delle aziende sue clienti di far spendere i fringe benefit direttamente su Marketpass: “è una possibilità in cantiere, ci stiamo lavorando anche a livello tecnologico”, dice Cais. Dall’altro, si è inventata una nuova forma di welfare, denominata Welfare Indirettoper far conoscere l’iniziativa al maggior numero di aziende e persone possibili.

In pratica, TreCuori per incentivare l’uso della piattaforma mette gratuitamente a disposizione dei dipendenti delle sue aziende clienti dei buoni spesa che vanno a ridurre l’esborso monetario di chi compra su MarketPass (con effetto di veri e propri sconti). Questo, dunque, offre un sostegno aggiuntivo a chi già fruisce dei piani di welfare della propria azienda. Inoltre il provider offre alle aziende la possibilità di misurare l’impatto che le persone coinvolte nel Welfare Indiretto hanno sul commercio locale, misurando gli acquisti che effettuano presso le PMI del territorio tramite Marketpass. Ne scaturisce una rendicontazione che le imprese possono inserire nei propri report di sostenibilità migliorandone di conseguenza il relativo rating ESG.

“Il nostro spirito – riprende la direttrice welfare Cais – è spingere le aziende a creare una cultura del consumo sostenibile. Innescare il circolo virtuoso immaginato con Marketpass, però, non è facile. Brunello pensa che la piattaforma di TreCuori sia un sistema d’avanguardia ma che sia “inizialmente complesso da capire” e che quindi “sia necessaria una forte azione comunicativa per superare un primo approccio a volte di sospetto”. MarketPass è molto attenta a tutelare gli interessi di commercianti e PMI, fornendo servizi e limitando il più possibile i costi, eppure, Cais dice di trovare spesso “poca consapevolezza [della situazione] e una certa “resistenza [alle novità] negli esercenti cui presenta l’iniziativa.

Forte diffidenza e scarso entusiasmo possono avere tante ragioni diverse, ma tra queste vi potrebbero essere anche precedenti esperienze negative in settori simili. Pensiamo ai provider di welfare aziendale che chiedono commissioni elevate per essere presenti sulle loro piattaforme, oppure agli scioperi di bar e ristoranti contro i costi eccessivi legati ai buoni pasto. Quale che siano le motivazioni, innovare di certo non è facile. Quando Brunello propone Marketpass nei territori in cui lavora, sia agli esercenti per un’adesione diretta, sia alle amministrazioni locali perché sostengano l’iniziativa, confida di fare fatica: “dobbiamo abbattere un muro”, dice. Anche Cais riconosce che “cambiare le abitudini non è facile”, ma col welfare aziendale è successo e alcune dinamiche “ora sono state scardinate”. Ci vuole tempo, e ottimismo.

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In Veneto benefit per 15 milioni di euro nell’ambito dell’istruzione familiare. L’esperienza di TreCuori: «Salvaguardiamo le cartolibrerie tradizionali».

 

Sta salendo esponen­zialmente il numero di famiglie che pas­sano attraverso la piattaforma TreCuori per acquistare i libri scolastici per i figli e, in ge­nerale, per spese di istruzione a beneficio dei propri fa­miliari. Il meccanismo è quello del welfare aziendale: in pratica, le imprese che aderiscono possono elargire premi di risultato e altre forme di bene­fit che si aggiungono a quan­to previsto dai contratti na­zionali sotto forma di “wel­fare aziendale”, soldi che in busta paga verrebbero tassati e che invece, in questa moda­lità, restano integralmente a disposizione del destinata­rio. La legge attuale che regola il welfare aziendale è del 2016 ma le potenzialità che offre vengono sfruttate in maniera significativa da pochi anni e le spese per i libri scolastici si sono fortemente concentrate negli ultimi due o tre anni.

«Questo è un momento di crescita talmente rapido che non sappiamo stimare l’in­cremento al termine del 2024. Potrebbe esserci un au­mento anche del 50%», sotto­linea Alberto Fraticelli, co­fondatore e direttore di TreCuori. I numeri totali, da quando esiste questa opportunità, per il Veneto parlano di una spesa complessiva per l’istruzione familiare di 15 milioni di euro e di quasi 9 mila dipendenti delle azien­de convenzionate con TreCuori che hanno già sfruttato questo servizio, per una spe­sa media di oltre 1.700 euro. Soldi spesi in oltre 4.300 atti­vità sparse per il territorio.

Concentrando invece l’attenzione sui testi scolastici, la spesa complessiva è di 1.1 milioni di euro in circa 700 aziende, un servizio di cui hanno usufruito, al momento, oltre 2.700 dipendenti delle aziende convenzionate con Tre Cuori.
«I libri scolastici sono comprabili sia da chi ha wel­fare aziendale ma anche da chi non ce l’ha (cioè dal­l’utente che non lavora per un’azienda convenzionata) – spiega Fraticelli – Con la logica di aiutare le librerie in­dipendenti (e sono oltre 400 quelle che hanno già venduto i libri attraverso la nostra piattaforma) abbiamo dato la possibilità di vendere i testi anche ai clienti che fanno acquisti non welfare, per cerca­re di aiutare le piccole e me­die imprese a competere con i colossi dell’online. In prati­ca, si possono comprare i li­bri per i figli in una piccola li­breria di provincia e ricevere i libri a casa oppure andarli a ritirare in negozio. Così le piccole librerie rimangono aperte e non vendono solo a chi si presenta fisicamente ma anche a chi è abituato ad acquistare online». Infatti, il 40% dei libri sco­lastici, attraverso TreCuori, vengono acquistati in super­mercati e piattaforme online. Il restante, 60% in cartolerie, tabaccherie, librerie e com­mercio al dettaglio in gene­rale.

«TreCuori è una società benefit, come tutte le società deve perseguire il profitto ma aggiungiamo nello statu­to scopi di natura sociale e il nostro è quello di difendere, sostenere e sviluppare la pro­sperità dei territori. Per noi fare questo è favorire il com­mercio locale. Credo sia un messaggio molto forte anche di speranza – rimarca Frati­celli -, siamo l’unica piatta­forma di welfare che, pur dando oltre 200 buoni spesa ai propri lavoratori, non dà il buono Amazon, che è facile da gestire ma se lo facessimo faremmo uscire risorse dai territori».

Incassano attraverso TreCuori in Veneto per l’istruzio­ne i fornitori dei servizi di istruzione, scuole, asili, uni­versità ma soprattutto le li­brerie scolastiche. «Il dato più interessante è che ci sono due macro cana­li, quello dell’online e dei supermercati e quello delle car­tolerie e delle librerie: noi mettiamo in atto dei sistemi che cercano di favorire le piccole librerie – sostiene Fra­ticelli-. Ascoltando le fami­glie e gli esercenti delle libre­rie di quartiere è facile ren­dersi conto che negli ultimi anni c’è stato un aumento straordinario dei canali onli­ne e dei supermercati e una fortissima contrazione delle librerie locali. È un grandis­simo problema, perché i ne­gozi di prossimità svolgono una funzione sociale di presidio del territorio, di vici­nanza alle persone. Una car­tolibreria non vende solo libri scolastici ma è anche un punto di rifermento per gli anziani che non hanno dimestichezza con gli acquisti online e hanno difficoltà a raggiungere i centri com­merciali. La vera sfida è quel­la di cercare di mettere in at­to gli strumenti che possano riequilibrare un po’ questo squilibrio».

TreCuori ha sede a Cone­gliano e la provincia di Trevi­so è anche quella dove il ser­vizio ha attecchito di più, con 225 mila euro spesi per il li­bri scolastici su un totale di 776 mila. Ultima Rovigo con 10.500 euro. Sul podio con Treviso: Padova (185 mila eu­ro) e Vicenza (177 mila euro).

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Oltre 15 milioni di euro le spese welfare relative all'istruzione fruite da migliaia di lavoratori tramite la piattaforma welfare TreCuori.

I negozi di prossimità vivono un periodo difficile: in gioco c’è la loro sostenibilità economica, ma anche il loro valore sociale. Per salvarli si stanno moltiplicando le esperienze che puntano sull’online, ma perché funzionino non bisogna abbandonare i legami territoriali ma, anzi, rafforzarli e aprire nuove collaborazioni. Ad esempio con gli enti di Terzo Settore.

 

In Italia, il commercio di prossimità è in difficoltà. È un ritornello che si sente da tempo, in molti luoghi. E che, ora, è confermato anche da dati molto recenti e approfonditi. Tra 2012 e 2023, il commercio in sede fissa nelle città italiane “ha perso in 11 anni oltre 111.000 unità (-20,2%)”. A denunciarlo è la nona edizione della ricerca Demografia d’impresa nelle città italiane, pubblicata lo scorso marzo dall’Ufficio Studi Confcommercio.

“In altre parole – continua la pubblicazione – un’impresa attiva su cinque è scomparsa dal mercato e non è stata sostituita. È l’esito di un processo di trasformazione indotto dal rallentamento della domanda per consumi da parte delle famiglie, da nuovi orientamenti e comportamenti di spesa dei consumatori, dall’introduzione di nuove tecnologie che hanno incrementato gli acquisti online”.

Italiani e italiane, insomma, comprano dove è più conveniente e comodo. È comprensibile. Ma questo pone dei problemi, non solo economici e non solo ai proprietari dei negozi fisici.

Rischio desertificazione

“Non va dimenticato che gli esercizi commerciali svolgono un ruolo vitale nel contesto economico e sociale, scrive ancora Confcommercio, che denuncia “il rischio di desertificazione” cui vanno incontro molte città, soprattutto nei centri storici.

La ricerca ha analizzato questo rischio in 120 grandi Comuni e ne ha identificati alcuni più esposti, quelli con “una forte riduzione dei negozi, compresa tra il 18% e il 30%, e una mancanza di crescita nei servizi turistici”. I primi tre Comuni sono Belluno, Gorizia e Savona, ma in generale Confcommercio ha notato “una certa predominanza nel Nord-est”.

Non stupisce, quindi, che sia proprio in questi territori che siano nate iniziative per rispondere a questo problema. Come il caso di Marketpass, che abbiamo già raccontato e che è stato lanciato dall’impresa TreCuori, con sede in provincia di Treviso. Questa iniziativa non è ovviamente l’unica, ma è una delle tante che puntano sul digitale per ridurre quello che proprio l’amministratore delegato di TreCuori Giovanni Lucchetta definisce “lo squilibrio tra grandi player e commercio locale”.

Del resto, vendere online non è più un’opzione che i piccoli commercianti possono permettersi di ignorare“La crescita della propensione dei consumatori a fare acquisti online ha reso l’adozione dell’omnicanalità essenziale per tutte le imprese, compreso il dettaglio di prossimità”, scrive ancora Confcommercio.

“Questa strategia – spiega la ricerca – non solo consente di rimanere rilevanti e competitivi nel mercato in continua evoluzione, ma offre anche opportunità significative per ampliare la propria capacità distributiva. L’approccio omnicanale implica, infatti, l’integrazione sinergica di tutti i canali di vendita e comunicazione disponibili. Ciò significa che i clienti possono interagire e fare acquisti con l’azienda attraverso una varietà di canali, tra cui negozi fisici, siti web, app mobile, social media e altro ancora”. Facile a dirsi, difficile a farsi.

L’Italia, a livello europeo, è storicamente un Paese con competenze digitali basse e, nonostante i miglioramenti netti degli ultimi anni, c’è ancora molto da fare, soprattutto quando si parla di vendite digitali da parte di piccole e medie imprese.

Fare e-commerce è possibile anche per le PMI

In un articolo dello scorso novembre sul Sole 24 Ore, Claudio Rorato ha sostenuto che le PMI italiane sono digital senza strategy. Rorato è il direttore dell’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI del Politecnico di Milano e, per quanto riguarda e-commerce e PMI, ha tratteggiato “un’immagine bifronte: da una parte il valore delle vendite delle PMI italiane tramite questo canale raggiunge il 14% del loro fatturato complessivo (EU 11%), dall’altra il numero di PMI italiane che vende online è al di sotto della media europea (18% vs 22%)”.

Per i negozi di prossimità, poi, è particolarmente difficile trovare risorse, competenze e fornitori adeguati e, a maggior ragione in assenza di strategie e obiettivi precisi, diventa facile lanciarsi sul digitale senza poi ottenere i benefici sperati. Per questo sono importanti le iniziative che uniscono più commercianti, spesso grazie alla spinta di amministrazioni locali e organizzazioni di categoria.

Io Sono Cesena, per esempio, è un progetto voluto dall’Amministrazione comunale di Cesena e da CIA, Confagricoltura, Confcommercio, Confesercenti, Confartigianato e CNA  con la collaborazione di Mediatip e Pubblisole. L’obiettivo è sostenere commercianti e artigiani locali, affiancando al loro tradizionale sistema di vendita il canale della commercializzazione online.

“Ci abbiamo iniziato a ragionare quattro anni fa. Chiacchieravamo di sistemi complessi e poi è arrivata la pandemia”, ricorda Luigi Angelini, fondatore e CEO di Mediatip. I bisogni digitali, a quel punto, andavano soddisfatti con urgenza e l’impresa di Angelini, con il sostegno del Comune, ha lanciato Io Sono Cesena.

Nella prima fase, quella del periodo Covid, si è trattato di un sito vetrina per i commercianti locali, poi il progetto è stato rilanciato, si è aperto anche al welfare aziendale (tema che affronteremo in un prossimo articolo) ed è diventato possibile fare acquisti online. “I commercianti non pagano nulla per essere presenti su Io Sono Cesena. I costi sono a carico nostro, che prendiamo una percentuale variabile sugli acquisti: dall’1% al 10%, a seconda della categorie merceologiche”, prosegue Angelini.

Nei primi sei mesi scarsi del 2024, su Io Sono Cesena sono stati fatti acquisti per circa 700.000 euro, spalmati su un centinaio di imprese. Per Mediatip il modello funziona e, infatti, l’ha esportato in altre città, con le piattaforme aFaenzaxRimini e InRavenna.

Angelini è ottimista: a suo parere, le pubbliche amministrazioni mostrano una “consapevolezza crescente” per questi temi mentre le associazioni di categoria, dopo un periodo in cui il digitale le aveva colte “un po’ di sorpresa”, ora sonomature per questo genere di progettiAnzi, secondo il CEO di Mediatip, queste ultime potrebbero “spingere ancora di più sulla formazione“È necessaria perché la cultura dei commercianti migliori: percepisco ancora un po’ di impreparazione e molta sfiducia nel digitale dopo esperienze che non hanno funzionato”, conclude Angelini.

Tra borghi e cities

Anche a causa della pandemia, che ha accelerato tutti i processi di digitalizzazione, le iniziative simili a Io Sono Cesena si sono moltiplicate, ad ogni livello, dall’iperlocale al nazionale.

Bagno di Romagna, borgo appenninico di 5.000 abitanti in provincia di Forlì-Cesena, per esempio, già nel 2020 è stata lanciato un circuito commerciale territoriale chiamato La Vantaggiosa. Un’app e una card, unite a un meccanismo di cashback, puntano a “sollecitare gli scambi commerciali a livello comunale quale stimolo diversivo al commercio elettronico o fuori Comune”, si legge sul sito del Comune stesso.

A marzo 2024, invece, Confcommercio ha lanciato il progetto nazionale Cities che, insieme all’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI), propone iniziative politiche, collaborazioni e partenariati pubblico-privato.

Anche alcune Regioni si sono mosse. Nelle Marche, per esempio, nel 2022 è stato aperto un bando per assegnare​​ “Contributi agli interventi volti alla realizzazione di progetti integrati tra i Comuni e le PMI per lo sviluppo dei Centri Commerciali Naturali” con l’obiettivo di rivitalizzare i territori comunali “con interventi che incentivino una presenza commerciale di qualità, capace di attrarre l’interesse turistico e culturale del luogo”.  Tra i progetti sostenuti vi è stato anche quello della cooperativa di comunità Fano al centroche nell’omonima cittadina ha creato un’app e una card simili a quelli di Bagno di Romagna.

Sempre nelle Marche, ma a San Benedetto del Tronto, è nata la piattaforma Praesentia, sostenuta dal Comune e gestita dall’omonima associazione di promozione sociale. La logica è sempre quella di sostenere il commercio locale tramite il cashback, ma in questo caso, spiega il sito dell’amministrazione comunale, “una percentuale di tutte le transazioni effettuate dai cittadini e registrate dall’app verrà devoluta per la realizzazione attività di tipo sociale, come progetti, assistenza alle fragilità o ricerca”.

Il caso di Praesentia è significativo, ma il legame tra commercio di prossimità e Terzo Settore non è un’esclusiva di San Benedetto del Tronto: riguarda anche vari altri territori e diverse realtà. Tra cui proprio Marketpass.

Laboratorio Parma

Come abbiamo già visto, da diversi mesi, TreCuori sta promuovendo sui territori la sua piattaforma di commercio digitale per PMI Marketpass. Lo fa grazie ai rapporti con le imprese cui eroga già servizi di welfare aziendale (la principale attività di TreCuori), ma anche con enti locali, associazioni di categoria e, ora, anche con realtà del Terzo Settore.

È il caso della provincia di Parma, dove TreCuori ha coinvolto anche il Forum Terzo Settore locale“Ci ha fatti incontrare l’Università di Parma (che ha realizzato una ricerca su Marketpass, ndr) e abbiamo sostenuto l’iniziativa perché pensiamo che il commercio di vicinato e le PMI siano importanti per la nostra struttura sociale”, spiega Eugenio Caggiati, ex portavoce del Forum Terzo Settore provinciale di Parma, in carica quando la collaborazione è iniziata.

“Il nostro accordo con TreCuori è informare i nostri appartenenti e diffondere l’iniziativa”, spiega l’attuale portavoce del Forum, Roberto Berselli. Concretamente, si tratta di far conoscere Marketpass a tutte le persone che fanno parte dei 150 enti del Terzo Settore di cui il Forum è composto, per spingerle a spendere online, comprando i prodotti delle PMI presenti sulla piattaforma. In questo modo, spiega il direttore di TreCuori Alberto Fraticelli, “le risorse rimangono sul territorio e migliorano la prosperità e il benessere di quell’area”.

Non solo. A vendere su Marketpass potrebbero essere anche gli stessi enti del Terzo Settore, offrendo servizi sociali o sanitari tramite l’acquisto di buoni o voucher. Si va dai baby sitter agli assistenti familiari, dai entri estivi al sostegno psicologico e, potenzialmente, ai posti in Rsa. “Spazi di interesse ci sono”, commenta Berselli “perché c’è una domanda crescente che non trova risposta nel pubblico che va soddisfatta”.

Questa possibilità rafforzerebbe ulteriormente l’economia del territorio, non coinvolgendo solo il commercio di prossimità e le PMI ma, potenzialmente, aprendo nuove possibilità economiche anche per la cooperazione sociale e le associazioni di promozione sociale. Tecnicamente è possibile, “ma non so se siamo pronti” confida Berselli.

A suo avviso, ci sono due “limiti culturali” da superare. Il primo è passare dall’erogazione di servizi in accreditamento col pubblico a servizi forniti direttamente ai privati. Quest’ultimo, dice, “è solitamente patrimonio di realtà più grandi e strutturate, non delle piccole”. Il secondo limite ha più a che fare con le piattaforme digitali, soprattutto quelle come Marketpass che sono generaliste e al cui interno si può trovare un po’ di tutto. Per Berselli, non è immediato proporre servizi di Terzo Settore insieme a chi vende macchinette del caffè e pacchetti vacanze”.

Gli enti del Terzo Settore, insomma, andranno convinti. TreCuori, che da tempo lavora col non profit per diverse altre sue iniziative, potrebbe essere il partner giusto per farlo. A Parma, e non solo. Per capire se ci riuscirà davvero, però, sembra servire ancora parecchio tempo.

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La vendita di beni e servizi sui territori, ibrido tra online e offline, crea identità e rafforza relazioni secondo un’indagine curata da From a Bari.

 

Tra mare e montagna, tra acqua e neve, tra tavole da windsurf e snowboard. A Bari due fratelli con la passione per gli sport alternativi trasformata in lavoro hanno deciso di unire mondi diversi e di ripensare la relazione con la propria clientela che diventa community. «Abbiamo aperto il negozio quasi vent’anni fa. Il nostro è un commercio di nicchia che però col tempo si estende. Sin dall’inizio abbiamo pensato di accompagnare le persone – e soprattutto i bambini – a praticare i nostri sport, quelli che in gioventù hanno segnato la nostra vita», afferma Fabrizio Iacobazzi, quarantenne barese titolare di Impact Shop col fratello Jean. Siamo a San Girolamo, quartiere che guarda al mare a nord-ovest della città, poco distante dal faro. Negli anni lo spazio è diventato un riferimento per gli sport acquatici e da scivolamento. Qui non si acquista soltanto, ma si vivono esperienze. C’è la rampa da skate interna per training indoor, ci sono i servizi di noleggio e scuola, c’è la riparazione delle vele. Lo spazio si estende per quasi 400 metri quadrati tra magazzino e zona espositiva, ma quello online arriva ovunque nel mondo interconnettendo storie, relazioni, passioni.

 Negozi di prossimità come patrimonio pubblico

«Un terzo del nostro fatturato arriva dalla vendita online. Vendiamo in tutta Europa e poi in Giappone, negli Stati Uniti e in Cina. La semplice passione che ti accomuna davanti a una tavola di windsurf crea relazione. Il paradosso? Vendiamo snowboard a centinaia di chilometri dalla prima montagna», dice Iacobazzi. In realtà una spiegazione c’è e si coglie nella costanza di un contatto che si rafforza nel tempo: i due fratelli per anni tutti i fine settimana hanno organizzato pullman per andare in montagna a praticare gli sport. Così un negozio oggi vive grazie a una serie di servizi che dalla fisicità si spostano alla virtualità. Andata e ritorno nel segno della relazione. Un’idea che anche in America, terra dei non-luoghi, ha permesso alle filiali bancarie di mutare pelle diventando business center: erogano più servizi mettendo al centro il cliente. Benvenuti nell’economia di prossimitàibrido che crea identità e rafforza relazioni. È quanto emerge dalla ricerca che a Bari ha coinvolto negozi e botteghe. «Alla base c’è la visione che i negozi di prossimità e l’impatto economico che generano sono un patrimonio pubblico che migliora la qualità della vita urbana. Non solo rafforzano l’identità e preservano la storia locale, ma rendono anche più accessibili i servizi, arricchiscono lo spazio condiviso e rafforzano il tessuto sociale. Dall’altra parte aumentano l’attrattività verso talenti, investimenti, turisti e nuovi abitanti», afferma Stefano Daelli, co-autore di “Molto più di un negozio”, ricerca curata da From, agenzia che si occupa di rigenerazione territoriale, strategie e politiche urbane.

La dimensione sociale 

L’indagine è stata promossa dal Distretto Urbano del Commercio nel quadro del programma di Bari 2022-24 del Comune di Bari. Intanto in Europa il commercio impiega quasi 30 milioni di persone per 5,5 milioni di aziende che servono ogni giorno 450 milioni di consumatori. «Ci sono tre leve per andare oltre la vendita e diventare protagonisti nel proprio contesto territoriale e sociale: migliorare lo spazio e l’estetica del negozio e delle aree circostanti, innovare l’offerta e fornire consulenze specializzate, animare una comunità basata sul quartiere o su interessi comuni formando alleanze con altre attività o associazioni. I social possono trasformare una piccola bottega in una media company con un pubblico enorme. Non è solo interscambio di beni e servizi, ma fusione di interessi che alimenta il tessuto di città in cui tutti vivono meglio», precisa Daelli.

Un terreno ibrido tra virtualità e fisicità

Si parla di economia, ma in ballo ci sono dimensioni sociali. «In fondo l’economia della prossimità fa riferimento a un tessuto socio-economico che si basa su relazioni di vicinato che ruotano sulla dimensione territoriale», afferma Cecilia Manzo, docente di sociologia dei processi economici e del lavoro all’Università Cattolica del Sacro Cuore. La partita si gioca su un terreno ibrido tra fisicità e virtualità. La rete incrementa la portata valoriale degli spazi e il negozio online diventa grande quanto il mondo intero. «I social rafforzano un legame creato offline nel proprio quartiere. I negozi di vicinato o prossimità si distinguono per essere capaci di offrire, oltre alla transizione economica, una dimensione sociale che si svolge al di fuori della sfera domestica e amicale. L’elemento valoriale è duplice perché il consumatore è anche cittadino. Quindi nel far parte della community esprime anche l’appartenenza al luogo. Le piattaforme intermediano rapporti sociali e attivano processi di astrazione connettendo globale e locale. Nell’economia della prossimità il digitale rafforza la relazione locale, ma può diventare un’occasione per creare nuove relazioni con un vicinato globale», precisa Manzo. Così paradossalmente siamo sempre più connessi, eppure siamo anche più ancorati come calamite agli spazi fisici che ci connettono.

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Il welfare oggi, in una fase in cui sono ancora molteplici i fattori di rischio per la tenuta delle imprese del territorio, è ormai riconosciuto come una reale leva di competitività. Per questo Confartigianato Chieti L’Aquila ha deciso di ampliare la propria gamma di servizi aprendo un ufficio dedicato al Welfare Aziendale, con il supporto di un partner strategico leader del settore: la società benefit TreCuori. È stato infatti siglato l’accordo tra l’associazione e TreCuori, piattaforma che vanta servizi innovativi e “cuciti” sulle esigenze di imprese e lavoratori.

In questo modo, Confartigianato Chieti L’Aquila vuole facilitare le imprese del proprio territorio ed i loro lavoratori nel godere dei benefici offerti dalla legge del welfare aziendale, tra i quali non solo l’ottimizzazione del costo del lavoro (risparmio fiscale), ma anche e soprattutto la fidelizzazione dei propri collaboratori, l’attrazione di nuovi talenti, l’aumento della produttività, la crescita del potere d’acquisto dei dipendenti e il miglioramento del clima aziendale.

Il nuovo ufficio Welfare è operativo nelle sedi di Confartigianato Chieti L’Aquila: un team qualificato è a disposizione delle aziende di qualsiasi dimensione, anche le più piccole – associate e non – che così potranno valutare le migliori strategie e accedere a know-how e a strumenti di welfare su misura rispetto alle esigenze loro, dei loro lavoratori e dei loro territori.

Grazie alla grande flessibilità offerta da TreCuori, che permette di svincolarsi da convenzioni già prestabilite, i lavoratori delle imprese che hanno attivato piani Welfare possono scegliere in totale libertà i propri fornitori di servizi, che sono ben lieti di incassare queste spese perché non comportano loro alcun costo. L’ufficio Welfare di Confartigianato Chieti L’Aquila si aggiunge alle altre sedi locali già avviate da TreCuori insieme a Confartigianato nelle zone di Milano Monza Brianza, Cesena, Ancona ed altre ancora.

“Confartigianato Chieti L’Aquila ha scelto l’approccio al Welfare adottato dalla piattaforma TreCuori, perché ne condivide l’attenzione nei confronti delle piccole e medie imprese e la volontà di favorire la prosperità dei territori – spiega il direttore generale dell’associazione, Daniele Giangiulli – in quanto consente libertà ai lavoratori di spendere localmente e coinvolge i fornitori locali (compresi quelli di fiducia) che non devono pagare commissioni per l’incasso di tali spese. Il welfare aziendale diventa quindi un moltiplicatore positivo in chiave di economia circolare e sostenibilità anche per l’economia dei territori. Nostro compito, attraverso il nuovo Ufficio, è anche quello di essere tempestivi nell’informare sulle importanti novità normative che riguardano il welfare così da permettere alle aziende e ai loro collaboratori di coglierne tutti i possibili vantaggi”.

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CHIETI – Il welfare oggi, in una fase in cui sono ancora molteplici i fattori di rischio per la tenuta delle imprese del territorio, è ormai riconosciuto come una reale leva di competitività. Per questo Confartigianato Chieti L’Aquila ha deciso di ampliare la propria gamma di servizi aprendo un ufficio dedicato al Welfare Aziendale, con il supporto di un partner strategico leader del settore: la società benefit TreCuori. È stato infatti siglato l’accordo tra l’associazione e TreCuori, piattaforma che vanta servizi innovativi e “cuciti” sulle esigenze di imprese e lavoratori.

In questo modo, Confartigianato Chieti L’Aquila vuole facilitare le imprese del proprio territorio ed i loro lavoratori nel godere dei benefici offerti dalla legge del welfare aziendale, tra i quali non solo l’ottimizzazione del costo del lavoro (risparmio fiscale), ma anche e soprattutto la fidelizzazione dei propri collaboratori, l’attrazione di nuovi talenti, l’aumento della produttività, la crescita del potere d’acquisto dei dipendenti e il miglioramento del clima aziendale.

Il nuovo ufficio Welfare è operativo nelle sedi di Confartigianato Chieti L’Aquila: un team qualificato è a disposizione delle aziende di qualsiasi dimensione, anche le più piccole – associate e non – che così potranno valutare le migliori strategie e accedere a know-how e a strumenti di welfare su misura rispetto alle esigenze loro, dei loro lavoratori e dei loro territori.

Grazie alla grande flessibilità offerta da TreCuori, che permette di svincolarsi da convenzioni già prestabilite, i lavoratori delle imprese che hanno attivato piani Welfare possono scegliere in totale libertà i propri fornitori di servizi, che sono ben lieti di incassare queste spese perché non comportano loro alcun costo. L’ufficio Welfare di Confartigianato Chieti L’Aquila si aggiunge alle altre sedi locali già avviate da TreCuori insieme a Confartigianato nelle zone di Milano Monza Brianza, Cesena, Ancona, Ferrara ed altre ancora.

“Confartigianato Chieti L’Aquila ha scelto l’approccio al Welfare adottato dalla piattaforma TreCuori, perché ne condivide l’attenzione nei confronti delle piccole e medie imprese e la volontà di favorire la prosperità dei territori – spiega il direttore generale dell’associazione, Daniele Giangiulli – in quanto consente libertà ai lavoratori di spendere localmente e coinvolge i fornitori locali (compresi quelli di fiducia) che non devono pagare commissioni per l’incasso di tali spese. Il welfare aziendale diventa quindi un moltiplicatore positivo in chiave di economia circolare e sostenibilità anche per l’economia dei territori. Nostro compito, attraverso il nuovo Ufficio, è anche quello di essere tempestivi nell’informare sulle importanti novità normative che riguardano il welfare così da permettere alle aziende e ai loro collaboratori di coglierne tutti i possibili vantaggi”.

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Su oltre 7.000 imprese oggetto dell’indagine, 142 le vincitrici del premio “Welfare Champion”: tra queste anche TreCuori.

 

Roma, 14 giugno 2024 – TreCuori, piattaforma leader nel welfare aziendale, è stata insignita del prestigioso premio Welfare Champion nell’ambito del Welfare Index PMI di Roma, tenutosi il 13 giugno 2024 e promosso da Generali Italia con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e con la partecipazione delle principali Confederazioni italiane quali Confindustria, Confagricoltura, Confartigianato, Confprofessioni e Confcommercio.

Il premio “Welfare Champion” viene assegnato alle aziende che si distinguono per l’eccellenza delle loro politiche di welfare, dimostrando un impegno concreto nel favorire il benessere dei propri dipendenti e nel creare un ambiente di lavoro positivo e stimolante. 

Questo importante riconoscimento premia l’impegno costante di TreCuori nel valorizzare il ruolo strategico del welfare aziendale anche all’interno delle piccole e medie imprese italiane e nel promuovere sempre il benessere dei dipendenti, sia propri che quelli dei propri clienti.

“Siamo molto orgogliosi di questo premio, che rappresenta una conferma tangibile della nostra dedizione al miglioramento della vita lavorativa dei nostri dipendenti e dei dipendenti delle nostre realtà clienti”, ha dichiarato Alberto Fraticelli, Direttore e Co-Founder di TreCuori. “Occupandoci direttamente di welfare aziendale, questo riconoscimento ha per noi un valore ancora più importante, e ci rende orgogliosi che oltre a TreCuori siano state premiate anche una dozzina di nostre società clienti che hanno scelto TreCuori proprio per le peculiarità che ci contraddistinguono e che permettono loro di attivare il welfare nel modo migliore”.

Il Welfare Index PMI è un indice che misura il livello di welfare aziendale nelle piccole e medie imprese in Italia, valutando le loro politiche e iniziative in materia di salute e benessere, conciliazione vita-lavoro, formazione e sviluppo professionale, previdenza e assistenza integrativa. 

“Il premio Welfare Champion – continua Fraticelli – ci spinge a continuare ad innovare e ad ampliare la nostra offerta di soluzioni di welfare, per rispondere al meglio alle esigenze dei collaboratori nostri e dei nostri clienti.”

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Le Pmi fidelizzano i dipendenti con i benefit, ma se al Nord gli italiani si dicono contenti della propria occupazione, le percentuali crollano al Sud

 

Il welfare aziendale è ormai diventato una solida realtà anche in Italia ed è ampiamente utilizzato dalle imprese per fidelizzare i propri dipendenti e per trovare quelle figure che ancora mancano nel loro organico. Ci sono però profonde differenze fra Nord e Sud e fra lavori ben pagati e lavori pagati poco. Il welfare aziendale e, più in generale, un ambiente lavorativo attento alle esigenze dei dipendenti sono infatti elementi che caratterizzano le imprese più avanzate, mentre la strada da fare nel resto del tessuto produttivo italiano è ancora molta. È questo il quadro delineato da numerosi studi, a partire dal recente rapporto Bes (Benessere equo sostenibile) dell’Istat, i cui dati, incrociati con quelli della Cgia di Mestre, lasciano supporre che il divario sia destinato ad aumentare. Le imprese che già implementano soluzioni di welfare aziendale ne hanno capito l’importanza soprattutto in un’ottica di attrazione dei talenti ed è quindi probabile che aumentino i propri sforzi su questo fronte. I datori di lavoro, invece, che puntano tutto sulla compressione del costo del lavoro sono per definizione poco propensi a mettere in campo delle misure in grado di migliorare l’ambiente di lavoro, cosa che li farà inevitabilmente scivolare ulteriormente verso il basso nelle classifiche dedicate alla soddisfazione dei dipendenti.

“Dopo l’avvento della pandemia, anche il nostro mercato del lavoro ha subito trasformazioni importanti – spiegano gli esperti della Cgia di Mestre – In molte aree del Paese, ad esempio, le imprese faticano sempre più a trovare profili con competenze adeguate; pertanto, mai come in questo momento hanno la necessità di fidelizzare i propri collaboratori. Questa operazione sta avvenendo per mezzo di una serie di comportamenti molto virtuosi come, ad esempio, la corresponsione di retribuzioni più elevate, la trasformazione dei contratti a termine a tempo indeterminato, la possibilità di consentire ai dipendenti orari di lavoro più flessibili, attraverso il ricorso a strumentazioni professionali più innovative, favorendo gli avanzamenti di carriera e, infine, con l’implementazione di benefit e di welfare aziendale. Nel Nord questo processo di miglioramento del benessere aziendale, soprattutto nelle Pmi, è ormai in corso da qualche anno”.

In cima alla classifica delle regioni con la più alta qualità del lavoro si trova la Lombardia, seguita dalla Provincia autonoma di Bolzano e dal Veneto. Si comportano però molto bene anche la Provincia autonoma di Trento, il Piemonte e la Valle d’Aosta. Tutto il Settentrione è dunque ben rappresentato. Resta invece indietro il Mezzogiorno, le cui regioni occupano la parte bassa della graduatoria (con l’eccezione della Sardegna). Le situazioni più critiche si trovano in Sicilia, Calabria e Basilicata.

Secondo i dati Istat, guardando al solo fattore “soddisfazione per il proprio lavoro” (la ricerca ne prende in considerazione otto, che vanno dalla retribuzione alla tipologia di contratto), la regione più virtuosa è la Valle d’Aosta con il 61,7% di lavoratori soddisfatti, seguita dalla Provincia autonoma di Trento (61,1%) e quella di Bolzano (60,5%). La maglia nera di questa particolare classifica, che prende in considerazione l’appagamento per il livello di retribuzione ottenuto, le ore lavorate, la stabilità del posto, l’opportunità di carriera e la distanza casa/lavoro, è la Campania (41,2%).

Entrando nel dettaglio del welfare aziendale vero e proprio, ovvero quell’insieme di benefit e servizi che le aziende offrono ai propri dipendenti per migliorare il loro benessere andando oltre la semplice retribuzione economica, il rapporto Welfare Index Pmi promosso da Generali in collaborazione con Confindustria, Confcommercio, Confartigianato, Confprofessioni e Confcommercio, individua dieci aree, alcune più mature e quindi sviluppate e altre meno. L’indagine, che si concentra sul mondo delle piccole e medie imprese, ha rilevato una forte presenza di iniziative nelle aree “previdenza e protezione”, “condizioni lavorative e sicurezza”, “salute e assistenza”, “diretti, diversità e inclusione”, “conciliazione vita-lavoro” e “sviluppo del capitale umano”.

Meno gettonate ma comunque ben presidiate sono invece le aree “responsabilità sociale verso consumatori e fornitori”, “sostegno economico ai lavoratori” e “welfare di comunità”. La decima, “sostegno alle famiglie per educazione e cultura”, risulta essere infine quella meno matura.

“Il welfare aziendale è un nuovo protagonista del sistema di welfare italiano dal 2016, quando la Legge di stabilità e i successivi decreti attuativi diedero un quadro normativo e un forte incoraggiamento fiscale alle iniziative delle imprese volte a promuovere il benessere dei lavoratori e delle loro famiglie – si legge nel rapporto – La rigenerazione del welfare italiano non può essere sostenuta dalla sola iniziativa pubblica, la cui spesa corrente non è in grado di crescere, né dalla spesa individuale delle famiglie, che ha raggiunto livelli difficilmente sostenibili. Il welfare aziendale, se adeguatamente incoraggiato, è in grado di accrescere ulteriormente la propria iniziativa, nell’interesse stesso delle imprese. Queste, inoltre, possono agire come aggregatori di domanda, organizzando un accesso collettivo ai servizi e riducendo in tal modo il costo delle prestazioni”.

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Sempre più spesso il welfare si occupa anche dei camp per i ragazzi: bonus in busta paga per oltre 400 famiglie.

 

Che bello, è finita la scuola! Se siete d’accordo, probabilmente siete ragazzi, non certo genitori che lavorano. Le aziende, oggi, cercano di venire incontro ai propri dipendenti dando loro una mano dal punto di vista economico: si parla di quasi trecentomila euro sul piatto in provincia di Treviso. Perché la gestione delle giornate dei ragazzi dopo la fine della scuola si complica e si fa costosa, molto costosa, se dovete affidarvi a un centro estivo. 

I NUMERI 

I rimborsi per i “campi” frequentati dai figli finiscono sempre più spesso tra i benefit aziendali. Alcuni numeri li fornisce una società trevigiana che proprio di welfare aziendale si occupa, la TreCuori, che nella sola provincia di Treviso ha gestito ad oggi 293 mila euro di rimborsi da parte delle aziende per i centri estivi frequentati dai figli dei dipendenti. Sono 142 le aziende che hanno offerto questa possibilità, sfruttata da 426 lavoratori per un totale di 563 ragazzi beneficiari. “Si tratta di un dato storico cumulato – spiega Alberto Fraticelli, co-fondatore e Direttore di TreCuori – ma il vero boom c’è stato lo scorso anno. Sul totale di 128 milioni di euro di spese welfare che abbiamo erogato a livello nazionale, 34 milioni sono del 2023”.  

Mantenendo la proporzione, insomma, nella Marca il bonus centri estivi è stato di circa 78 mila euro nel solo 2023. “E quest’anno la crescita è ancora fortissima, frutto della conoscenza sempre più diffusa degli strumenti di welfare aziendale”, spiega Fraticelli. Il valore medio di ciascun rimborso per i centri estivi è stato di 688 euro: una spesa di una certa consistenza, di sicuro un aiuto importante.  

CONFINDUSTRIA 

Le aziende si muovono in ordine sparso, con proprie iniziative di welfare. Ma anche l’associazione degli industriali è attiva: è partita da Casier la prima iniziativa territoriale per la conciliazione tra tempi di vita e di lavoro, nata dall’intesa tra il Comune e Confindustria Veneto Est, e che ora punta proprio a favorire la partecipazione dei ragazzi ai centri estivi promossi dalle associazioni locali.

“Questa prima iniziativa si pone l’obbiettivo di rendere maggiormente fruibile la partecipazione ai centri estivi organizzati a Casier da parte dei figli dei collaboratori delle aziende associate presenti in questo territorio – spiegano i promotori – Il Comune di Casier mette a disposizione gratuitamente locali idonei per la realizzazione delle attività estive e collabora con soggetti e associazioni locali per offrire servizi e attività”. “Confindustria Veneto Est ha raccolto molteplici manifestazioni di interesse da parte di aziende di questo territorio per favorire la conciliazione degli orari di lavoro e i compiti di cura dei figli, in particolare nel periodo estivo, durante l’interruzione delle attività scolastiche – dichiara Alberto Zanatta, vicepresidente di Confindustria Veneto Est per Treviso – Ci sono già interessanti esempi di contrattazione di secondo livello che tengono conto di questo aspetto come quello recente in Tognana Porcellane che abbiamo seguito insieme all’azienda e ai sindacati. Con questo protocollo facciamo un passo avanti, coerente con la volontà di Confindustria Veneto Est di collaborare in tutti i territori per renderli sempre più attrattivi innanzitutto per le persone, le famiglie e i giovani. Anche questa è una via per attrarre talenti e garantire la vitalità dei nostri paesi e delle nostre città”.  

GLI ESEMPI  

Che il mondo del welfare aziendale sia in forte espansione è assodato, e sempre più frequenti sono gli esempi che riguardano i benefit per i figli. A partire dai grossi gruppi, come Generali e Essilux, presenti anche nella Marca. La compagnia del leone in giugno e luglio offre ai propri dipendenti la possibilità di effettuare fino a quattro settimane di lavoro consecutive in smart working proprio per permettere la gestione dei figli che nei mesi estivi non vanno a scuola. Previsti anche rimborsi delle spese per vacanze studio e per i campi ricreativi.  Essilux, che a Pederobba ha uno stabilimento da 750 dipendenti, dedica un “Summer camp” a Bibione ai figli dei dipendenti di età compresa tra i 9 e i 17 anni, chiedendo solo un contributo economico proporzionale all’inquadramento retributivo, a partire da un livello simbolico. Tra i benefit anche altre convenzioni per la partecipazione ai centri estivi. 

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